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martedì 29 giugno 2021

Da www.beppegrillo.it/Mi sento così: come se fossi circondato da tossicodipendenti...

Mi sento così: come se fossi circondato da tossicodipendenti che mi chiedono di poter avere la pasticca che farà credere a tutti che i problemi sono spariti e che dia l’illusione (almeno per qualche mese, forse non di più) che si è più potenti di quello che in realtà si è davvero, pensando che Conte sia la persona giusta per questo. Ma Conte può creare l’illusione collettiva (e momentanea) di aver risolto il problema elettorale, ma non è il consenso elettorale il nostro vero problema. Il consenso è solo l’effetto delle vere cause, l’immagine che si proietta sullo specchio. E invece vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici (idee, progetti, visione) e i problemi organizzativi (merito, competenza, valori e rimanere movimento decentralizzato, ma efficiente). E Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione. Io questo l’ho capito, e spero che possiate capirlo anche voi. Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco. Le organizzazioni orizzontali come la nostra per risolvere i problemi non possono farlo delegando a una persona la soluzione perché non sarebbero in grado di interiorizzarla quella soluzione e di applicarla, ma deve essere avviato un processo opposto: fare in modo che la soluzione decisa, in modo condiviso, venga interiorizzata con una forte assunzione di responsabilità da parte di tutti e non di una sola persona. La trasformazione vera di una organizzazione come la nostra avviene solo così. La deresponsabilizzazione delle persone con la delega ad un singolo nelle organizzazioni orizzontali è il principale motivo del loro fallimento. C’è un però. Assumersi la responsabilità significa smettere di drogarsi, smettere di voler creare l’illusione di una realtà diversa da quella attuale ed affrontarla. Insieme, con i tempi e le modalità giuste. Come una famiglia, come una comunità che impara dagli errori e si mette in gioco senza rincorrere falsi miti, illusioni o principi azzurri che possano salvarla. Perciò indìco la consultazione in rete degli iscritti al MoVimento 5 Stelle per l’elezione del Comitato Direttivo, che si terrà sulla Piattaforma Rousseau. Il voto su qualsiasi altra piattaforma, infatti, esporrebbe il Movimento a ricorsi in Tribunale per la sua invalidazione, essendo previsto nell’attuale statuto che gli strumenti informatici attraverso i quali l’associazione si propone di organizzare le modalità telematiche di consultazione dei propri iscr Ho, pertanto chiesto a Davide Casaleggio di consentire lo svolgimento di detta votazione sulla Piattaforma Rousseau e lui ha accettato. Chiederò, poi, al neo eletto Comitato direttivo di elaborare un piano di azione da qui al 2023. Qualcosa di concreto, indicando obiettivi, risorse, tempi, modalità di partecipazione vera e, soprattutto, concordando una visione a lungo termine, al 2050. Questo aspettano cittadini, iscritti ed elettori. Una visione chiara di dove vogliamo andare e in che modo. Il perché, il cosa e il come. È sempre stata la nostra forza: consentire a tutti di sapere quale sarà il viaggio e accogliere chi è pronto per una lunga marcia. In alto i cuori!

Covid, ecco la mascherina che «riconosce» il virus in 90 minuti

ANTI CONTAGIO Sviluppata dal MIT e dall’università di Harvard con il supporto di un’azienda milanese, questo dispositivo ha dei sensori in grado di intercettare e segnalare la malattia di Cecilia Mussi Dalla biologia sintetica arriva il progetto di una mascherina con biosensori capaci di riconoscere e diagnosticare, nel giro di 90 minuti, la presenza di virus, dal SarsCoV2 a Ebola, in chi la indossa. La notizia è stata resa nota dalla rivista specialistica Nature, che ha pubblicato il lavoro dei ricercatori del Massachusets institute of technology e dell’università di Harvard con il contributo di un’azienda di Milano che produce tessuti in fibra ottica. Le mascherine, che dal 28 giugno nelle regioni “bianche” italiane si possono non indossare all’aperto, hanno incorporati dei minuscoli sensori monouso, basati su ingranaggi cellulari liofilizzati, su cui i ricercatori hanno iniziato a lavorare dal 2014 per diagnosticare Ebola e Zika. I sensori si possono incorporare anche in altri indumenti In questo nuovo lavoro il gruppo guidato da James Collins, Peter Nguyen e Luis Soenksen, ha dimostrato che i sensori possono essere incorporati non solo nelle mascherine, ma anche in altri indumenti, come camici di laboratorio. I sensori sono progettati per essere attivati da chi indossa il dispositivo di protezione, e i risultati appaiono al suo interno, in modo da garantire la privacy della persona. I ricercatori hanno testato centinaia di diversi tipi di tessuti, dal cotone al poliestere, dalla lana alla sera, per trovare quello più compatibile con questo biosensore, una combinazione di poliestere e altre fibre sintetiche. Segnali luminosi e fluorescenti per indicare la presenza del virus Per rendere indossabili i sensori, hanno incorporato le loro componenti liofilizzate in una piccola sezione del tessuto, circondandole con un anello di silicone, in modo da non far evaporare il campione. I sensori sono progettati per produrre diversi tipi di segnali, anche luminosi o fluorescenti, che possono essere letti con uno spettrometro portatile. I ricercatori hanno anche progettato uno spettrometro indossabile, che può essere integrato nel tessuto, in modo da poter leggere i risultati e trasmetterli via wireless ad uno smartphone o strumento mobile. Il ricercatore: «Si apre una nuova frontiera per il personale sanitario» «Possiamo liofilizzare una vasta gamma di sensori di biologia sintetica per rilevare gli acidi nucleici di virus e batteri - ha commentato uno dei ricercatori a capo della ricerca, James Collins - cosi come sostanze chimiche tossiche. Questa piattaforma potrebbe portare ad una nuova generazione di biosensori indossabili per chi lavora in prima linea, personale sanitario e militare». «Abbiamo sostanzialmente ridotto la funzionalità delle strutture di test molecolari all’avanguardia in un formato compatibile con dispositivi indossabili in una varietà di applicazioni», ha aggiunto Luis Soenksen. Il prototipo ora è stato brevettato e la speranza dei ricercatori è che venga ulteriormente sviluppato da aziende private per la sua commercializzazione. «Abbiamo già riscontrato molto interesse da parte di gruppi esterni che vorrebbero prendere i prototipi che abbiamo e portarli a un prodotto approvato e commercializzato», ha spiegato ancora Collins. 28 giugno 2021 (modifica il 28 giugno 2021 | 18:47) © RIPRODUZIONE RISERVATA

lunedì 28 giugno 2021

Addio alla mascherina? Quando va usata davvero

28 Giugno 2021 - 09:07 Da oggi tutta Italia è colorata di bianco e possiamo dire addio alla mascherina, almeno all’aperto. Ecco cosa prevede l’ordinanza Valentina Dardari Addio alla mascherina? Quando va usata davvero Da oggi, lunedì 28 giugno, tutta l’Italia sarà colorata di bianco e potremo finalmente dire addio alla mascherina, almeno all’aperto. Sempre che non vi sia rischio di assembramento. La curva epidemilogica tende verso il basso ormai da diverso tempo e i dati sono positivi, nonostante l’aumento di diffusione della variante Delta. Da oggi è quindi possibile girare per strada senza coprire il naso e la bocca con la mascherina. L’obbligo decade in tutta Italia, dato che ormai tutte le Regioni sono colorate di bianco. Tranne che in Campania, dove un’ordinanza regionale ha mantenuto l’obbligo di utilizzare la mascherina anche all’aperto. In ogni caso, si deve sempre avere con sé il dispositivo di sicurezza, in modo da poterlo indossare se necessario. L’ordinanza Come abbiamo detto, da oggi è entrata in vigore l’ordinanza del ministero della Salute firmata da Roberto Speranza. Il documento prevede che la mascherina non debba essere utilizzata all’aperto in zona bianca. Come si legge: “Cessa l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie negli spazi all’aperto”. A meno che si presentino “situazioni in cui non possa essere garantito il distanziamento interpersonale o si configurino assembramenti o affollamenti, per gli spazi all’aperto delle strutture sanitarie, nonché in presenza di soggetti con conosciuta connotazione di alterata funzionalità del sistema immunitario”. Ancora niente baci e abbracci Per i baci e gli abbracci si dovrà invece aspettare ancora un po’. Come ha tenuto a sottolineare Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive al Sacco di Milano, “la prudenza ci dice che va comunque mantenuta la distanza, in particolare da chi non è vaccinato o è in condizioni di salute precarie, come anziani o fragili per patologia”. Come salutare quindi un amico o un parente? “La possibilità di infettarsi è più probabile attraverso la via aerea che con la stretta di mano: infatti il pugno o l’accostamento degli avambracci sono molto meno preoccupanti. Io stringo la mano a chi me la offre, magari ricorrendo poi a qualche lavaggio in più” ha spiegato il professore. Ogni quando cambiare la mascherina Secondo Galli deve essere cambiata quotidianamente, complice il fatto che siano reperibili e non più a prezzi esorbitanti. “Le persone devono usare questo strumento di protezione individuale con buon senso. Devono trovare il modo di tenerla sempre con sé quando escono e se c’è una situazione di rischio devono indossarla. È stato fatto l’esempio della coda, che mi sembra calzante”. Quindi, anche se siamo per strada e stiamo facendo la fila alla posta per pagare le bollette, meglio tenere la mascherina indossata e possibilmente che non sia vecchia. In ambienti al chiuso Quando ci troviamo seduti al tavolo di un ristorante possiamo togliere la mascherina, obbligatoria invece per i dipendenti del locale. Dovremo invece indossarla sul treno, a teatro, al cinema, al supermercato, nei negozi e durante gli spettacoli all’aperto, dove le sedute dovranno comunque essere adeguatamente distanziate. Se non sarà possibile mantenere la distanza di almeno un metro dalle altre persone, la protezione dovrà essere indossata anche all’aperto. Quale protezione usare? Il Comitato tecnico scientifico ha più volte tenuto a sottolineare che “le mascherine rappresentano uno dei mezzi più efficaci per la riduzione della circolazione del virus”. Senza fare particolari distinzioni tra i vari modelli esistenti. Come riportato da Repubblica, Paolo D’Ancona, epidemiologo medico dell’Istituto superiore di sanità che si occupa proprio di mascherine, ha spiegato che “le Ffp2 hanno una maggiore capacità protettiva, sia di chi le indossa che di chi gli sta vicino”. Anche le mascherine chirurgiche vanno bene. Come conservarla La mascherina, a contatto con naso e bocca, deve sempre essere pulita, e il lato da salvaguardare maggiormente è quello interno .“Deve sempre essere tenuta in buone condizioni igieniche” ha precisato D’Ancona. Quando viene indossata, la mascherina deve coprire sia il naso che la bocca e, se si bagna, deve essere cambiata perché perde di efficacia.

domenica 27 giugno 2021

Staino: "A un certo punto quel miliardo di cinesi sparì"

