Pagine

venerdì 25 settembre 2020

La furbizia di Grillo che annuncia in codice la fine dei 5 Stelle

 IL BLOG

24/09/2020 16:39 CEST | Aggiornato 17 ore fa


ASSOCIATED PRESS

E se la cantilena di Grillo ascoltata già altre volte “Non credo assolutamente più in una forma di rappresentanza parlamentare ma nella democrazia diretta”, non fosse altro che un furbo codice populista per prendere atto della fine del Movimento 5 stelle? Io ne sono abbastanza convinto.

I pentastellati, creature di un brillante comico e di un geniale acchiappanuvole informatico, dopo aver toccato l’apice del successo con il boom parlamentare del 2018, si preparano a tornare là da dove sono nati in una informe palude carica di cenere e frattaglie.

Non nego la forza e la ragione del populismo nell’occidente europeo in cui la democrazia liberale non ha saputo dare le opportune risposte ai guai dei tempi nuovi, pur restando l’unico sistema politico-istituzionale garante della libertà individuale e della democrazia suscettibile di essere corretta per via pacifica. In Italia l’eruzione della Lega prima, e dei Cinquestelle poi, hanno significato proprio l’incapacità delle tradizioni politiche liberali, socialiste e cristiane di innovare se stesse per affrontare i veri problemi del Paese.

I pentastellati, tuttavia, non sono stati una forza nuova in grado di supplire quel che ha funzionato poco e male nei partiti tradizionali. Senza veli, dobbiamo dire che i grillini si sono dimostrati – e dimostrano – di essere una massa di aspiranti castali senza averne neppure il vecchio stile, e di chiacchieroni arruffapopolo alla testa di una massa di individui di buona volontà che non hanno avuto alcuna capacità di realizzare quel che pensavano prima del successo parlamentare.

Certo, oggi, il gruppo grillino è in Parlamento il maggiore e la democrazia elettorale va rispettata fino a prova contraria. Ma già nel Paese l’elettorato pentastellato non è altro che un frammento destinato ad assottigliarsi e dividersi sempre più, come le votazioni dimostrano. In verità, il M5S subisce la stessa parabola di tutti i movimenti di protesta che hanno dimostrato di non essere capaci di darsi un progetto, una visione e un obiettivo che non fossero parole in libertà.

La storia d’Italia e d’Europa insegna. Da noi Guglielmo Giannini, che pure era un gigante nella stagione dei CLN, è durato dalla Costituente al 1948. Achille Lauro ha avuto la sua breve stagione a Napoli e dintorni. L’extra-sinistra populista non è andata mai al di là degli spiccioli. Anche i pentastellati hanno avuto il quarto d’ora di successo in quel sud (perfino nel recente referendum) che di volta in volta ha plebiscitato l’Uomo qualunque, il laurismo, la DC clientelare, e il PCI populista. Anche in Francia la rivolta politica dei bottegai e i numeri del comico Colouche, sono durati poco più di una breve stagione. 

I pentastellati sono in prima linea da un quinquennio, e i disastri sono davanti agli occhi di tutti. Coloro che ipotizzano strategie per domani con e per gli sparsi residui grillini – intese, accordi, confluenze, patti programmatici a sinistra, terzismo, etc – in realtà prestano il loro wishful thinking anti-liberale all’armata brancaleone che nel frattempo gode dei pletorici gabinetti ministeriali con relativo corteo di auto blu mentre inquina con la retorica antipolitica.

Il destino politico del M5S è segnato. Il populismo resterà tra noi, e assumerà svariate forme, a destra, a sinistra e nella protesta. Il governo potrà andare avanti per ragioni comprensibili se non condivisibili; i più furbi si ricicleranno da qualche parte a destra o a sinistra; gli idealisti continueranno a credere al complotto come leva del mondo. Casaleggio cercherà di salvare la sua bottega, un caso di dipendenza della politica da un potere esterno commerciale. E Beppe Grillo seguiterà ad allietarci con la fine della democrazia rappresentativa puntando sulla lotteria anche per trovare l’idraulico che ripara i tubi di casa sua.

Nessun commento:

Posta un commento