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domenica 19 aprile 2020

L'Europa è in malafede. Ma l'Italia è inguardabile


JOHN THYS VIA GETTY IMAGES
Un misto di tenerezza e voglia di distribuire scapaccioni a destra e a manca.
Questo suscita il livello di gran parte del dibattito italiano in materia di finanziamento dell’uscita della crisi da Covid-19.
Da noi infatti si parla (e si vota, come al Parlamento Europeo) spesso a sproposito, non sapendo come stanno le cose o, peggio, facendo finta di non saperlo.
Proviamo allora a mettere in fila qualche punto, cominciando proprio dal livello internazionale che più ci riguarda, cioè quello UE.
E facciamolo sventolando subito una banale verità, che tutti a Bruxelles conoscono e di cui tutti tengono conto.
L’Unione Europea è un postaccio difficile da frequentare, dove ogni nazione pensa i fatti propri, dove un solido gruppo dirigente di alti burocrati legati a filo quadruplo con le centrali di potere economico-finanziario opera costantemente con raffinata maestria e spietatezza quotidiana, dove non c’è spazio per romanticismi o slanci di solidarietà, per il semplice fatto che i Paesi membri sono innanzitutto concorrenti tra loro e poi, ma solo poi, alleati e sodali.
Quindi ogni forma di aiuto nelle sedi europee va contrattata al tavolo delle riunioni con asprezza, avendo ben chiaro che gli slanci di solidarietà sono roba buona per conferenze stampa e photo opportunity, ma non appartengono al mondo delle cose reali.
L’Europa insomma è sempre in malafede, ma nonostante questo è il miglior progetto politico che abbiamo e, guarda caso, anche l’unico.
Poi c’è l’Italia, con la sua classe dirigente (ogni nazione ha quella che merita), i suoi pregi e i suoi difetti, le sue giravolte.
Dalle nostre parti molti tuonano (a destra, al centro e a sinistra) contro Bruxelles, contro la Germania, l’Olanda, la Francia.
Ebbene, molte di queste critiche sono fondate, o almeno io la penso così.
Guardiamo però in casa nostra e proviamo a farlo con il cannocchiale, seduti su una panchina di Amsterdam, Francoforte o Stoccolma.
E diamo un’occhiata a questo semplice decalogo.
  1. Al voto di poche ore fa nella sede del Parlamento Europeo gli italiani si sono spaccati tra loro sia nella maggioranza di governo (PD e M5S hanno espresso voti divergenti) quanto nell’opposizione (Lega e Fratelli d’Italia da una parte, FI dall’altra), certificando così la confusione assoluta che regna sovrana nel nostro sistema politico;
  2. Sulla gestione dell’emergenza entro i confini nazionali è in corso da settimane un conflitto fragoroso tra i vari livelli istituzionali, che vede molte regioni in forte polemica con il governo (soprattutto quella più ricca e importante, cioè la Lombardia), alcune regioni in polemica con altre (Campania e Calabria in primis), i comuni lamentarsi per i pochi fondi messi a disposizione dall’esecutivo: insomma una battaglia quotidiana a suon di post sui social e conferenze stampa in cui ormai è difficile districarsi;
  3. Il governo nomina commissari&commissioni come se piovesse, mettendo in campo un giusto ricorso a figure di provata competenza, ma scegliendo formule dai contorni poco chiari, di cui la squadra monstre guidata da Vittorio Colao è prova documentale;
  4. Lo stesso governo (il Ministro per gli Affari Esteri in particolare) pone  grandissima enfasi sugli aiuti sanitari albanesi, turchi, egiziani, ucraini, brasiliani e, naturalmente, cinesi e russi (questi ultimi spostati sul territorio nazionale con mezzi militari giunti appositamente da Mosca), evidenziando così una netta preferenza geopolitica verso tutto ciò che arriva da luoghi del mondo diversi dall’Europa e dagli Stati Uniti;
  5. Nel mentre di una crisi economica che si annuncia come la più grave dalla fine della Seconda Guerra Mondiale l’esecutivo giallo-rosso annuncia di volere mettere altri soldi pubblici per acquisire l’Alitalia, come se non ne avessimo già spesi abbastanza (tra i 7 e i 9 miliardi di euro, a seconda dei calcoli) senza cavare un ragno dal buco;
  6. Nella legislatura in corso (iniziata nel 2018) i due provvedimenti più onerosi per le casse dello Stato sono ancora in pista pur essendo intervenuto un cambio di governo. Si tratta di “Quota 100” e “Reddito di Cittadinanza”, misure su cui può svolgersi un ampio dibattito ma che, fuori da ogni dubbio, sono spesa corrente e non investimento;
  7. Sui dossier TAP e TAV si è svolto un litigio nazionale furibondo che ha portato ad un semplice risultato: tutto è rimasto come prima (per fortuna) e sulle due opere si prosegue, ma con rinvii e ansie varie che in giro per il mondo nessuno comprende;
  8. Nel Sud  è collocato uno dei più importanti impianti europei di produzione dell’acciaio (l’Ilva di Taranto), oggetto di una complicatissima vicenda ambientale, giudiziaria, economica e politica. Acquisitane (con gara pubblica) la gestione, il gruppo franco-indiano Arcelor-Mittal (non esente da colpe) è entrato in una interlocuzione interminabile con le istituzioni centrali e locali, di cui non si vede la fine. Quello che però si vede benissimo è che in giro per il mondo molti guardano a quella vicenda per capire come “gira” quando decidi di investire in Italia;
  9. Dopo il drammatico crollo del Ponte Morandi si è avviata con prontezza l’opera di ricostruzione, anche grazie alla possibilità consegnata al commissario di agire in deroga alla normativa vigente. Ma si è al contempo aperto un surreale confronto in materia di concessioni autostradali, talmente surreale (e fortemente alimentato dal partito di maggioranza relativa in Parlamento, cioè il M5S) da non essere approdato a nulla pur essendo passati 20 mesi. Anche qui tutti gli operatori dei mercati finanziari ci guardano con gli occhi fuori dalle orbite. Non tanto per l’esistenza del dibattito, quanto per l’assoluta inconcludenza del medesimo (in un senso o nell’altro);
  10. Infine, guardando al mondo delle banche (non esattamente poco rilevanti in questa fase storica), va registrata un’altra vicenda capace di mandare messaggi poco chiari al sistema internazionale (ed europeo in particolare). Accade infatti che il nostro più grande gruppo (Intesa San Paolo) annuncia la volontà di acquisire il quarto della classifica (cioè UBI), ottenendo però una piccata risposta negativa da azionisti a management. Ora, poiché le banche si “concentrano” attraverso azioni concordate, quale messaggio mandiamo al mondo della finanza se litighiamo anziché produrre accordi?

Il mondo non è esente da colpe, men che meno l’Europa. Ma guardare in casa propria è esercizio essenziale, prima di puntare il dito (accusatorio) verso gli altri.

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