CULTURA 26/06/2021 16:39 CEST Il vignettista all'HuffPost rievoca il suo periodo maoista in occasione dei cent'anni del Partito Comunista cinese:" Ci dicevano: siete quattro gatti. Rispondevamo: al nostro fianco c’è un miliardo di cinesi..." By Federica Fantozzi - STAINO - “A fine anni Sessanta mi ero iscritto al Partito Comunista d’Italia Marxista Leninista, andavo in piazza agitando il libretto rosso di Mao. Ci dicevano: siete quattro gatti. Rispondevamo: al nostro fianco c’è un miliardo di cinesi. Ma a un certo punto quel miliardo sparì”. Sergio Staino, classe 1940, è uno dei più famosi vignettisti politici italiani. Dalla sua penna è uscito Bobo, il militante comunista (e post-comunista) che da quarant’anni sopporta sospirando le decisioni dei vertici. Ama le sfide: critico da sinistra, nel 2016 ha accettato di dirigere l’Unità renziana (non è finita bene); ateo dichiarato, pubblica la serie Hello Jesus su “Avvenire”. Nel suo ultimo libro “Storia sentimentale del Pci. Anche i comunisti avevano un cuore” (Piemme) ripercorre – tra incanto e disincanto - la sua lunga formazione politica: Togliatti e Berlinguer, Castro e Che Guevara, l’Urss e la Cina. Il Partito Comunista cinese compie cent’anni di vita. Lei no, ma Bobo gli auguri glieli farà? Mi viene in mente la prima vignetta di Bobo in assoluto. Mi misi al tavolino da disegno la mattina del 10 ottobre 1979. Ero uscito a maggio dal Partito Marxista-Leninista e avevo passato mesi in campeggio con i compagni. Volevo disintossicarmi, pensare ai bagni e non alla politica. Ma non ero in condizioni economiche floride: insegnavo educazione tecnica a scuola, non potevo ancora sposare Bruna, che è peruviana… Pensai di fare il disegnatore satirico, non politica ma umorismo sociale. Mi dissi: tra un anno tirerò le somme e vedrò se riesco a sbarcare il lunario. Insomma, non era il momento più felice. Povero Bobo. Gli ho trasmesso il mio atteggiamento dell’epoca: avevo 39 anni, ne avevo trascorsi dieci a propagandare la Cina in lungo in largo ed ero rimasto con un pugno di mosche. Avevo la sensazione di aver perso tutti i treni. Lo disegnai alla macchina da scrivere un po’ frustrato. Diceva: “Tizio lo hanno assunto in banca, Caio a Panorama...”. Insomma, tutti si erano piazzati tranne Bobo: “Mi sento come Gastone di Petrolini. Solo che a lui lo ha rovinato la guerra, a me la Cina”. Il suo alter ego a fumetti è nato maledicendo la Cina. Una bella nemesi. È stato difficile? Sono rimasto mezz’ora con la penna sospesa prima di disegnarlo. Mi vergognavo tantissimo di essere stato fregato dalla Cina, ma era vero. Mi avevano spinto a una visione assurda come se la rivoluzione fosse dietro l’angolo. Quando ho scritto la parola Cina è stato come stappare una bottiglia di champagne. A quel punto ho disegnato 50 strisce in 15 giorni, una più efficace dell’altra. Una liberazione. Come era nato quell’amore finito così male? La mia famiglia era piccolissimo-borghese, in casa c’era un’atmosfera comunista, a 16 anni mi schierai con l’Urss contro gli operai a Budapest. Un po’ più tardi guardai altri lidi: Cuba, Castro e Che Guevara, poi la guerra del Vietnam. Certi dirigenti del partito che con gli occhi di oggi trovo bravi, mi sembravano troppo socialdemocratici, “miglioristi”. E nell’elemento estremo della gioventù si incuneò la propaganda cinese: mi abbonai alla loro rivista, mi arrivava a casa in francese, “La Chine”. Era il ’67, mi stavo laureando con una tesi sulla contrapposizione tra città e campagna. Conobbi due donne fondamentali che mi appassionarono alla Cina: Enrica Collotti e Joyce Lussu. Credevo a tutto quello che sentivo. E si iscrisse al Partito Comunista d’Italia Marxista Leninista. Era l’unico su quelle posizioni, il segretario era Fosco Dinucci. Era una setta, ma veniva ricevuta da Mao in persona. Alle pareti c’erano le foto con tutti i mandarini del partito cinese. Ne nacquero altri, anche “Servire il Popolo” di Brandirali, ma le uniche delegazioni ricevute a Pechino erano le nostre. C’è stato un momento in cui l’illusione è crollata di fronte alla realtà? O è stato un percorso graduale? Per me è stata la visita di Nixon in Cina nel ’72, l’alba di una diversa direzione del Paese verso Occidente. A quell’epoca noi andavamo in piazza a brandire il libretto rosso, che è una somma di luoghi comuni del settarismo ma ci sembrava meraviglioso. Persino nella semplicità del linguaggio che – pensavamo – poteva essere compreso dai contadini e dai proletari. Ci dicevano: siete quattro gatti. Rispondevamo: macché, abbiamo a fianco un miliardo di cinesi. A un certo punto quel miliardo sparì. Non ci chiamavano più, non ci invitavano più. Con noi rimase solo l’Albania. Lei ha scritto un libro molto critico su quell’esperienza. Ma il progresso non ha bisogno anche delle utopie? Non mi sono più riconosciuto in nulla della storia di Mao, ma ho riscoperto l’utopia solidale negli anarchici. Noi italiani ed europei abbiamo un’utopia splendida, da lì sono nati i partiti socialisti e comunisti. Non rinnego niente, ma oggi mi sento anarchico-riformista. Sono due ideologie che si compensano: l’anarchia da sola finisce nelle Brigate Rosse, il riformismo da solo finisce in corruzione. Sembra un ossimoro ma non lo è. A proposto di ossimori, a fare gli auguri al Partito comunista di Pechino sono stati Grillo e D’Alema… Considero Grillo una calamità politica, mi dispiace che anche persone stimabili non ne colgano l’egoismo e i valori anti-solidali. Nonostante l’impegno, da quel lato non verrà nulla di buono. A D’Alema ho creduto, mi ha fregato e l’ho perdonato tante volte, ma alla fine ho capito che è stato il peggior danno per la sinistra italiana del Novecento. Lo ha perduto la sua presunzione, come Renzi. Ma rispetto a quest’ultimo, almeno D’Alema pensava di agire per il bene del popolo.

venerdì 25 giugno 2021

Ristrutturare casa: superbonus, sismabonus, ecobonus, bonus facciate. La guida a tutte le agevolazioni

di Redazione Economia25 giugno 2021 Come orientarsi tra i bonus per la casa Una guida nel rebus di regole e agevolazioni per la casa: dal superbonus 110% all’Eco bonus. Il Consiglio nazionale del Notariato e le Associazioni dei Consumatori hanno presentato un vademecum focalizzato sui bonus fiscali inerenti la “casa” per orientare i cittadini in una vera e propria “giungla” normativa. Vediamo quali sono le indicazioni principali e le norme da conoscere. Le regole del Bonus edilizio La prima agevolazione di cui ci occupiamo è il Bonus edilizio che riguarda lavori e interventi diversi. Si va dalla manutenzione ordinaria e straordinaria di edificio residenziale alla ricostruzione o ripristino di immobile danneggiato da eventi calamitosi passando per la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali e per l’eliminazione delle barriere architettoniche o l’installazione o rafforzamento delle strutture di sicurezza (inferriate, porte blindate ecc.). Il bonus concerne anche la bonifica dell’amianto, le opere volte a prevenire infortuni domestici, la cablatura degli edifici e il contenimento dell’inquinamento acustico e la sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione. Per accedere al bonus gli interventi devono essere eseguiti su edifici esistenti e non devono realizzare una nuova costruzione (con la sola eccezione della realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali). Il bonus in generale prevede una detrazione dall’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) pari al 36% delle spese sostenute e documentate ma fino al 31 dicembre 2021, la detrazione spetta nella maggior misura del 50% delle spese sostenute che hanno importo massimo di 96 mila euro. Importante notare che tra gli interventi ricompresi nel Bonus Edilizio, disciplinato dal Testo Unico in materia di imposte dirette, rientrano l’Eco bonus che vedremo successivamente e il Sismabonus. Eco bonus e risparmio energetico Rientrano nell’Eco bonus tutti gli interventi relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia. Ma quali lavori sono ammessi? Rientrano tra i lavori agevolabili l’installazione di un impianto fotovoltaico per usi domestici, di illuminazione, alimentazione di apparecchi elettrici, eccetera. Condizione indispensabile per fruire della detrazione è che gli interventi siano eseguiti su unità immobiliari e su edifici (o su parti di edifici) già esistenti. Sisma bonus: cosa sapere Rientrano nel Sisma bonus tutti gli interventi per l’adozione di misure antisismiche, con particolare riguardo all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica. «Se riguardano i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari», si specifica nel vademcum del Notariato. Bonus facciate Con “Bonus Facciate” si intende la detrazione nella misura del 90% delle spese documentate e sostenute per interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti purché ubicati in centri urbani in zone classificate “A” (centro storico) o “B (zone di completamento). Sono ammessi al beneficio esclusivamente interventi realizzati su edifici esistenti. Bonus acquisti Se dovete comprare casa questo è il bonus più interessante. Si tratta di detrazioni previste in occasione dell’acquisto di immobili. Nel dettaglio parliamo di: - Bonus acquisti edifici ristrutturati che spetta a condizione che: 1. l’unità immobiliare ceduta o assegnata faccia parte di un edificio sul quale sono stati eseguiti interventi di restauro e di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia eseguiti dall’impresa o dalla cooperativa edilizia (detti lavori debbono riguardare l’intero fabbricato e non la singola unità che viene trasferita); 2. l’acquisto o l’assegnazione dell’unità abitativa avvenga entro 18 mesi dalla data di termine dei lavori. - Bonus acquisti box e posti auto che spetta a condizione che: 1. le spese imputabili alla realizzazione dei box posti auto siano comprovate da apposita attestazione rilasciata dal venditore; 2. il rapporto pertinenziale tra box/posto auto acquistato e l’unità abitativa al cui servizio è posto risulti espressamente da atto avente data certa anteriore alla presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale ci si avvale della detrazione; 3. deve trattarsi di box e posti auto di nuova costruzione. - Bonus acquisti case antisismiche spetta per gli interventi di riduzione del rischio sismico effettuati in comuni che si trovano in zone classificate a rischio sismico 1-2-3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici. Gli interventi di demolizione e ricostruzione debbono essere eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione e l’acquisto deve avvenire entro i 18 mesi dalla data di conclusione dei lavori. Super bonus 110% Il Superbonus 110% è una delle misure più note e si applica ad interventi di efficientamento energetico, di riduzione del rischio sismico o volti all’eliminazione di barriere architettoniche ma ci sono requisiti soggettivi ed oggettivi. Sotto il profilo soggettivo non tutti possono fruire del Super bonus, ne possono beneficiare: i condomini, le persone fisiche, gli Istituti Autonomo Case Popolari (Iacp) nonché gli enti aventi le stesse finalità sociali, le cooperative di abitazione, le onlus, le Organizzazioni di volontariato e le Associazioni di promozione sociale, le Associazioni e società sportive dilettantistiche (per immobili adibiti a spogliatoi). Sotto il profilo oggettivo il Super bonus riguarda i soli immobili residenziali . Sono escluse le abitazioni di categoria catastale A1, A8 e A9. Sono inoltre escluse le unità in corso di costruzione. Ma quali sono gli interventi ammessi? Per quanto riguarda gli interventi di efficientamento energetico ammessi al Super bonus gli stessi si distinguono in interventi trainanti ( isolamento termico dell’edificio, sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale) che accedono direttamente alla detrazione fiscale del 110% e interventi trainati (sostituzione degli infissi, impianti fotovoltaici, installazione delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, ecc.) che possono accedere al Super bonus 110% solo se realizzati congiuntamente ad un intervento trainante. Per fruire della detrazione del 110% l’intervento “trainante” (anche unitamente a taluno degli interventi “trainati”) deve garantire il miglioramento di almeno due classi energetiche e se non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta. La cumulabilità del bonus Molti utenti si chiedono se i bonus sono cumulabili. Il vademecum su questo punto è chiaro: «Nel caso in cui sul medesimo immobile siano effettuati più interventi agevolabili, il limite massimo di spesa detraibile sarà costituito dalla somma degli importi previsti per ciascuno degli interventi realizzati». Ogni situazione va valutata caso per caso ed il cumulo delle agevolazioni è applicabile solo a determinate condizioni. Rimane il principio che per la stessa spesa è possibile fruire di una sola agevolazione. Lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta I soggetti che hanno sostenuto o che sostengono, negli anni 2020, 2021 e 2022 spese per alcuni degli interventi che fruiscono dei bonus fiscali hanno diverse opzioni. L’utilizzo diretto della detrazione spettante oppure lo sconto in fattura da parte dei fornitori che hanno effettuato gli interventi fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso o per la cessione di un credito d’imposta, di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. I documenti da conservare I contribuenti che usufruiscono delle agevolazioni devono conservare alcuni documenti da esibire in caso di accertamenti e verifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate. «Più precisamente — si legge nel vademecum — vanno conservate le ricevute dei bonifici effettuati e le fatture e/o le ricevute fiscali relative alle spese effettuate per la realizzazione dei lavori». Per gli interventi eseguiti sulle parti comuni del condominio, il cittadino potrà utilizzare una certificazione rilasciata dall’amministratore di condominio in cui lo stesso attesti di avere adempiuto agli obblighi previsti e indichi la somma detraibile da parte di ogni singolo contribuente.

