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giovedì 7 febbraio 2019


I mondi opposti di M5S e leghisti: due anime, due società, due antropologie

Ecco un decalogo delle differenze. Quanto durerà la convivenza coatta? Da un lato, il Nord delle imprese e del benessere, caro ai leghisti, dall’altro il Sud della fragilità sociale che è la trincea grillina

I mondi opposti di M5S e leghisti: due anime, due società, due antropologie
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Stanno insieme al governo per obbligo, uniscono il giallo e il verde per necessità. Ma ce li rappresentiamo, abusando del termine passe partout «populismo», molto più simili di quanto non siano. E infatti litigano, al limite della rottura. Tra il mondo leghista e quello Cinque Stelle esistono distanze abissali, due anime, due antropologie, due mentalità, due società. Ecco dieci macroscopiche differenze. Un decalogo della diversità gialloverde nelle cui coordinate è sempre più difficile convivere. E quanto può durare la convivenza coatta? Il grosso dell’esercito leghista sta al Nord (sebbene oramai con truppe stanziate persino da Roma in giù), mentre la trincea grillina ha conquistato il Sud. Non è solo geografia, è paesaggio sociale: il Nord significa tessuto di piccole imprese, capannoni, produttività, benessere diffuso, efficienza d’impresa, reticolo di infrastrutture; il Sud è scarsità di fabbriche, fragile tessuto sociale, punte di degrado civile, produttività ridotta a zero, infrastrutture inesistenti, predominanza dello Stato come erogatore di risorse (e di consenso). La Lega è plasmata dalla filosofia del Nord, i Cinque Stelle da quella del Sud, che nella colta Accademia è stata ribattezzata «pensiero meridiano».
La legalità
Il popolo leghista ha la passione dei cantieri aperti: non c’è bretella, svincolo, ponte, autostrada, passante, opera in cemento, Tav, Tap, Triv, ecc. che non ecciti la smania del costruire, sventrare, edificare. Salvaguardia dell’ambiente? Uffa, borbotta il leghista. Per il pentastellato l’opera infrastrutturale pubblica è tendenzialmente opera del demonio, forzatura lobbistica, subalternità alle ragioni del bieco profitto. Tav, Tap, Triv ecc. sono il male da sottoporre al rito esorcistico definito dal catechismo grillino con il nome sacro «analisi costi-benefici». Ma così si frena l’economia, non si fa più niente? Uffa, borbotta il grillino. Sia il popolo leghista che quello dei Cinque Stelle sono a favore della legalità. Solo che la parola legalità assume due sensi tra loro opposti. Per il leghista legalità vuol dire difesa dallo spaccio di droga, dalle rapine, dagli scippi, dagli spiantati, immigrati per giunta, che mettono a rischio la sicurezza degli italiani. Per il Cinque Stelle la legalità è quella violata dalla politica e dagli affari: dove c’è economia, lì scatta l’allarme legalità. La sicurezza ha due sbocchi cromatici: per il verde il pericolo è il nero, per il giallo la minaccia è dei colletti bianchi.
La sinistra
Per il leghista la minaccia internazionale è dei regimi di sinistra che sono molto di sinistra (e Putin non lo è, perciò si può stare con Putin) e quindi botte a Maduro. Per i Cinque Stelle la colpa è sempre dell’odioso imperialismo yankee o del capitalismo colonialista, perciò niente botte a Maduro. Il leghista infatti ama molto Trump, il Cinque Stelle è invece costretto a sopportarlo, perché è sempre meglio, grillisticamente parlando, un «reazionario» ma populista che un democratico ma elitario. Il leghista potrebbe anche amare i gilet gialli (e forse in cuor suo li ammira) ma non può sopportare che si metta in discussione il commercio di Parigi con le manifestazioni violente tutti i sabati: prima la polizia. Il Cinque Stelle è ribellista per definizione e tra il manifestante arrabbiato in gilet giallo e il poliziotto il suo cuore batterà sempre per il gilet giallo arrabbiato.
Garantismo
Il leghista è giustizialista a giorni alterni, il Cinque Stelle sempre. Un leghista agitò il cappio in Parlamento, ma i leghisti, tranne una parentesi molto tumultuosa nel rapporto tra Bossi e l’uomo di Arcore, non hanno mai fatto mancare la solidarietà a Berlusconi, bersaglio di molteplici offensive giudiziarie, mentre il grillino ha fatto sua la massima forcaiola secondo cui l’innocente non è che un colpevole non ancora scoperto e odia le garanzie degli imputati. Il leghista è molto selettivo e ondivago però, e infatti diventa ferocemente giustizialista quando vuole, parola del Capo, far «marcire» Cesare Battisti in galera perché terrorista e comunista. Il grillino non usa «marcire», ma una galera generalizzata («onestà») gli scalda il cuore.
Consumismo
Il popolo leghista odia il Fisco, percepito più o meno come un’estorsione che schiaccia il produttore, una macchina che stritola le vittime delle tasse. Il Cinque Stelle non disdegnerebbe una qualche forma di patrimoniale per i più ricchi. Il Cinque Stelle si commuove solo per chi evade «per necessità». Il leghista non ha motivo di lagnarsi per la deriva consumista. Anzi, fosse per lui, dedicherebbe un monumento al consumo. Il Cinque Stelle odia il consumismo, fosse per lui, abolirebbe gli ipermercati e i centri commerciali, e infatti ha cominciato ad abolirli la domenica costringendo il leghista crapulone a stargli dietro. Il capo dei leghisti, Matteo Salvini, andava in curva a fare tifo chiassoso. Il Capo dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, allo stadio andava per vendere le bibite. Salvini odia la cravatta. Di Maio porta la cravatta anche in costume da bagno. Trovare la differenza antropologica.