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domenica 6 giugno 2021

Nel trentennio dei forcaioli meglio Di Maio che almeno chiede scusa

POLITICA 05/06/2021 13:04 CEST Contro le schiere dei giustizialisti che dal ’92 menano la danza del linciaggio mediatico By Pierluigi Battista E adesso che facciamo, diamo tutta la colpa alle esagerazioni forcaiole del Di Maio pentito, della Taverna redenta, della Lezzi irriducibile? Davvero le schiere dei giustizialisti che dal ’92 menano la danza del linciaggio mediatico possono addossare tutte le colpe all’oltranzismo forsennato dei Cinque Stelle? Ah sì? E allora come si sono comportati con Antonio Bassolino, assolto diciannove volte su diciannove dopo essere stato messo, da innocente per diciannove volte, sulla graticola giudiziaria ed esibito come trofeo nella canea giustizialista che ha frantumato lo Stato di diritto nel corso dei decenni? E poi ci lamentiamo dell’ondata grillina che ha raccolto ciò che era stato seminato, sin dai tempi in cui non c’erano i social a scandire il linciaggio, ma quelli che adesso fanno finta di niente di inebriavano con gli ululati del famoso “popolo dei fax”, quelli che tiravano le monetine a Craxi e godevano per gli schiavettoni ai polsi di Carra, o per le retate notturne in cui incappò Ottaviano Del Turco, quando il giudice Trifuoggi, in una delle conferenze stampa spettacolo che dovrebbero essere vietato, diceva che c’erano montagne di prove “schiaccianti” della corruzione. e invece hanno chiesto un sacco di supplementi di indagine, perché quelle prove non c’erano e mai saranno trovate. Molte sono le colpe: dei magistrati che fanno quello che vogliono e sono promossi dopo aver imbastito gli orrori del Caso Tortora, dei giornalisti al laccio della pubblica accusa che scambiano la libertà di stampa con la produzione di fotocopie con i testi delle intercettazioni. Un giorno un redattore tutto trafelato entrò in riunione per dire trionfante che il politico Tizio era nel “registro degli indagati”. Nessuno disse “embè? Torna a casa e studia ”. No, tutti fecero la faccia compunta come se l’iscrizione nel registro degli indagati fosse una condanna. Senza nemmeno un “embè” abbiamo prodotto un mostro e oggi prendiamo in giro Di Maio invece di recarci in ginocchio sui ceci sotto casa di Calogero Mannino, anni di galera da innocente, ancora oggi nel mirino di magistrati che fanno paura, furibondi come sono con le sentenze di assoluzione che ne hanno smontato i teoremi. Hanno creduto, o hanno fatto di credere, a tutto. Hanno santificato come un eroe dei talk show Piercamillo Davigo, quello che sostiene che gli innocenti sono solo colpevoli che l’hanno fatta franca, insomma un nemico della libertà e dei più elementari principi dello Stato di diritto e della Costituzione che protegge la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva. Non hanno battuto ciglio quando un magistrato urlava “io quello lo sfascio” all’indirizzo di Berlusconi, investito da oltre cento indagini giudiziarie di cui solo una ha avuto come esito una sentenza di condanna. Hanno creduto, o hanno fatto finta di credere, alla bufala del bacio tra Riina e Andreotti, liquidato in giudizio come fatto che nemmeno sussiste. Hanno enfatizzato senza nessun filtro critico le accuse a Penati, assolto, Cota, assolto, Storace, assolto, Vasco Rossi, assolto, Clemente Mastella e Sandra Lonardo, assolti, a Raffaella Paita, assolta, a Nicola Cosentino, assolto, all’ex sindaco di Parma Vignali, assolto dopo che la sua vicenda ha dato il via alla saga grillina, a Maroni, assolto, a Graziano Cioni, assolto, a Salvatore Margiotta, assolto, a Fitto, assolto, a Beppe Sala, assolto, a Renato Schifani, assolto, a Ignazio Marino, assolto. Vogliamo continuare con l’elenco dei mostri sbattuti in prima pagina e poi assolti? Avete qualche ora di tempo, o vi accontentate di questi esempi? Ma i fatti, in questa fiera del linciaggio, non contano. Non conta l’abuso della carcerazione preventiva come strumento per estorcere confessioni. Non conta la richiesta di dimissioni per chiunque sia solo indagato, non conta il tintinnar di manette, non conta l’umiliazione della difesa, il suicidio di Gabriele Cagliari quando i magistrati praticamente buttarono la chiave della cella in modo ingiusto. Non contano le 30 mila persone che in 30 anni, mille all’anno, hanno sofferto un’ingiusta detenzione, senza che nessun magistrato abbia pagato per questo scempio del diritto e della vita di innocenti. Conta solo separare la propria responsabilità da quella di Di Maio e soci, che hanno nuotato nei veleni giustizialisti che gli altri, quelli che adesso fanno i santarellini neo-garantisti, hanno montato e diffuso. Non sono lontani da noi. Sono vicini, vicinissimi, sono i sepolcri imbiancati che nascondono la mano dopo aver scagliato le loro pietre. Meglio Di Maio, che almeno chiede scusa.

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