lunedì 21 giugno 2021

In zona bianca: feste, spostamenti, lavoro agile. Le faq di cosa possiamo fare a cosa no

Ecco le risposte alle domande più frequenti su cosa si può fare e cosa no di Giusi Spica 21 GIUGNO 2021 Stop al coprifuoco, via libera a feste e matrimoni senza limiti di invitati, vietato ballare in discoteca. Restano l'obbligo di mascherina sia all'aperto che al chiuso e il divieto di assembramenti. Da oggi la Sicilia è in zona bianca, come il resto delle regioni tranne la Val d'Aosta. Ecco le risposte alle domande più frequenti su cosa si può fare e cosa no. Se vado a cena fuori o esco con gli amici, devo tornare entro mezzanotte? No, in zona bianca il coprifuoco non c'è più e anche nelle zone di colore diverso il coprifuoco è eliminato dal 21 giugno per effetto dell'ultimo decreto Draghi, ferme restando le limitazioni vigenti per le zone rosse locali istituite dal presidente della regione. Posso sedermi allo stesso tavolo con più persone non conviventi? Nei ristoranti nessun limite alle presenze al tavolo all'aperto, sei commensali invece se il locale è al chiuso. I locali pubblici potranno osservare orari liberi. Posso andare in discoteca? Le discoteche possono riaprire, ma solamente per i servizi di bar e ristorante: non si può ancora ballare in pista. Ci sono limiti per feste private, matrimoni o altre cerimonie? A feste e cerimonie non ci sono limiti di invitati ma tutti – dai due anni di età in su - dovranno possedere la certificazione verde: avvenuta vaccinazione con doppia dose o anche una sola eseguita da almeno 15 giorni, tampone rapido o molecolare negativo eseguito nelle 48 ore precedenti o guarigione dal Covid nei sei mesi precedenti. E' possibile ballare purché all'aperto e con pause di 15 minuti. Posso muovermi liberamente all'interno della mia regione? Sì, senza limiti relativi agli orari o ai motivi dello spostamento, verso altre località della zona bianca; verso zone rosse locali, invece, ci si potrà spostare solo per comprovate esigenze lavorative, motivi di necessità o di salute. E verso le altre regioni? Ci si può spostare verso località della zona bianca senza limiti. Possibili anche gli spostamenti verso regioni in zona gialla, senza doverne giustificare il motivo, nel rispetto delle specifiche restrizioni previste all'interno di quel territorio. Per andare in regioni in zona arancione o rossa (ma al momento in Italia nessuna si trova in questa condizione) serve la certificazione verde. Posso andare a trovare parenti o amici senza limiti? Si può andare a far visita a parenti o amici, restando all’interno della stessa regione, senza limiti di orario o nel numero di persone che si spostano. Restano valide le norme di prevenzione del contagio relative all’utilizzo di mezzi di trasporto pubblici e privati. Posso usare l’automobile con persone non conviventi? Sì, purché siano rispettate le stesse misure di precauzione previste per il trasporto non di linea: ossia con la presenza del solo guidatore nella parte anteriore della vettura e di due passeggeri al massimo nei sedili posteriori, con obbligo per tutti i passeggeri di indossare la mascherina. L’obbligo di indossare la mascherina può essere derogato nella sola ipotesi in cui la vettura risulti dotata di un separatore fisico (plexiglas) fra la fila anteriore e posteriore della macchina. Per i cittadini stranieri vigono le stesse limitazioni agli spostamenti che vigono per gli italiani? Sì, le restrizioni sono valide per tutte le persone presenti sul territorio italiano, a prescindere dalla loro nazionalità. Per gli spostamenti da e per l’estero, oltre a tali restrizioni, si è soggetti alle specifiche disposizioni relative a ciascuno Stato estero, reperibili sul sito istituzionale del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. Quando e dove si deve indossare la mascherina? I dispositivi di protezione devono essere indossati sia all’aperto, sia al chiuso in luoghi diversi dalla propria abitazione, tranne quando è garantito l’isolamento continuativo da ogni persona non convivente. L’obbligo non c'è per bambini sotto i 6 anni o per persone che, per la loro invalidità o patologia, non possono indossare la mascherina. Non è obbligatorio indossarla mentre si pratica attività sportiva, si mangia o si beve. È raccomandato l'uso all'interno delle abitazioni private, in presenza di non conviventi. Il mio datore di lavoro pubblico o privato deve fornirmi la strumentazione necessaria per il lavoro in modalità agile? No. Se l’amministrazione pubblica o il datore di lavoro privato non può fornire la strumentazione, il lavoratore può avvalersi dei propri supporti informatici. Tuttavia il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure per agevolare il lavoro in modalità agile.

martedì 15 giugno 2021

Diliberto ha portato Giustiniano in Cina: "Ora hanno un codice civile"

ESTERI 15/06/2021 11:43 CEST Intervista all'ex ministro: "Concluso un lavoro di 20 anni. Si sono aperti al mercato e sono in profondo cambiamento. Ma decideranno loro come cambiare, certamente non sarà l'Occidente a farlo per loro" By Alessandro De Angelis Diliberto ha portato Giustiniano in Cina: La Cina è vicina per Oliviero Diliberto, che da qualche anno oltre a insegnare Diritto Romano alla Sapienza ha anche una cattedra all’Università Zhongnan of Economics and Law di Wuhan. Proprio lì: “Sarei dovuto partire proprio a febbraio del 2020, ma c’era il Capodanno cinese, altrimenti sarei rimasto lì. Ma ho fatto lezioni a distanza”. Entri nella sua casa-studio nel quartiere Prati e hai la sensazione di un salto nel tempo e nel mondo. Libri ovunque, classificati con cura, nemmeno uno poggiato lì per caso, sul tavolino o su un bracciolo della poltrona. Solo una parete libera dedicata alla foto con Sergio Mattarella e a quella con Xi Jinping, i due “presidenti”. Ecco, la Cina. Esercita sempre un certo fascino sui comunisti (e per fortuna se ne trovano ancora in giro di non pentiti): “Il Covid lo hanno sconfitto con la disciplina orientale. Li avresti dovuti vedere migliaia di studenti, chiuse nelle stanzette senza mai uscire, con l’organizzazione che portava loro da mangiare tre volte al giorno”. L’immancabile toscano acceso, vecchio vezzo e vecchio vizio, l’occasione della chiacchierata è un “cambiamento epocale”. E cioè l’entrata in vigore del primo codice civile in Cina, impresa, di cui l’ex segretario dei Comunisti italiani, ex guardasigilli del ministro D’Alema, è stato protagonista: sette libri, oltre 1200 articoli, per normare una materia vasta, successioni, contratti, diritti individuali, privacy. E ora è appena stata pubblicata la traduzione (Edizioni Pacini Giuridica, di Pisa, 24 euro), curata da una sua allieva cinese, la professoressa Huang Meiling: “In realtà – dice – il codice se lo sono scritto da soli, noi abbiamo contribuito a formare una classe di giuristi per redigere questo lavoro, e io sono orgoglioso di aver contribuito a formare giuristi che oggi sono tra i migliori in Cina”. Come è iniziato questo lavoro? È iniziato nel 1988, per una serie di casualità. Il decano dei giuristi cinesi Jiang Ping, preside della facoltà giuridica di Pechino, viene a Roma per un convegno invitato un collega, adesso in pensione, che insegnava diritto romano, Sandro Schipani. Jiang ha studiato in Russia, quindi ha studiato il diritto romano. E i due hanno l’intuizione geniale. Siamo nell’88: il muro di Berlino non era ancora caduto ed è prima di Tienanmen. L’idea è: poiché la Cina è avviata sulla via delle riforme economiche, serve un codice civile. E si mettono d’accordo per tradurre in cinese i testi del diritto romano e in particolare il Corpus Iuris di Giustiniano, la fonte di tutto. Per tutti gli anni Novanta vengono tradotte le fonti giuridiche romane. Per cui alla fine degli anni Novanta, quando il gruppo dirigente cinese decide quale modello giuridico adottare, se Common Law o Civil Law, ha la possibilità di accedere linguisticamente al diritto romano, perché è in cinese. E sceglie il diritto romano. Sì ma la discussione su quale modello è aspra. Hanno discusso a lungo. E alla fine scelgono di adottare il diritto romano. E qui c’è la seconda casualità. Chi è il ministro della Giustizia in Italia in quel momento (1998)? Dicono: è pure docente di diritto romano e comunista! Perfetto. E inizia lì un percorso. Sono venuti a studiare in Sapienza decine di giovani studiosi cinesi. In tre anni di dottorato, imparano l’italiano, il latino e il diritto romano. Una marcia in più, dice lei. Oggettivamente. E quando tornano sono quella che si chiama una “classe dirigente”. Torniamo a come matura la svolta: Xi Jinping ha molto insistito sul tema della certezza del diritto. È un modo anche per garantire i cittadini dagli abusi? Dopo la seconda guerra mondiale, chi voleva studiare diritto veniva spedito a Mosca, poi la Cina rompe con l’Urss e inizia la rivoluzione culturale nella quale il diritto viene considerato una sovrastruttura borghese e il cosiddetto periodo del nichilismo giuridico. Dopo che Deng lancia le quattro modernizzazioni, in sostanza l’apertura al mercato, il problema del diritto privato si pone. Cioè: quando un paese, anche comunista, si apre al mercato e anche alla sfida della globalizzazione, il tema diventa ineludibile. Sì, anche se non è automatico. Ci sono paesi di economia di mercato dove la legge non esiste. C’è l’emiro, ad esempio. La Cina ha una cultura millenaria più antica di quella occidentale fondata sul confucianesimo che è una cultura di regole morali. Il primato della morale sulla politica è il contrario di Machiavelli, per intenderci. Nasce da lì l’esigenza di una legge certa e giusta. E, a mio giudizio, Xi è il più importante leader cinese per quel che riguarda l’equilibrio interno della nazione. Mao è il grande rivoluzionario, Deng ha creato le grandi riforme, ma secondo me Xi è il più lungimirante in una fase difficilissima del mondo. Percepisco che lei considera il lavoro fatto come imponente. Chiedo al giurista, quali sono le peculiarità, perché la colpisce molto. È enorme la sistematizzazione delle norme e l’introduzione, in un Paese che non ce l’aveva, di regole su successione, proprietà, compravendita, eccetera come in tutti i Paesi del mondo. Con due particolarità intellettualmente affascinanti. La prima: tutti i codici del mondo hanno preso il diritto romano, passando attraverso la mediazione del Codice napoleonico. Quindi c’è: diritto romano, mediazione napoleonica e codice moderno. I cinesi hanno saltato la mediazione napoleonica. Quindi paradossalmente il codice cinese è più simile al diritto romano del nostro. La seconda? È che in tutto il mondo prima nascono i codici, poi arrivano le Costituzioni, che sono un fenomeno novecentesco, anche in Italia. In Cina accade il contrario. Questo significa che mentre da noi il codice civile italiano non risente dei diritti costituzionali, in Cina è il contrario, nasce dai principi costituzionali. I cinesi dicono: noi ammettiamo la proprietà privata, ma è la politica che dirige l’economia e lo Stato. È sempre lo Stato che guida l’economia. Questo piace a voi comunisti italiani? Anche nella nostra Costituzione ci sarebbe un primato dell’economia statale su quella privata. Tutti l’hanno dimenticato, ma nella nostra Carta la proprietà privata ha funzioni sociali. Ma non voglio avventurarmi nella politica di oggi, altrimenti dovrei avvalermi della facoltà di non rispondere. Dico solo che quella convinzione matura negli ambienti cattolici, da Dossetti a Fanfani, non in quelli marxisti. Quale è il grande insegnamento di questa storia? Il grande insegnamento di questa vicenda è che se entri in un’economia avanzata hai bisogno di regole, e quindi garanzie. Se uno non le rispetta, vai al tribunale. Avanzata intende di “mercato”? Da noi si vedono le cose più appariscenti. Il 70 per cento dell’economia cinese è ancora dello Stato e il sistema economico è pianificato, con piani quinquennali. I diritti arriveranno come i codici? I diritti sono già previsti nella Costituzione, basta leggerla, compresi i diritti individuali, sono processi che maturano in modo diverso a seconda delle latitudini. Non lo so che cosa arriverà, ma certamente lo sviluppo della Cina degli ultimi trent’anni e i profondi cambiamenti sono tali che non hanno pari in nessuna parte del mondo. Saranno loro a decidere, certamente non sarà l’Occidente a decidere per la Cina. Va bene, non si può definire una dittatura, come la Corea. Ma è un sistema autoritario, “autocratico” direbbe Draghi, in relazione alla questione dei diritti. È molto facile attribuire etichette, normalmente dicono che è una dittatura anche Putin, regolarmente eletto, io suggerisco di leggere il libro di tal Bell, uno studioso americano, pubblicato in Italia dalla Luiss, cioè da Confindustria, intitolato “Il modello cinese” per comprendere le regole di funzionamento del sistema che sono il contrario della dittatura. In Cina non c’è la democrazia occidentale, c’è un’altra forma di democrazia che è il potere del popolo. Come giudica l’esito del G7? Rientra nella normale guerra dell’egemonia. È singolare che il G7 parli dei diritti umani solo per la Cina e per esempio non si ponga il problema dell’Arabia Saudita. Il tema dei diritti umani viene agitato a seconda delle convenienze. Vede, la nostra idea occidentale di democrazia nasce nell’Atene di Pericle, si sviluppa attraverso la Magna Carta in Inghilterra e arriva alla dichiarazione dei diritti dell’uomo della rivoluzione francese e americana. Sono 2800 anni di storia. L’idea che una cultura più antica della nostra debba adattare il nostro modello è una sciocchezza, oltre che segno di una qualche prepotenza intellettuale occidentale. L’idea di una nuova Guerra Fredda sarebbe catastrofica per il mondo, oltre che autolesionistica per l’Europa dal punto di vista commerciale. Come la mettiamo sul discorso della trasparenza in relazione alla pandemia? Non sappiamo nulla né di come è nata né di come è stata combattuta. La mettiamo che, semplicemente, nessuno inizialmente sapeva cosa fosse quella malattia. Quando c’è stata la aviaria quindici anni fa, nessuno si pose il problema perché semplicemente la gente si muoveva di meno. E rimase lì. Anzi secondo me i cinesi si sono comportanti benissimo. Sono accuse strumentali. Diliberto, le manca la politica? No, per niente. Neanche un po’.

