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lunedì 13 novembre 2023

Come cambia il cervello con l’età

Come cambia il cervello con l’età: le tappe dello sviluppo fino a dopo i 70 anni di Elena Meli La piena maturità fisica si raggiunge intorno ai trent’anni, ma il cervello non cessa di evolvere e continua a cambiare anche se il numero di cellule nervose diminuisce con l’età Dopo i 20 anni, un poco prima nel caso delle ragazze, non si cresce più in altezza; dopo la pubertà si diventa biologicamente adulti e siamo in grado di riprodurci. Dal punto di vista dell’evoluzione quindi i giochi potrebbero essere fatti intorno ai 25, 30 anni: siamo ben cresciuti e si è già potuta perpetuare la specie, facendo figli e prendendosene cura quel tanto che basta per renderli indipendenti, perciò se si passa a miglior vita il mondo andrà avanti lo stesso. Ed è andata così per millenni, quando l’aspettativa media di vita era bassissima: si potrebbe perciò pensare che lo sviluppo dell’organismo, in ogni sua parte, sia mirato a renderci persone «complete» in tutto e per tutto, fisicamente e mentalmente, intorno ai vent’anni. Per il fisico è così, ma per il cervello è un’altra storia: non smette mai di evolversi, imparare, crescere e la sua «adolescenza» è molto più lunga rispetto al resto del corpo. Il cervello può sempre imparare La ricerca scientifica sta infatti scoprendo che per arrivare ad avere un cervello «adulto» all’uomo servono molti più anni rispetto agli altri mammiferi, ma anche che il cervello ormai cresciuto non è un monolite dove le cellule non si riproducono più e che può solo perdere neuroni invecchiando, come si pensava fino a qualche anno fa: negli animali, per esempio i ratti e i macachi, la neurogenesi in età adulta è stata più volte dimostrata e buoni indizi ci sono anche nell’uomo, visto che alcune ricerche suggeriscono come in alcune aree cerebrali si possano formare nuovi neuroni perfino superati i 70 anni. Certezze su questo non ce ne sono ancora, ma se pure non crea nuove cellule di sicuro il cervello può «crescere» continuando a imparare, finché siamo vivi. La plasticità L’uomo è un animale molto speciale. La sua infanzia e la sua adolescenza sono più lunghe di quella di tutti gli altri, non solo perché impiega più tempo per arrivare all’indipendenza e alla capacità di riprodursi, ma soprattutto per quel che avviene nella sua testa. Il cervello di un bambino nei primi mesi e anni di vita è in una fase di tumultuoso accrescimento tanto da formare ogni secondo oltre un milione di nuove connessioni. Un periodo decisivo perché, come spiega Alfredo Berardelli, past president della Società Italiana di Neurologia, «quanto si mangia nei primi mille giorni di vita, per esempio, incide su come funzionerà il cervello per tutto il resto dell’esistenza. L’allattamento è fondamentale e la mamma deve avere una dieta sana perché il latte contenga tutti i nutrienti necessari, ma anche dopo lo svezzamento l’alimentazione dei primi 2-3 anni di vita resta essenziale: in questo periodo si formano tantissimi collegamenti nervosi che decidono come il bimbo poi saprà usare la memoria e imparare, controllare gli impulsi e l’umore, pianificare le attività e il multitasking. L’infanzia è anche una fase in cui le possibilità di potenziare le abilità cognitive sono al massimo: le capacità cerebrali si stanno sviluppando grazie alla creazione di nuove connessioni fra i neuroni e anche per questo la qualità dell’istruzione nei primi anni è la base per un cervello in salute a lungo. Migliorare le prestazioni mentali però è un obiettivo realistico anche dopo e l’idea che esista un periodo privilegiato per l’apprendimento durante l’infanzia è sorpassata: le cellule cerebrali continuano a mantenere una certa dose di plasticità ben oltre l’età adulta , consentendo a chiunque di poter migliorare le performance cerebrali, almeno in teoria, in ogni momento dell’esistenza». La grande potatura delle funzioni cerebrali L’adolescenza è tuttavia l’altro momento decisivo per il cervello, che attraversa di nuovo una fase di profondo cambiamento in un arco di tempo più lungo di quello che si supponeva: secondo le nuove definizioni si è adolescenti fra i 10 e i 24 anni, ma fino ai 30 il cervello continua a svilupparsi e maturare in misura significativa. La «taglia» cerebrale adulta viene raggiunta nella prima adolescenza, quando termina l’accrescimento in volume ed è massima la quantità di materia grigia, che corrisponde alle cellule nervose, mentre la materia bianca (le connessioni nervose) tende invece ad aumentare dopo, da adulti. Quel che accade negli anni dell’adolescenza è però un affinamento delle funzioni cognitive grazie soprattutto al cosiddetto pruning, una vera e propria potatura delle connessioni cerebrali attraverso cui quelle non più necessarie vengono eliminate, così da rendere il cervello più agile, pronto ad apprendere e capace di adattarsi meglio e più in fretta alle situazioni grazie alla creazione di nuove reti fra neuroni. Il cervello torna insomma a essere una «spugna», come nei bambini piccoli, e per questo lo stile di vita e le esperienze vissute in adolescenza sono decisive nel bene e nel male. Che cosa succede agli adolescenti In questo periodo conta tantissimo avere un’alimentazione sana, fare esercizio fisico, dormire a sufficienza; peccato che il cervello dei ragazzi remi contro proprio per come è fatto. L’ultima parte a maturare è infatti la corteccia prefrontale, ovvero