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giovedì 28 dicembre 2017

L’Italia scelse lo Stato di diritto

COSTITUZIONE/ 1


Il 22 dicembre del 1947 Umberto Terracini proclamò l’approvazione della Costituzione italiana. I voti favorevoli, a scrutinio segreto, furono 453, i contrari 62. Era lunedì. Cinque giorni dopo, e cioè sabato 27 dicembre, appena passato Natale ( il terzo dopo la fine della guerra) la Costituzione fu promulgata dal capo provvisorio dello Stato, Enrico de Nicola. Esattamente 70 anni fa. 70 anni fa nacque la Costituzione L’Italia scelse lo Stato di Diritto
Poi la Costituzione entrò in vigore a partire dal giorno di Capodanno del 1948, anno terribile, di scontri asperrimi proprio tra le forze che erano state, insieme, protagoniste della scrittura della Costituzione. E cioè da una parte i democristiani e i liberali, che uscirono vincitori da quegli scontri, e dall’altra parte i comunisti e i socialisti, sconfitti severamente alle elezioni del 18 aprile, e poi colpiti ancora, in luglio, dall’attentato a Togliatti.
Enrico de Nicola era un avvocato napoletano, 70 anni, liberale, che aveva fatto politica prima del fascismo, aveva presieduto la Camera fino alle elezioni del 1924, e poi si era ritirato dalla politica rifiutando il seggio alla Camera. Umberto Terracini, 52 anni, genovese, anche lui avvocato, era uno dei fondatori del partito comunista ( insieme a Gramsci, Bordiga e Togliatti), era stato arrestato dai fascisti nel 1926 e tra carcere e confino aveva trascorso 17 anni. Terracini aveva assunto la Presidenza della Costituente nel gennaio del 1947, in seguito alle dimissioni di Giuseppe Saragat, che aveva rinunciato all’incarico per prendere la guida del partito socialdemocratico ( nato dalla scissione socialista). Terracini era un comunista dalle idee molto libere, era stato espulso dal Pci, negli anni trenta ( quando era al confino) per anti- stalinismo, ma poi era stato riammesso da Togliatti. Negli ultimi anni della sua vita, pur restando comunista, aveva preso la tessera del partito radicale. È poco conosciuta, oggi, la sua figura, ma è stato un personaggio interessantissimo e di gigantesca statura morale e intellettuale.
La Costituzione repubblicana è costituita da 139 articoli più le disposizioni transitorie. È divisa in tre parti. I principi generali, e cioè i primi 12 articoli, poi la prima parte ( fino all’articolo 54) che definisce i diritti e i doveri dei cittadini, e infine la seconda parte che stabilisce l’ordinamento dello Stato.
Il testo è frutto delle idee dell’antifascismo e del compromesso tra tre grandi componenti: quella liberale, quella cattolica, e quella socialcomunista. Molti articoli subiscono fortemente le idealità della sinistra, che talvolta coincidono e talvolta sono tollerate bene dalla componente cristiana, e accettate dai liberali che, nel 194647 avevano un peso ridotto rispetto alle sinistre e ai cristiani. Basta dare uno sguardo agli articoli sull’iniziativa privata e sulla proprietà privata e si intuisce subito il compromesso tra liberali e sinistre ma anche il peso culturale molto forte delle idee marxiste.
La Costituzione ha un elemento comune, che la tiene insieme, che ne è l’anima: l’idea del diritto e dei diritti come chiave di volta della politica, della lotta politica, della modernità. Lo stato di diritto, la fortissima affermazione dello Stato di diritto come idealità comune. Che tiene sullo sfondo la lotta di classe e le ideologie, che pure, in quegli anni, erano molto molto forti.
Quando si dice che la Costituzione è la più bella del mondo ( non saprei, francamente, se sia vero) ci si riferisce a tanti diversi aspetti della Costituzione. Il modo nel quale definisce il lavoro, l’aspirazione all’uguaglianza sociale, il disegno istituzionale. Negli ultimi tempi è stato considerato come tratto caratteristico della Costituzione persino il bicameralismo. Non si coglie invece, spesso, il suo aspetto d’insieme e la sua sostanza. E cioè la capacità di assemblare tutte le spinte – liberali, libertarie, cristiane, egualitarie – dentro una costruzione che mette sempre al primo posto i diritti e la realizzazione concreta della democrazia e dello sviluppo della libertà.
Non è vero che la Costituzione è il comune denominatore di tutta la politica italiana. Tutt’altro. Esistono forze e anche pezzi di istituzioni che non amano la Costituzione. O ne amano alcune parti, ma non l’insieme. Oggi, anzi, viviamo un contrasto fortissimo tra lo spirito pubblico ( diciamo: il senso comune largo e dominante) e la Costituzione. Il prevalere, nello spirito pubblico, di una forte tensione giustizialista, è in contrasto aperto e in guerra costante con la Costituzione. L’aspirazione allo Stato etico – che vive nei mass media, in alcuni partiti, in tutto il fronte populista, in pezzi larghi della magistratura è esattamente il contrario dello spirito della Costituzione. Che è nata proprio a questo scopo: cancellare l’aspirazione allo Stato etico che aveva caratterizzato il fascismo e il nazismo.
La Costituzione è intoccabile? Evidentemente no. Sicuramente è possibile modificarla, migliorarla. Sia per quel che riguarda l’assetto di governo, che forse è stato sempre il suo punto debole – perché nasceva in un clima nel quale il timore principale era quello di un governo forte, che potesse in qualche modo assomigliare al fascismo, o alla dittatura – sia per molte questioni che riguardano i rapporti tra poteri. Terracini, nel suo discorso di annuncio dell’approvazione della Costituzione, si soffermò proprio su questo punto: la distinzione tra poteri e la definizione dei loro compiti. Disse che al Parlamento toccava fare le leggi, al governo applicarle e alla magistratura controllarne l’applicazione. Possiamo dire che oggi questo principio sia realizzato? Non assistiamo, per esempio, a continue invasioni di campo della magistratura sul potere legislativo ed esecutivo? E certamente ci sono molti problemi che riguardano anche la giurisdizione, il rapporto tra avvocati e magistrati, dopo la riforma del codice di procedura, che ormai ha quasi trent’anni, e che in gran parte è inattuata. Avremo, il prossimo anno, tutto il tempo e lo spazio per discutere di questo.
Ma tutto ciò non vuol dire che la Costituzione non sia un pilastro, saldo e ben piantato della nostra civiltà. Che va difeso. E che va fatto conoscere, nelle sue regole e nei suoi principi. Un partito politico che nel suo programma scrivesse semplicemente: “attuazione della Costituzione e della carta dei diritti che sottintende”, sarebbe un partito davvero nuovo, moderno. Al momento, però, non ce n’è traccia.

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