sabato 12 giugno 2021

Nuovi limiti di velocità e in strada arriva l’autovelox

La Provincia ha acquistato uno strumento mobile: ecco quali sono le strade in cui sarà utilizzato 11 GIUGNO 2021 MASSA. A partire dalla prossima settimana, quindi da lunedì 14 giugno, sulle strade provinciali della zona industriale dei comuni di Massa e Carrara, entra in funzione Speedvelox, uno strumento mobile di rilevazione della velocità che la Provincia di Massa-Carrara ha acquistato nelle scorse settimane per metterlo a disposizione del corpo di polizia provinciale allo scopo di rendere più efficiente e affidabile l’attività di controllo, accertamento ed eventuale contestazione delle violazioni in materia di circolazione stradale. Si tratta, come detto, di una postazione mobile allestita di volta in volta in una delle strade provinciali della zona industriale dalle pattuglie in servizio e appositamente segnalata, come previsto, da apposito cartello. Lungo le strade interessate, nei giorni scorsi sono state emesse da parte del settore tecnico dell’ente di Palazzo Ducale, ordinanze che regolamentano la circolazione istituendo limiti di velocità, segnalati, comunque, dai cartelli stradali come previsto dal codice della strada. Ecco i limiti di velocità istituiti. In via Massa Avenza, in entrambi i sensi di marcia, limite massimo di velocità di 30 chilometri orari tra via degli Oliveti e la rotatoria di accesso all’autostrada; limite di 60 invece tra la rotatoria e la via del Mare. In via Dorsale, in entrambi i sensi di marcia limite massimo di velocità di 40 chilometri orari tra l’ncrocio con via Marina Vecchia e via degli Oliveti); di 60 chilometri orari tra via degli Oliveti e via Massa Avenza ad eccezione degli incroci regolati da rotatorie con Via Passo Volpe (nei pressi del Cermec) e con via degli Oliveti, dove 100 metri prima è istituito un limite massimo di velocità di 30 chilometri orari. In via degli Oliveti, che a differenza delle precedenti strada interessa solo il comune di Massa, in entrambi i sensi di marcia limite massimo di velocità di 50 chilometri orari ad eccezione degli incroci con la statale Aurelia, via Catagnina, strada provinciale 43 della zona industriale e strada provinciale 3 Massa/Avenza, regolate da rotatorie, dove da 100 metri prima è istituito un limite massimo di velocità di 30 chilometri orari. Infine i limiti di velocità interessano anche la strada provinciale 4 di Antona (comune di Massa), in entrambi i sensi di marcia limite massimo di velocità di 50 chilometri orari lungo tutta la percorrenza, ad eccezione del tratto situato presso il piazzale rifugio città di Massa, dove per un tratto di 300 metri circa è istituito un limite massimo di velocità di 40 chilometri orari. Attenzione quindi a partire da lunedì ai nuovi limiti di velocità perché adesso si rischia anche una sanzione salata. —

venerdì 11 giugno 2021

Orwell in Cina è il capufficio. La dura vita dei dipendenti cinesi, sorvegliati h24

Alcuni suicidi tra i lavoratori hanno aperto un tiepido dibattito nel Paese in cui l'occhio del Grande Fratello entra dappertutto, anche alla toilette By Marco Lupis Orwell in Cina è il capufficio. La dura vita dei dipendenti cinesi, sorvegliati XINHUA NEWS AGENCY VIA GETTY IMAGES La società di e-commerce Pinduoduo è uno dei gioielli della tecnologia cinese. Basata a Shanghai, in soli cinque anni è cresciuta da zero a 788 milioni di utenti attivi annuali, superando JD.com e diventando la seconda società di e-commerce in Cina, con una valutazione di mercato di 175 miliardi di dollari, seconda solo ad Alibaba. Una crescita sbalorditiva, pagata però a carissimo prezzo, sul piano umano. Lo scorso dicembre, una giovane dell’azienda, 22 anni, è morta dopo essere svenuta mentre tornava a casa dal lavoro intorno all′1:30 di notte. Lavorava nel settore alimentare del gruppo, Duoduo Grocery, i cui servizi per la spesa di generi alimentari online erano cresciuti esponenzialmente, fino a comprendere 300 città cinesi e registrando un aumento incredibile del fatturato, malgrado le difficoltà legati alla pandemia. Due settimane dopo, Pinduoduo ha confermato che uno dei suoi ingegneri si era suicidato. Il giovane lavoratore, un neolaureato, ha controllato l’app di messaggistica dell’azienda un’ultima volta, prima di fare un salto nel vuoto, lanciandosi dalla finestra del suo ufficio. Pinduoduo ha rilasciato una breve dichiarazione, in cui affermava di essere “profondamente rattristata” dalla morte del dipendente di 22 anni, ma ha rifiutato qualsiasi altro commento. Lo stesso mese, un altro dipendente, che aveva pubblicato su un social network cinese la foto di un collega che veniva portato fuori dall’ufficio su una barella, è stato identificato e licenziato dall’azienda. In un video pubblicato su Weibo, il dipendente licenziato ha dichiarato: “Non so se l’azienda mi abbia identificato attraverso il monitoraggio del mio computer o tramite le informazioni fornite da Maimai”. Ma Maimai, equivalente cinese di LinkedIn, ha negato di aver fornito informazioni sugli utenti a un’organizzazione di terze parti. Dunque, resta solo la possibilità che il pc su cui lavorava il dipendente licenziato veniva costantemente monitorato. Una certezza, potremmo affermare senza tema di smentita, almeno secondo quanto ricostruito in un recentissimo studio della giapponese Nikkei Asia Research, che ha intervistato molti impiegati delle grandi imprese del settore tech cinese. Ne è venuto fuori un quadro a dir poco allarmante, da far impallidire George Orwell e il suo Grande Fratello, una quotidianità lavorativa fatta di videocamere di sorveglianza installate ovunque negli uffici, in funzione H24; software che registrano gli schermi dei computer degli impiegati e forniscono rapporti in tempo reale sul tempo che questi “sprecano” navigando su siti di svago o sui social, fino all’installazione negli uffici di toilette intelligenti che monitorano chi, quando, e persino quanto ne fa uso. L’anno scorso, una filiale cinese del produttore di fotocamere giapponese Canon, Canon Information Technology di Pechino, ha presentato un nuovo sistema di gestione dello spazio di lavoro che consente solo ai dipendenti sorridenti di entrare in ufficio e prenotare le sale conferenze. Utilizzando la cosiddetta tecnologia di “riconoscimento del sorriso”, Canon ha affermato che il sistema intendeva portare più allegria in ufficio nell’era post-pandemia. Questo software è attualmente in uso nella filiale di Pechino e viene commercializzato presso aziende di Singapore. Alcuni lavoratori hanno trovato invadente l’uso di questa tecnologia, denunciandola sui social cinesi: “Quindi ora le aziende non stanno solo manipolando il nostro tempo, ma anche le nostre emozioni”, ha scritto un dipendente su Weibo. Zhongduantong, una società di software con sede a Pechino, ha sviluppato un’applicazione mobile che richiede ai lavoratori di effettuare periodici check-in in luoghi determinati entro un determinato periodo di tempo, e caricare un’immagine dell’ambiente circostante come prova della loro effettiva presenza in quel luogo tramite l’app. Questo tipo di app di monitoraggio in tempo reale registra anche ogni movimento degli impiegati durante le pause e, per esempio, - secondo quanto riportato dall’Agenzia si Stampa cinese Xinhua - è costata una multa di 200 yuan a un responsabile delle vendite nella città settentrionale di Shenyang, “scoperto” a visitare un centro di fondi immobiliari per questioni personali … durante la pausa pranzo. Ma il tracciamento fornito da queste app è talmente preciso, che un dipendente nella provincia dello Shanxi è stato punito per aver navigato su Weibo per 10 minuti mentre se ne stavo seduto sulla tazza in un bagno aziendale, sempre secondo lo stesso articolo di Xinhua. L’utilizzo dei gabinetti da parte degli impiegati – ma non solo, come vedremo più avanti – sembra sia ormai diventata una vera ossessione per le aziende cinesi. L’anno scorso, l’operatore di una piattaforma video, Kuaishou Technology, ha denunciato online di avere scoperto che la società aveva installato un timer per il conto alla rovescia sopra ciascuna delle toilette del suo ufficio. Subito dopo la pubblicazione dei post da parte dell’impiegato, la società ha affermato che i timer erano stati installati a scopo di test ed erano stati subito rimossi. E Alibaba, da parte sua, ha sviluppato un sistema di servizi igienici intelligenti connesso a Internet in cui è installato un rilevatore a infrarossi per monitorare l’occupazione e l’odore di ogni cella del bagno. Gli sviluppatori hanno affermato che il sistema aumenterà l’efficienza di utilizzo dello spazio, poiché attiverà automaticamente le ventole di scarico e invierà richieste di pulizia agli addetti alle pulizie. Uno scenario allucinante, per noi occidentali, ma niente di nuovo, in verità, per chi conosca l’ossessione per la sorveglianza diffusa – e ormai, salvo rari casi, diffusamente accettata - in Cina. Tanto da poter applicare all’attuale regime cinese la ben poco tranquillizzante etichetta di “Dittatura della sorveglianza”. Sono numerosissimi ormai, infatti, i sistemi con i quali la Cina controlla ogni dettaglio e ogni istante della vita dei propri cittadini. Non ci sono luoghi vietati alle telecamere in Cina, compresi i bagni pubblici nei grandi magazzini e i centri massaggi… Così in alcune toilette di Pechino esistono telecamere che, basandosi sulla tecnologia di analisi delle espressioni facciali, limitano o aumentano la quantità di carta igienica fornita dall’apposito dispenser: anche lui controllato via software, ovviamente. Ma le recenti morti per suicidio sul posto di lavoro, hanno aperto, persino in Cina, un tiepido dibattito. Da qualche tempo, infatti, in Cina si verificano sempre più prese di posizione pubbliche, da parte di semplici cittadini, ma anche da alcuni influencer sui social e diversi studiosi, contro la cosiddetta “Cultura 996”. Un numero che significa “dalle 9:00 alle 21:00, sei giorni alla settimana”, ed è un acronimo che descrive il programma di lavoro allucinante che i lavoratori cinesi – specie quelli delle Big Tech - dovrebbero mantenere. Lo stesso Jack Ma, patron del colosso Alibaba, ha recentemente dichiarato: “Molte aziende e molte persone non hanno l’opportunità di lavorare 996”, ma se non lavori 996 quando sei giovane, quando potrai mai farlo? In questo mondo, tutti vogliono il successo, vogliono una bella vita, vogliono essere rispettati. Permettetemi di chiedere a tutti: se non dedicate al lavoro più tempo ed energie degli altri, come potete sperare di ottenere il successo che desiderate?” Qualcuno, anche in Cina, comincia però a chiedersi se questo sia il prezzo inevitabile da pagare perché l’economia cinese non interrompa la sua forte espansione, o piuttosto un sintomo di una cultura frenetica e disumanizzante ormai sfuggita di mano. Intanto, però, la stragrande maggioranza dei lavorati cinesi si sono ormai adeguati a una settimana lavorativa di 72 ore e niente tempo per la famiglia né per incontrare gli amici. Nessun hobby. Nemmeno il tempo per cucinare pasti adeguati. Una volta esclusi i tempi minimi per il sonno e il pendolarismo, non rimane loro praticamente neppure un minuto libero dal lavoro. Un lavoro peraltro – come abbiamo visto – controllato e monitorato con efficienza e frequenza più che allarmante. Per questo ormai sono in molti a chiedersi come mai – di fronte a questo quadro terribile – i suicidi sul posto di lavoro in Cina siano così “pochi”