l’area deputata a ragionamento, pianificazione, decisioni e controllo degli impulsi; i ragazzi «navigano» invece nel mondo facendo affidamento sul sistema limbico e l’amigdala, aree che si sviluppano prima e sono associate alle emozioni e a meccanismi di sopravvivenza come la reazione «fuggi o lotta». Inoltre assume particolare importanza la parte «sociale» del cervello, che fa propendere gli adolescenti per le esperienze assieme ai coetanei: ottimo quando si fanno nuove amicizie o si passa tanto tempo con i compagni di squadra dello sport preferito, un po’ meno se si frequentano cattive compagnie. La scarsa capacità di giudizio dovuta all’immaturità della corteccia prefrontale, che matura con tempi diversi da persona a persona e si può attardare fin verso i 30 anni, porta a dare più importanza alla gratificazione che alle conseguenze dei propri comportamenti: per questo se si assaggia una sostanza d’abuso e si ha un’esperienza piacevole diventa più facile incappare in una dipendenza. Si tratta di un periodo di rimodellamento cerebrale critico in cui, come spiega la neuropsicologa inglese del Southampton Children’s Hospital Angela Griffin in uno studio sulle modifiche cerebrali negli adolescenti «le connessioni che si sviluppano di più sono quelle fra l’ippocampo e la corteccia frontale: in questo modo si diventa man mano più bravi a utilizzare ricordi ed esperienze per prendere le decisioni, riconciliando le emozioni con le richieste della realtà esterna». Per diventare bravi a farlo contano tantissimo le esperienze con i pari, fra le più cruciali per lo sviluppo del cervello adolescente: anche per questo preoccupano i possibili effetti delle restrizioni sociali messe in atto in pandemia, che solo adesso si stanno iniziando a tracciare e che sembrano poter avere conseguenze sui giovani fra i 10 e i 24 anni in proporzione molto più ampie rispetto alle altre fasce d’età, proprio per la fase decisiva in cui si trova il loro cervello. Ian Gotlib, del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Stanford (Usa), ha osservato che dopo la pandemia gli adolescenti mostrano non solo un maggior disagio mentale, ma anche una corteccia cerebrale più sottile, un maggior volume di amigdala e ippocampo e altre caratteristiche compatibili con un cervello invecchiato più in fretta del dovuto. Le implicazioni sono tutte da decifrare, ma tornare a frequentare (buone) compagnie è di certo una delle raccomandazioni da mettere in pratica per fare sviluppare al meglio il cervello dei giovanissimi. L’allenamento aumenta la riserva cognitiva Fino ai 30 anni, abbiamo spiegato, il cervello impara, si modifica e «cresce». Poi inizia a «contrarsi» perché perdiamo neuroni, con una velocità che aumenta molto dopo i 60 anni: il volume cala soprattutto nelle aree frontali, deputate al ragionamento e al controllo delle emozioni, e nell’ippocampo, coinvolto nei processi di apprendimento e memori a. Contemporaneamente la corteccia cerebrale si assottiglia perché le cellule, diminuendo, si diradano e hanno meno connessioni fra loro, come testimonia anche la riduzione della sostanza bianca in età avanzata; ciò, insieme a una diminuzione nella produzione dei neurotrasmettitori attraverso cui i neuroni dialogano, man mano rallenta le funzioni cognitive. Questo è certo, non è ancora chiaro invece se nel cervello adulto si formino o meno nuovi neuroni: alcuni ricercatori ritengono che possa accadere perfino dopo i 70 anni, almeno stando a risultati di uno studio della Columbia University su autopsie di persone di varie età (pare però che si tratti di cellule meno capaci di creare nuove connessioni). Neurogenesi Ulteriori indagini suggeriscono che almeno in età adulta, prima di diventare molto anziani, la neurogenesi ci sia e nell’ippocampo, una delle aree dove sono state individuate cellule staminali nervose, si creino fino a un centinaio di nuovi neuroni ogni giorno; altri studi però smorzano le speranze e una ricerca pubblicata su Nature ha indicato i 13 anni come il limite oltre cui non si aggiungono nuovi neuroni. La questione è aperta, c’è però accordo sul fatto che più del numero di cellule contino le connessioni, che rendono il cervello umano molto plastico e in grado di imparare nuove abilità anche da anziani, sebbene con uno sforzo maggiore. Per questo non è mai tardi per allenare il cervello, come osserva Alfredo Berardelli: «Anche da anziani si possono migliorare le performance cerebrali. Certo conta tenere impegnato il cervello durante tutta la vita per rafforzare la rete delle connessioni cerebrali: ciò crea una riserva cognitiva consistente, così quando qualche funzione viene meno per il deteriorarsi delle cellule nervose può essere rimpiazzata da altri neuroni della rete. Ma non è mai troppo tardi e tutte le attività che stimolano la mente possono andare bene a patto di essere motivati e farle volentieri ma anche di scegliere qualcosa che lo “accenda” davvero e non sia un esercizio passivo: leggere, frequentare amici, visitare musei, creare occasioni per imparare qualcosa di nuovo e che piace sono tutti metodi efficaci. Ricordando che come nel nostro corpo abbiamo molti muscoli diversi da potenziare tramite allenamenti differenti, così il cervello ha varie capacità da esercitare: memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio, logica, creatività, ragionamento. Ognuna va stimolata con attività diverse, anche per questo non ne esiste una migliore in assoluto», conclude il neurologo.