lunedì 7 giugno 2021

Fatturazione elettronica: breve vocabolario per imprese e partite Iva

Dalla A di “autofattura” alla X di “Xml”, passando per “notifiche” e “split payment”: il mondo della e-fattura in venti parole Sempre più aziende e professionisti si affidano alla fatturazione elettronica. Il servizio ha molti vantaggi: è semplice, efficiente e permette di risparmiare costi e tempo. Ci sono però alcuni concetti essenziali da conoscere per sfruttare al meglio fatturazione elettronica? Ecco un breve vocabolario dei termini più comuni che si incontrano utilizzando il servizio. App: grazie alle applicazioni di fatturazione elettronica è possibile avere con sé in qualsiasi momento i propri documenti. È possibile creare, inviare, gestire, conservare e ricevere le fatture elettroniche in qualsiasi momento e su qualsiasi dispositivo. Le operazioni, senza trascurare la sicurezza, diventano così più rapide, semplificano il processo di contabilizzazione, condivisione e collaborazione tra aziende e commercialisti. Autofattura: è in tutto e per tutto una fattura, con la differenza che il destinatario coincide con l’emittente. È consentita in alcuni casi precisi, come l’autoconsumo, l’omaggio o per i passaggi interni tra attività Iva separate. B2B (business-to-business): letteralmente “da business a business”. Definisce il commercio nel quale i due soggetti della transazione sono entrambi aziende. B2C (business-to-consumer): dal business al consumatore. Include tutte le attività che, rivolgendosi direttamente al cliente finale, vendono articoli al dettaglio ed emettono scontrino fiscale. La fatturazione elettronica in questo caso non è obbligatoria, ma può essere effettuata su richiesta. B2G (business-to-government): descrive il rapporto tra aziende o professionisti con la Pubblica Amministrazione, che viene gestito attraverso la fattura elettronica PA. Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia delle Entrate, l’1% delle fatture trasmesse in Italia dal primo gennaio 2019 è stato dedicato a questo tipo di transazioni, per un totale di oltre 2 milioni di fatture elettroniche B2G. L’adozione della fatturazione elettronica ha ridotto notevolmente gli errori, grazie all’integrazione del servizio con i dati dell’Agenzia delle Entrate, che può segnalare inesattezze o anomalie. Cedente/prestatore: è il soggetto fornitore che emette la fattura, vale a dire il mittente della documentazione prodotta. Cessionario/committente: è il cliente, il soggetto destinatario della fattura. Cig: acronimo che sta per “codice identificativo di gara”. È composto da dieci caratteri alfanumerici ed è necessario per indicare in maniera univoca una gara d’appalto. Codice destinatario: è un codice composto da numeri e lettere, univoco e a sette cifre. Va indicato all’interno della fattura elettronica perché serve per consentire al Sistema di interscambio di identificare chi è il mittente e chi è il destinatario. Conservazione: il servizio di fatturazione elettronica permette di accedere da computer o smartphone allo storico delle transazioni conservate. Costituisce un fattore importante per amministrare le proprie operazioni e i file sono tutelati da un sistema sicuro e a norma di legge. L’eliminazione di carta, stampanti e spazi fisici per l’archiviazione dei dati ha inoltre dei vantaggi in termini di sostenibilità ambientale. Cup: acronimo che sta per “codice unico di progetto”. È composto da 15 caratteri alfanumerici e va utilizzato nelle fatture relative a opere pubbliche. E-fattura: è il termine con cui viene indicata la fatturazione elettronica, ovvero il processo di invio, ricezione e trasmissione di una fattura attraverso i canali telematici. Tutto inizia nel 2014, quando la fatturazione elettronica diventa obbligatoria verso ministeri, agenzie fiscali ed enti di previdenza. Nel 2019 sono state registrate 130 milioni di fatture, ricevute e inviate, solo attraverso i sistemi di Aruba. Fattura anticipata: è un tipo di fattura emesso prima di effettuare l’operazione. Tali fatture devono essere trasmesse entro 12 giorni dalla data di emissione, che è considerata come la data di effettuazione dell’operazione. Fattura immediata: è il tipo di fattura più utilizzato, in cui data di emissione e data della transazione coincidono. Possono essere emesse entro 12 giorni dall’operazione. Fattura differita: viene impiegata per riepilogare una serie di cessioni o prestazioni effettuate nell’arco di un mese con lo stesso committente o cliente. Va emessa entro il 15 del mese successivo all’operazione. Firma digitale: è l’equivalente informatico di una tradizionale firma autografa. Se la seconda viene scritta su carta, la prima viene apposta su documenti elettronici. Entrambe ottengono lo stesso risultato: la validazione legale del documento. Tra questi, per esempio, una fattura elettronica. La firma digitale è obbligatoria nelle fatture elettroniche emesse verso la pubblica amministrazione, mentre è facoltativa in quelle fra privati. Notifiche – Il sistema di interscambio invia notifiche in modo da poter seguire l’esito dell’invio. L’utente riceve una “Ricevuta di consegna” nel caso in cui la fattura elettronica sia stata recapitata con successo. La “Notifica di scarto” si riceve quando il file Xml non è corretto e necessita di un nuovo invio. Ricevere la “Notifica di mancata consegna” significa che la fattura è stata emessa ed è presente sul portale Fatture e Corrispettivi del cliente, ma non è stata consegnata attraverso il metodo scelto (Pec o Codice Destinatario). Sdi: Il Sistema di interscambio per fatture elettroniche è la piattaforma gestita dall’Agenzia delle Entrate e il canale attraverso il quale viaggiano l’emissione, la trasmissione e la ricezione della fattura elettronica. Il processo è diviso in tre fasi: emissione della fattura da parte del fornitore e trasmissione al Sdi, controllo della fattura da parte del Sdi, trasmissione della fattura al cliente. Grazie al SdI, i costi per la stampa e l’invio dei documenti cartacei sono azzerati. Split Payment: letteralmente “scissione dei pagamenti”. È un meccanismo che si applica a tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti della Pubblica Amministrazione, a qualsiasi livello (nazionale e locale). Ciò permette al cliente di pagare solo l’importo imponibile, mentre l’Iva viene versata direttamente all’erario per conto di colui che emette la fattura. Xml: è il formato informatico utilizzato per le fatture elettroniche. Chi pensa di poter utilizzare file doc e pdf si sbaglia. Per fatturare elettronicamente il file deve essere appunto in formato XML, che può essere creato o ottenuto attraverso specifici software, anche se alcuni servizi integrano direttamente questa funzionalità. POST PRECEDENTE Dieci domande (e risposte) sulla fatturazione elettronica Articoli correlati

domenica 6 giugno 2021

Nel trentennio dei forcaioli meglio Di Maio che almeno chiede scusa

POLITICA 05/06/2021 13:04 CEST Contro le schiere dei giustizialisti che dal ’92 menano la danza del linciaggio mediatico By Pierluigi Battista E adesso che facciamo, diamo tutta la colpa alle esagerazioni forcaiole del Di Maio pentito, della Taverna redenta, della Lezzi irriducibile? Davvero le schiere dei giustizialisti che dal ’92 menano la danza del linciaggio mediatico possono addossare tutte le colpe all’oltranzismo forsennato dei Cinque Stelle? Ah sì? E allora come si sono comportati con Antonio Bassolino, assolto diciannove volte su diciannove dopo essere stato messo, da innocente per diciannove volte, sulla graticola giudiziaria ed esibito come trofeo nella canea giustizialista che ha frantumato lo Stato di diritto nel corso dei decenni? E poi ci lamentiamo dell’ondata grillina che ha raccolto ciò che era stato seminato, sin dai tempi in cui non c’erano i social a scandire il linciaggio, ma quelli che adesso fanno finta di niente di inebriavano con gli ululati del famoso “popolo dei fax”, quelli che tiravano le monetine a Craxi e godevano per gli schiavettoni ai polsi di Carra, o per le retate notturne in cui incappò Ottaviano Del Turco, quando il giudice Trifuoggi, in una delle conferenze stampa spettacolo che dovrebbero essere vietato, diceva che c’erano montagne di prove “schiaccianti” della corruzione. e invece hanno chiesto un sacco di supplementi di indagine, perché quelle prove non c’erano e mai saranno trovate. Molte sono le colpe: dei magistrati che fanno quello che vogliono e sono promossi dopo aver imbastito gli orrori del Caso Tortora, dei giornalisti al laccio della pubblica accusa che scambiano la libertà di stampa con la produzione di fotocopie con i testi delle intercettazioni. Un giorno un redattore tutto trafelato entrò in riunione per dire trionfante che il politico Tizio era nel “registro degli indagati”. Nessuno disse “embè? Torna a casa e studia ”. No, tutti fecero la faccia compunta come se l’iscrizione nel registro degli indagati fosse una condanna. Senza nemmeno un “embè” abbiamo prodotto un mostro e oggi prendiamo in giro Di Maio invece di recarci in ginocchio sui ceci sotto casa di Calogero Mannino, anni di galera da innocente, ancora oggi nel mirino di magistrati che fanno paura, furibondi come sono con le sentenze di assoluzione che ne hanno smontato i teoremi. Hanno creduto, o hanno fatto di credere, a tutto. Hanno santificato come un eroe dei talk show Piercamillo Davigo, quello che sostiene che gli innocenti sono solo colpevoli che l’hanno fatta franca, insomma un nemico della libertà e dei più elementari principi dello Stato di diritto e della Costituzione che protegge la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva. Non hanno battuto ciglio quando un magistrato urlava “io quello lo sfascio” all’indirizzo di Berlusconi, investito da oltre cento indagini giudiziarie di cui solo una ha avuto come esito una sentenza di condanna. Hanno creduto, o hanno fatto finta di credere, alla bufala del bacio tra Riina e Andreotti, liquidato in giudizio come fatto che nemmeno sussiste. Hanno enfatizzato senza nessun filtro critico le accuse a Penati, assolto, Cota, assolto, Storace, assolto, Vasco Rossi, assolto, Clemente Mastella e Sandra Lonardo, assolti, a Raffaella Paita, assolta, a Nicola Cosentino, assolto, all’ex sindaco di Parma Vignali, assolto dopo che la sua vicenda ha dato il via alla saga grillina, a Maroni, assolto, a Graziano Cioni, assolto, a Salvatore Margiotta, assolto, a Fitto, assolto, a Beppe Sala, assolto, a Renato Schifani, assolto, a Ignazio Marino, assolto. Vogliamo continuare con l’elenco dei mostri sbattuti in prima pagina e poi assolti? Avete qualche ora di tempo, o vi accontentate di questi esempi? Ma i fatti, in questa fiera del linciaggio, non contano. Non conta l’abuso della carcerazione preventiva come strumento per estorcere confessioni. Non conta la richiesta di dimissioni per chiunque sia solo indagato, non conta il tintinnar di manette, non conta l’umiliazione della difesa, il suicidio di Gabriele Cagliari quando i magistrati praticamente buttarono la chiave della cella in modo ingiusto. Non contano le 30 mila persone che in 30 anni, mille all’anno, hanno sofferto un’ingiusta detenzione, senza che nessun magistrato abbia pagato per questo scempio del diritto e della vita di innocenti. Conta solo separare la propria responsabilità da quella di Di Maio e soci, che hanno nuotato nei veleni giustizialisti che gli altri, quelli che adesso fanno i santarellini neo-garantisti, hanno montato e diffuso. Non sono lontani da noi. Sono vicini, vicinissimi, sono i sepolcri imbiancati che nascondono la mano dopo aver scagliato le loro pietre. Meglio Di Maio, che almeno chiede scusa.

venerdì 4 giugno 2021

Semplificazioni, l'addio alla marca da bollo online vale solo un anno

di Alessandro Longo Nel testo del decreto Semplificazioni pubblicato in Gazzetta Ufficiale lunedì scorso si annida una sorpresa, rispetto alle ultime bozze. L’esenzione dal bollo e di altri costi per il cittadino, per chi ottiene i certificati online, vale solo per il 2021. Non solo: non si sa ancora come ottenerli 04 GIUGNO 2021 L'addio alla marca da bollo per i certificati digitali è a tempo. Nel testo del decreto Semplificazioni pubblicato in Gazzetta Ufficiale lunedì scorso si annida una sorpresa, rispetto alle ultime bozze. L'esenzione dal bollo e di altri costi per il cittadino, per chi ottiene i certificati online, vale solo per il 2021. Non solo: non si sa ancora come ottenerli questi certificati, nella modalità online. "Il decreto fa riferimento infatti al portale ANPR (Anagrafe nazionale popolazione residente), che però ad oggi ha solo tre servizi, nessuno dei quali richiede bolli", dice Patrizia Saggini, avvocata esperta di PA digitale. Il decreto stima in 22 milioni di euro i costi per lo Stato, per questa esenzione del bollo, "ma non è per nulla chiaro come abbiano potuto stimare questa cifra, date le circostanze", aggiunge Saggini. L'Anagrafe nazionale raccoglie le informazioni di 7523 comuni, pari al 94,4 per cento della popolazione italiana. Con i 5 milioni di italiani residenti all'estero (Aire), coinvolge oltre 57 milioni di residenti in Italia e sarà ultimata nel corso del 2021. Ad oggi la funzione principale di questa Anagrafe è di mettere insieme i dati dei Comuni semplificandone il lavoro e riducendone i costi. Ad aprile però il relativo portale è stato rinnovato nella veste grafica (anpr.interno.it), con l'obiettivo di offrire servizi direttamente al cittadino. C'è la possibilità di vedere i propri dati anagrafici, per capire se ci sono errori. A tal riguardo, dal 15 aprile c'è il servizio di rettifica che permette al cittadino di indicarli al Comune, ma per ora è attivo solo in alcuni (a Bari, Barletta, Bergamo, Lecco, Firenze, Milano, Prato e Torino), in via sperimentale. L'idea è che conviene correggere errori riguardanti i propri dati anagrafici per evitare possibili problemi burocratici. Per altri servizi, come appunto il download dei certificati digitali, non è chiaro quanto bisognerà aspettare. Da qualche mese circola a riguardo una bozza di decreto del ministero dell'Interno. Il Semplificazioni rinvia a futuri decreti del Dipartimento Innovazioni per gli sviluppi riguardanti l'ANPR. Intanto, la delusione sull'addio alla marca da bollo online serpeggia fra gli addetti ai lavori. "L'Italia è ormai un Paese che vive di annunci, promesse e proroghe, soprattutto in tema di trasformazione digitale", conferma l'avvocato Andrea Lisi, fondatore dell'associazione Anorc specializzata in documenti digitali. "Promettere e annunciare misure rivoluzionarie, come si è già visto, purtroppo non produce gli effetti che ormai si attendono da ben prima dell'emanazione del Codice dell'amministrazione digitale, ossia da quasi venti anni. Un esempio di questa tendenza lo abbiamo avuto anche con il nuovo Decreto Semplificazioni, dove è stato previsto che i certificati dell'anagrafe, che potranno essere scaricati direttamente dai cittadini tramite i servizi on line del portale ANPR, saranno esenti dall'imposta di bollo. La notizia, ovviamente, ha avuto grande eco su molte testate nazionali, peccato però che tale esenzione sia prevista solo limitatamente all'anno 2021. Insomma, in questo caso, la potremmo definire una rivoluzione digitale con data di scadenza", aggiunge Lisi.

giovedì 3 giugno 2021

Dal Csm alla separazione delle carriere: guida ai referendum di Lega e Radicali

Depositati 6 quesiti sulla giustizia. Si chiede anche di modificare la norma sulla responsabilità civile dei magistrati By Federica Olivo Uno striscione celeste con scritta blu - referendum giustizia - davanti al Palazzaccio nel giorno del deposito dei quesiti. Sono sei quelli messi a punto dall’insolita coppia Radicali-Lega. In mattinata sono stati portati alla corte di Cassazione e a luglio inizierà la raccolta di firme - ne servono 500mila - perché il referendum possa effettivamente svolgersi. Previo, naturalmente, via libera della della Suprema corte e della Corte costituzionale. La prima, attraverso l’ufficio centrale per il referendum, dovrà accertare che ci siano tutti i requisiti formali perché questo possa svolgersi. Pensiamo ad esempio al numero delle firme, alla loro autenticità. La seconda, invece, dovrà valutare l’ammissibilità dei quesiti. Accertando, quindi, che gli interrogativi che si vogliono proporre ai cittadini non siano contrari alle regole stabilite dalla Costituzione per il referendum. Solo a quel punto la consultazione potrà effettivamente svolgersi. L’iter insomma è lungo e non sempre arriva agli ultimi step. Quello del referendum proposto dai Radicali e da Salvini è solo al principio, ma l’iniziativa sta già facendo molto discutere. Con una parte del Pd che apre all’idea e un’altra parte che si oppone. Ricordando che ci sono già delle riforme, tre, in cantiere sulla giustizia. Nello specifico i progetti andrebbero a intervenire sul processo penale - da poco più di una settimana è stata presentata la relazione della commissione nominata da Marta Cartabia, sul processo civile - il governo ha già presentato un maxiemendamento - e sul Csm - oggi scade il termine per gli emendamenti, domani ci sarà un incontro tra la Guardasigilli e i capigruppo. Ma cosa prevedono i quesiti che già stanno facendo tanto discutere? Sono sei e abbracciano alcuni dei temi più spinosi e divisivi nel mondo della giustizia. Vediamoli uno a uno. 1 - Il primo quesito riguarda la responsabilità civile dei giudici. Quello della responsabilità delle toghe che, nell’emettere una sentenza o comunque nel corso del processo, creano un danno alla persona che subisce quell’iter processuale è un tema molto dibattuto. Ad oggi la legge prevede che la persona a cui è arrecato un danno possa rivalersi solo contro lo stato. Se la maggioranza dei votanti rispondesse “sì” a questo quesito il riferimento allo Stato andrebbe eliminato, chiamando direttamente in causa il magistrato che ha commesso questo errore. Con questa operazione si andrebbe ad allargare il raggio della responsabilità. È prevista, infatti, l’eliminazione della dicitura “limitatamente ai fatti che costituiscono reato”. Chi si oppone alla modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati sottolinea che previsioni diverse potrebbero mettere a rischio l’indipendenza del potere giudiziario e la serenità delle decisioni. C’è chi, invece, da tempo sostiene che la norma vada cambiata. Tra questi Enrico Costa, parlamentare prima di Forza Italia e ora di Azione, che ha fatto sapere che negli emendamenti presentati dalla sua formazione politica alla riforma del Csm c’è anche un intervento sul tema. Questo il testo: Volete Voi che sia abrogata la l. 13 aprile 1988, n. 117 (“Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati”), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 2, comma 1, limitatamente alle parole “contro lo Stato”; art. 4, comma 2, limitatamente alle parole “contro lo Stato”; art. 6, comma 1, limitatamente alle parole “non può essere chiamato in causa ma”; art. art. 13, rubrica, limitatamente alle parole “per fatti costituenti reato”; art. 16, comma 4, limitatamente alle parole “in sede di rivalsa”; comma 5, limitatamente alle parole “di rivalsa ai sensi dell’articolo 8”? 2 - Il secondo quesito riguarda un altro tema estremamente divisivo: quello della separazione delle carriere. Sono decenni che si dibatte sull’eventualità di dividere le strade della magistratura requirente - le procure - e della magistratura giudicante. E di impedire il passaggio - che ad oggi può avvenire al massimo quattro volte e non nello stesso distretto di corte d’appello - da pm a giudice e viceversa. Le toghe sono in linea di massima contrarie a questa eventualità perché lamentano il rischio che i pm possano essere sottoposti al potere politico. I fautori della separazione, invece, sostengono che dividere le strade di queste due figure, sarebbe utile. Perché spezzerebbe un legame, tra pm e magistratura giudicante che - in alcuni, immaginiamo rari, casi - potrebbe essere dannoso per gli imputati. Pensiamo, in astratto, al pm che accusa un indagato e ne chiede la custodia cautelare e al gip che deve esprimersi nel merito. Per i fautori della separazione delle carriere, fare in modo che tra queste due figure non ci sia un rapporto confidenziale renderebbe più sana tutta la macchina processuale. Un intervento interessante in questo senso è stato fatto di recente da Henry John Woodcock, noto pm che - a sorpresa - ha sposato la possibilità di separare le carriere perché, ha scritto in un editoriale sul Fatto quotidiano, renderebbe il sistema più trasparente. Il testo del secondo quesito è molto lungo, se ne riporta un estratto: Volete Voi che siano abrogati: il r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, di approvazione dell’“Ordinamento giudiziario” nel testo allegato al medesimo regio decreto e altresì risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della la magistratura”; la l. 4 gennaio 1963, n. 1 (....) nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il d. lgs 30 gennaio 2006, n. 26 (...) nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: Art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il d. lgs. 5 aprile 2006, n.160 (....), della legge 25 luglio 2005, n. 150) nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art. 13, relativamente alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti”; art. 13 comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non e` consentito all’interno dello stesso distretto, ne´ all’interno di altri distretti della stessa regione, ne´ con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. 3 - Il terzo quesito riguarda la custodia cautelare. Ci sono dei casi in cui il giudice può stabilire che l’indagato - o una persona condannata non in via definitiva - resti in carcere nel corso delle indagini, o prima che la sentenza a suo carico si cristallizzi. Ciò accade se si ritiene che ci sia un pericolo di fuga del soggetto, il rischio di reiterazione del reato o il pericolo di inquinamento prove. C’è però un problema: il numero di persone che sono in custodia cautelare. Troppe, secondo chi a questi temi è attento. In un’intervista ad Huffpost di qualche mese fa, il garante dei detenuti, Mauro Palma, aveva evidenziato come le persone messe in carcere in attesa della sentenza di primo grado fossero il 13/14% di tutta la popolazione detenuta. Una cifra consistente. Se il conteggio si estende a chi è istato condannato in primo grado ed è in attesa di un giudizio definitivo, il numero sale di molto. Arrivando addirittura a un terzo dei detenuti. Alcuni di loro si rivelano poi - a fine processo - innocenti. E si ‘scopre’ sono stati in carcere senza alcuna ragione. Solo nel 2020 lo Stato ha riconosciuto il diritto al risarcimento a ben 750 persone che erano state ingiustamente detenute. In trent’anni in questa situazione si sono trovate almeno 30mila persone. Sono cifre a ribasso, che escludono i soggetti a cui - per un cavillo normativo - il risarcimento non è stato riconosciuto. Il quesito proposto dai Radicali e dalla Lega ha l’obiettivo di ridurre i casi in cui può essere concessa la custodia cautelare. Ecco il testo: Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 22 settembre 1988 n. 447, “Approvazione del Codice di Procedura Penale” e successive modificazioni, limitatamente all’articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali é prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni.”’? 4 - Il quarto quesito va invece a incidere sulla cosiddetta Legge Severino. Si tratta del provvedimento, datato 2012, che vieta a chi è stato condannato in via definitiva per delitti non colposi di poter ricoprire incarichi di governo o di candidarsi alle elezioni. Si tratta della legge che comportò la decadenza da senatore per Silvio Berlusconi, dopo la sentenza Mediaset (ora al vaglio della Corte europea dei diritti dell’Uomo). L’ex premier poi è stato riabilitato ed ha potuto candidarsi al Parlamento europeo. Nel quesito referendario si propone l’abrogazione di questa legge, ecco il testo: Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, recante «Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190»? 5 - Il quinto quesito riguarda le elezioni del Consiglio superiore della magistratura. Nello specifico si chiede di abrogare la previsione delle liste (di almeno 25 toghe) a sostegno delle candidature di chi aspira a diventare consigliere del Csm. Una proposta che pare una diretta conseguenza dello scandalo Palamara e delle logiche di corrente che ha contribuito a svelare. Ecco il testo: Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (“Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura”), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, all’articolo 25, comma 3 limitatamente a “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta”? 6 - Il sesto e ultimo quesito riguarda i Consigli giudiziari. Sono degli organi, istituiti in ogni distretto di corte d’Appello, che hanno come compito principale quello di valutare l’operato dei singoli magistrati. Possono essere composti sia da avvocati che da magistrati, ma solo questi ultimi hanno il diritto di voto. I fautori del referendum propongono che anche ai membri “laici” sia concesso di votare. Sul tema c’è già stato dibattito nei giorni scorsi, quando anche il Pd ha aperto a una modifica di questo genere. Assolutamente contraria a tale eventualità l’Anm. In una recente intervista ad HuffPost il segretario generale, Salvatore Casciaro, ha spiegato il punto di vista del sindacato dei magistrati. Ma ecco il testo dell’ultimo quesito: Volete voi che sia abrogato l’art. 16 (Composizione dei consigli giudiziari in relazione alle competenze) del Decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 che reca “Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lett. c) della legge 25 luglio 2005 n. 150?

Green pass o tampone per viaggiare in Italia: quando servono?

LA GUIDA Per fare le vacanze in Italia se non si è vaccinati si deve fare il tampone? A cosa serve il green pass? Domande e risposte sugli spostamenti fra regioni di Redazione Online Green pass o tampone per viaggiare in Italia: quando servono?Ansashadow Per spostarsi in Italia durante le vacanze, occorre dotarsi di green pass? E per fare un weekend fuori porta, magari a breve distanza da casa? Con la stagione estiva ormai ufficialmente iniziata, molti italiani stanno programmando viaggi più o meno lunghi, gite, periodi di villeggiatura nel nostro Paese. E si chiedono se debbano avere il green pass per poter superare i confini della loro regione. Ma cosa dicono le regole attualmente in vigore? Green pass: cos’è e come ottenerlo Avere il “green pass” o il “covid pass” significa, essenzialmente, disporre di una certificazione che attesti una tra queste condizioni: a) che si è stati vaccinati (almeno 15 giorni dopo la prima dose) b) che si è guariti dal Covid c) che si è stati sottoposti a un tampone che ha dato esito negativo. Entro metà giugno — secondo quanto dichiarato da Draghi; il ministro per l’Innovazione Colao si era spinto al 1° luglio, quando entreranno in vigore le regole europee — sarà disponibile in formato elettronico, ora come ora è sufficiente produrre l’esito del tampone, un documento che attesti di essere guariti dal Covid o il certificato di avvenuta vaccinazione (valido solo se sono passati almeno 15 giorni dalla prima dose). Qui trovate tutte le informazioni nel dettaglio. Il pass elettronico, quando sarà disponibile, si potrà scaricare anche sulle applicazioni IO e Immuni (qui i dettagli). Dal 1 giugno, è necessario il “green pass” per partecipare ad attività come matrimoni, feste o banchetti (ad esempio, per festeggiare la Prima Comunione o la Cresima). L’obbligo vale anche in zona bianca o gialla. VIAGGIARE IN EUROPA E IN ITALIA: LE REGOLE PER IL COVID Cosa serve ai turisti italiani per viaggiare nei Paesi Ue Per entrare in Italia serve il Passenger locator form: come si compila Green pass o tampone per gli spostamenti tra regioni, in Italia: quando servono? Serve il green pass per andare in vacanza in Italia? Dal 26 aprile ci si può spostare liberamente tra regioni e province autonome che si trovano in zona gialla o bianca, senza dover esibire né un tampone negativo, né il certificato di vaccinazione, né il documento che attesti la guarigione dal Covid . Ora come ora, tutta Italia è bianca o gialla. Dunque ora come ora non è necessario avere un “green pass” per fare vacanze o gite fuori regione, a meno che non ci siano restrizioni aggiuntive stabilite dalle autorità locali della propria meta. Per andare in Sardegna si deve fare il tampone? I governatori o le autorità locali possono emettere ordinanze che introducono regole più restrittive rispetto a quelle nazionali. Dunque può capitare che alcuni territori richiedano il green pass pur essendo in zona bianca o gialla. È il caso, ad esempio, della Sardegna, che chiede ai viaggiatori in arrivo sull’isola di registrarsi a un sito (si chiama Sardegna Sicura ed è raggiungibile qui, in alternativa si può usare anche la app, disponibile per iOS e Android) e di dotarsi di green pass (e dunque di un tampone negativo effettuato meno di 48 ore prima della partenza, o, in alternativa, di un certificato che attesti di essere guariti dal Covid, oppure di aver ricevuto la prima dose di vaccino da almeno 15 giorni). Spostamenti in regioni arancione o rosse Se la situazione epidemiologica dovesse peggiorare in alcune regioni o province, il green pass potrebbe però diventare necessario anche per chi non intende lasciare l’Italia per le vacanze. Il decreto oggi in vigore stabilisce infatti che è necessario per spostarsi tra regioni arancioni o rosse per motivi legati al turismo. Se ci si sposta in una regione o provincia che si trova nelle due fasce di rischio più alte per motivi di salute, lavoro, necessità e urgenza, invece, è sufficiente l’autocertificazione. GREEN PASS: COME FUNZIONA, COME OTTENERLO, A COSA SERVE Guida al «green pass» per matrimoni e viaggi: tutto quello che c’è da sapere Green pass, così scaricheremo il certificato Eu Covid-19 su Immuni e sull’app IO Certificato vaccinale, come funziona il Covid pass europeo e come ci farà tornare a viaggiare Come viaggiare in Europa: ecco cosa serve nei vari Paesi a chi arriva dall’Italia E per i viaggi all’estero? Fino al varo del pass europeo (atteso dal 1 luglio, qui i dettagli) la certificazione è richiesta. Per andare in alcuni Stati serve anche il tampone e quindi bisogna informarsi prima di partire.

mercoledì 2 giugno 2021

Silenzio, parla Berlusconi

Il nuovo ilGiornale.it 2 Giugno 2021 - 08:25 Torna il Cavaliere: "Sto meglio e lavoro da casa. L'Italia riparte con il governo di unità che ho promosso. Ora tagliamo le tasse" Silenzio, parla Berlusconi Presidente Berlusconi, mai come oggi non è domanda di prammatica: come sta? Si sono lette notizie poco veritiere, ma la preoccupazione di tanti italiani è sincera... «Meglio. Per fortuna sto gradualmente migliorando, tanto è vero che posso darvi quest'intervista. I medici mi hanno finalmente autorizzato a riprendere un minimo di attività, pur senza ancora uscire di casa. La prima cosa che voglio dire a voi e a tutti gli italiani è un grazie dal profondo del cuore per l'attenzione e la partecipazione che ho avvertito intorno a me in questi mesi difficili. La solidarietà e l'affetto che mi sono stati espressi da tanti italiani mi hanno non soltanto commosso, ma mi hanno dato la forza di affrontare una sfida difficile: quella con le conseguenze e le complicanze di un male insidioso e tremendo, lo stesso che ha seminato tanti lutti e tanto dolore in Italia e nel mondo. Un grazie particolare lo devo poi ad Antonio Tajani e a tutti coloro che con lui stanno mandando avanti Forza Italia nel modo migliore, con lealtà e dedizione, consultandosi continuamente con me». Fra le sfide che le sono toccate, c'è stato appunto anche il Covid. Oggi sembra che il Paese stia uscendo dal tunnel. Si aspettava una sterzata così efficace nella lotta al virus? Merito del cambio al vertice, con il repulisti di contiani come Arcuri? «Non mi piace personalizzare le questioni. È l'effetto di un cambio di passo del quale sicuramente ha merito il governo di unità nazionale che io per primo ho chiesto e invocato e che senza di noi non si sarebbe mai potuto realizzare. Il Paese aveva bisogno di una soluzione di emergenza di fronte ad una crisi senza precedenti. La svolta c'è stata, sia sul piano sanitario e finalmente se ne vedono i primi effetti sia su quello economico, ma purtroppo la ripresa sarà lunga e difficile. Tuttavia finalmente possiamo vedere un po' di luce in fondo al tunnel». Draghi è stato molto lodato dai giornali stranieri. Come si evolveranno i rapporti fra Roma e Bruxelles? Sull'immigrazione non sembra che l'atteggiamento sia cambiato... «Certamente i buoni rapporti stabiliti da Draghi negli anni in Europa gli saranno d'aiuto. Vedete, i rapporti internazionali sono fatti anche di credibilità e di fiducia personale. È quello che io ho fatto per molti anni, cercando di stabilire i migliori rapporti possibili con un grande numero di leader europei e mondiali. Sono rapporti che durano anche oggi e che non ho esitato ad utilizzare per convincere le cancellerie europee ad assumere un atteggiamento generoso e solidale verso l'Italia quando si è trattato di decidere per esempio sul Recovery Plan, il più grande piano di aiuti al nostro Paese dai tempi del Piano Marshall. Sono convinto che anche in materia di immigrazione Draghi saprà usare il metodo Berlusconi: non contrapposizioni muscolari ma, al contrario, rapporti costruttivi sia con i leader europei che con i governi della sponda Sud del Mediterraneo. Facendo così noi eravamo riusciti a ridurre praticamente a zero il flusso di migranti clandestini dall'Africa nel 2010 e 2011». Rimanendo in tema di politica estera, la preoccupano certe posizioni filocinesi? «Sono due temi in parte collegati, che certamente mi preoccupano. La Cina sta ponendo in essere la più grave sfida globale all'Occidente, ai nostri valori, al nostro modello di civiltà. Lo fa in nome di un'ideologia comunista totalitaria che si sposa ad un espansionismo economico e commerciale dagli inevitabili risvolti politici. Rispondere alla sfida della Cina è il grande tema di tutto l'Occidente, come lo è stato opporsi all'Unione Sovietica nella seconda metà del XX secolo. È una sfida che possiamo vincere, proprio come abbiamo vinto la Guerra fredda, certo non con l'uso delle armi, ma rispondendo colpo su colpo sia sul piano dei valori sia dei diritti di libertà. In questo senso l'Europa può svolgere la sua parte solo se saprà darsi una vera politica estera e di difesa comune, come da molto tempo stiamo chiedendo. Questo significa dotarsi di un vero e unico strumento militare europeo, naturalmente nell'ambito dell'Alleanza Atlantica». La preoccupa anche il ritorno della sinistra anti-israeliana? «Sul tema la mia posizione è ben nota: il premier Netanyahu disse una volta e ne sono fiero che il nostro governo era stato il più amico di Israele nella storia della Repubblica. Israele e il mondo ebraico sono una parte essenziale della nostra identità di europei e di occidentali, lo Stato ebraico è un faro di libertà e di democrazia nel Medio Oriente, difendere Israele significa difendere i nostri stessi valori. Questo non significa ovviamente non coltivare le migliori relazioni con il mondo arabo, né rinunciare a lavorare perché il popolo palestinese possa vedere soddisfatti i suoi diritti e le sue aspirazioni. Gli accordi di Abramo raggiunti nei mesi scorsi fra Israele e molti Paesi del mondo musulmano sono una svolta storica che dimostra come la strada del conflitto in Medio Oriente non sia affatto scontata. Al contrario, esiste una prospettiva di pace fra gli uomini di buona volontà, sia ebrei che arabi. In Italia ci sono frange che non comprendono tutto questo. Non si rendono conto dell'importanza di difendere il nostro modello di civiltà, di società, di libertà. Ci sono sempre state, ma, fortunatamente, ritengo siano minoritarie». Se nel 1994 le avessero detto che un giorno avrebbe governato con gli eredi del Pci e dei dipietristi, non ci avrebbe creduto. Le fa effetto? «In effetti è un'anomalia, destinata a durare fino a quando l'emergenza non potrà dirsi davvero superata. Poi la politica tornerà a far emergere le naturali distinzioni. Mi auguro che quando si tornerà alle naturali distinzioni si potrà farlo con il rispetto reciproco doveroso in una democrazia matura». Finora Forza Italia nella maggioranza sta svolgendo un'opera di mediazione e moderazione, è soddisfatto di quando ottenuto finora dai suoi ministri? «Assolutamente sì, direi che sono fra i migliori del governo Draghi. La nostra capodelegazione Mariastella Gelmini e gli altri ministri e sottosegretari stanno lavorando con serietà, senza clamori ma con efficacia, per consolidare l'azione dell'esecutivo con le idee e i programmi di Forza Italia. Al tempo stesso, gestiscono con sicura competenza dicasteri decisivi per fare ripartire l'Italia. Per esempio quello del Mezzogiorno affidato a Mara Carfagna». Salvini ha detto che non si faranno le riforme di fisco e giustizia perché le distanze con la sinistra sono incolmabili. Cosa deve fare questo governo? «Salvini ha evidenziato una difficoltà che evidentemente esiste: se con la sinistra siamo avversari politici da trent'anni chiaramente ci sono delle questioni di fondo molto importanti che ci dividono. Però questo governo deve fare cose importanti anche in materia di giustizia e di fisco: senza, non si esce dalla crisi. E portare fuori il Paese dalla crisi è il grande compito di questo governo. E poi, senza queste riforme, non si prenderebbero neppure i miliardi del Recovery Plan». L'economia è la vera sfida dopo il virus. Pensa sia arrivato finalmente il tempo di abbattere burocrazia e assistenzialismo e sostituirli con più lavoro e un fisco che rimetta gli stipendi nelle tasche degli italiani? «La riforma burocratica è essenziale e il nostro Renato Brunetta se ne sta occupando con la bravura e la passione che tutti gli riconoscono. E la questione fiscale rimane il tema decisivo per il futuro del Paese». Forza Italia nacque proprio chiedendo «meno tasse per tutti»... «... e questo è il momento di rilanciare questa grande battaglia. Nei giorni scorsi abbiamo presentato un grande progetto di riforma fiscale, perché se l'Italia esce dall'emergenza sanitaria grazie ai vaccini, non esce dall'emergenza economica se non ripartono l'occupazione e i consumi e se le aziende non tornano a fare utili. Tutto questo non accadrà mai se il 60% della ricchezza prodotta viene incamerato dallo Stato con le tasse. Siamo consapevoli del fatto che con questo governo non potremo realizzare per intero la riforma fiscale che noi vorremmo, con la flat tax ad un'aliquota molto bassa. Però rilanceremo con forza la battaglia sulle tasse anche raccogliendo le firme nei gazebo in tutt'Italia per la nostra proposta di riforma fiscale». Ci può riassumere questa battaglia? «È una proposta che tiene conto delle condizioni di fattibilità immediata, nel quadro politico di oggi, non è il nostro obbiettivo finale. Parte dal presupposto che prima di pensare a come ridistribuire la ricchezza, bisogna crearla. Dunque dobbiamo lasciare più denaro possibile nelle tasche di cittadini e imprese. Per questo proponiamo una no tax area fino a 12.000 euro di reddito, una tassazione al 15% fino a 25.000 euro, al 23% fino a 65.000 e al 33% oltre i 65.000. In concreto, per fare degli esempi, chi guadagna 15.000 euro l'anno avrà a disposizione ogni mese 100 euro in più, chi ne guadagna 30.000 avrà ogni mese 235 euro in più, chi ne guadagna 45.000 avrà ogni mese 422 euro in più. Chiediamo inoltre un vero anno bianco fiscale, bloccando le cartelle esattoriali fino alla fine del 2021 e una chiusura realistica del contenzioso pregresso, senza svenare i cittadini in difficoltà. Infine rimangono nei nostri programmi l'abolizione totale dell'Irap e l'estensione della cedolare secca sugli immobili». Un progetto ambizioso. Pensa che sia realisticamente fattibile? «Noi siamo gli unici davvero credibili su questo tema. Nessuno dei nostri governi ha mai messo le mani in tasca agli italiani e solo con il nostro governo negli ultimi decenni la pressione fiscale complessiva è scesa sotto il 40%. In ogni caso, c'è un'altra proposta, che lega le mani ad ogni tentazione di spremere gli italiani con le tasse: un tetto massimo alla pressione fiscale, che chiediamo di inserire in Costituzione, così da non poterlo più cambiare». Intanto Letta insiste su patrimoniale e tassa sull'eredità e sostiene che voi siate difensori del privilegio. Davvero la classe media con una casa e un piccolo patrimonio frutto di anni di lavoro è privilegiata? «Tutt'altro. Una delle nostre riforme delle quali sono più orgoglioso è l'abolizione della tassa di successione. Fino a quando saremo al governo, nessuna patrimoniale e nessuna tassa sull'eredità potranno essere introdotte. Prima di tutto per una questione di giustizia: patrimoniale e tassa di successione significano tassare per la seconda volta lo stesso patrimonio sul quale le tasse sono già state pagate quando quel patrimonio si è formato. E poi per una questione economica: oggi le tasse dobbiamo diminuirle, non aumentarle. Oggi il problema dell'Italia è ripartire e come diceva Winston Churchill - una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico». Presidente, perché tante tensioni nel centrodestra alle comunali? È vero che nessuno vuole più fare il sindaco? «Non ci sono tensioni, c'è un paziente lavoro per individuare i candidati migliori. Non è una gara a chi arriva primo. È vero però che è difficile trovare candidati se li cerchiamo come li vogliamo noi: non mestieranti della politica, ma persone che con la loro storia personale abbiano dimostrato capacità di lavoro, serietà, concretezza, esperienza da mettere al servizio della collettività». Che ne pensa dell'operazione Brugnaro-Toti? «Mi ha rattristato, perché fa l'opposto di quello che sarebbe necessario: unire le forze per rilanciare una grande area liberale, cattolica, europeista, garantista, di governo del Paese. Questo è anche per il futuro il ruolo insostituibile di Forza Italia. Tutti i tentativi di frammentazione accaduti finora hanno avuto vita breve e nessuna prospettiva politica. Non capisco perché questa volta dovrebbe essere diverso. Per noi cambia poco, ma mi dispiace che alcuni amici parlamentari di Forza Italia si siano prestati ad una delle tante operazioni di palazzo, senza seguito nel Paese, che non li porterà da nessuna parte». Fratelli d'Italia all'opposizione sale nei sondaggi e può essere sia un problema sia una risorsa. Come vedrebbe la Meloni premier? C'è l'ipotesi di una federazione tra i partiti di centrodestra al governo? «Giorgia Meloni è una risorsa importante. In ogni caso il futuro premier, se il centrodestra governerà il Paese, lo sceglieranno come sempre gli elettori, decidendo a quale partito dare più voti. Rimane il fatto che un centrodestra plurale è essenziale. Noi siamo orgogliosi della nostra identità liberale, che ci rende diversi da tutti gli altri, e che vogliamo non solo preservare ma consolidare». Da liberale, che ne pensa del ddl Zan? «Da liberale, penso che sia un grave errore, perché non allarga la platea dei diritti e pone una grave questione di libertà. Io sono ovviamente per l'assoluta parità fra tutti i cittadini, che sono portatori di diritti in quanto persone. Ogni distinzione basata sugli stili di vita, sul sesso, sull'orientamento sessuale, sulle opinioni, sull'etnia di appartenenza, sulle convinzioni religiose, sulle disabilità, sulla classe sociale è assolutamente inaccettabile. Per questo le tutele devono riguardare tutti i cittadini, non determinate categorie in particolare. Ma le leggi a questo proposito esistono già e se non bastano possiamo aggravarle e inasprirle. La legge Zan non aggiunge nulla a questa tutela e porta invece con sé un grave rischio: quello di limitare la libertà di opinione. La difesa della famiglia tradizionale proposta come valore, o l'opposizione a pratiche come la maternità surrogata, potrebbero essere definite come atti di discriminazione e quindi diventare perseguibili. Come minimo, si lascia una discrezionalità interpretativa che sarà fonte di un contenzioso infinito e pericoloso. Per questo non la possiamo certamente votare. La nostra senatrice Ronzulli ha presentato un'altra proposta di legge, che affronta il tema della tutela dalle discriminazioni in uno spirito liberale. Quella è la strada da seguire». Che effetto le ha fatto sentire Michele Santoro dire che «la statura politica, le capacità umane e imprenditoriali di Berlusconi sono fuori discussione» e che «i magistrati hanno iniziato a scannarsi fra loro quando non potevano più prendersela con Berlusconi»? «Che posso dire? Invecchiando tutti diventano più saggi. E a Santoro non hanno mai fatto difetto né l'intelligenza, né la capacità giornalistica di individuare il punto delle questioni. Questo non toglie nulla alla distanza che ci separa, ovviamente». Deluso dalla mancata promozione in Serie A del suo Monza? Stadi senza pubblico e SuperLega: si riconosce ancora in questo calcio? «Direi, al contrario, che per una società neo promossa dalla serie C alla B, sfiorare la serie A già il primo anno è un risultato storico. Il Monza ha fatto bene e farà ancora meglio: il progetto serie A rimane l'obbiettivo della squadra e della società. È stato uno strano campionato, falsato dall'assenza di pubblico. Però voglio fare i complimenti all'Inter, da milanese, per il campionato vinto con un magnifico girone di ritorno e al mio Milan per essere ritornato finalmente in Champions. Per quanto riguarda i nostri competitori in serie B, mi congratulo con l'Empoli, la Salernitana e il Venezia. Quanto alla SuperLega, è un vecchio progetto, che in questo momento ha urtato la sensibilità di molti tifosi. Comunque la si pensi, non è attuale».