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lunedì 6 settembre 2021

Il Cattolicesimo europeo sopravvivrà al 21esimo secolo?

RELIGIONI / Emanuel Pietrobon 6 SETTEMBRE 2021 Si dice che le religioni non muoiano mai veramente, ma che, una volta passate a miglior vita, si trasformino in mito. Un mito affascinante, che continuerà a stuzzicare la fantasia degli Uomini nei secoli a venire, ma nulla di più. E l’umanità, di religioni vivificanti relegate all’ambito della mitologia, e divenute il pasto di bambini, scrittori e sceneggiatori, ne ha viste parecchie: dall’atonismo egiziano al mitraismo, e dal paganesimo celtico al politeismo greco-romano. Le religioni, come ogni altro fenomeno umano, nascono, crescono, maturano e muoiono. Che siano rivelate e dogmatiche poco importa: sfioriscono con lo scorrere della sabbia nella clessidra – appassendo in un arco temporale che può durare dai decenni ai secoli –, accompagnando, di solito, la decadenza e/o la trasformazione radicale dei popoli, delle nazioni e delle civiltà che hanno dato loro i natali. Nel caso dell’Occidente, che a partire dalla Rivoluzione francese è entrato in un lento ma inesorabile processo di scristianizzazione, il destino del Cristianesimo, ed in particolare del Cattolicesimo, sembra essere segnato. Perché numeri e fatti sembrano suggerire che il tempo della Chiesa cattolica, l’Ultimo impero sopravvissuto alla fine del sistema europeo degli stati, stia per esaurirsi; perlomeno tra Vecchio Continente, Oceania e Americhe. Il tramonto della Chiesa in Occidente L’involuzione del Cattolicesimo da religione vivificante (e viva) a mito avvincente (ma morto) sta avendo luogo nonostante la sua intrinseca straordinarietà. Perché questa fede, che dopo la morte di Cristo avrebbe dapprima modellato le civiltà dell’Europa e dipoi assunto la forma di una religio mundi dall’impatto unico e inarrivabile – soltanto l’Islam ha esercitato un’influenza simile, sebbene di gran lunga inferiore, sulla storia dei popoli della Terra –, sembra aver perduto quelle capacità autorigenerative che, per quasi due millenni, le hanno permesso di rinascere dopo ogni tribolazione. Il messaggio evangelico prospera e si diffonde tra Africa e Asia, specie nelle terre al di sotto del Sahara e nella sinosfera, ma stagna in Oceania ed è in vistosa ritirata in Europa, quella realtà storico-geografica che più di ogni altra ha cullato, ossequiato e difeso il Verbo. E quando si scrive e si parla di ritirata del cattolicesimo dal Vecchio Continente il riferimento non è soltanto al calo dei fedeli, ma anche alla crisi della Chiesa come istituzione – crescentemente travolta da scandali, preda di un diminuendo di nuove reclute e afflitta dalla corruzione morale del proprio clero. I numeri della decattolicizzazione dell’Europa Lo stato di salute della Chiesa cattolica è precario da parte a parte del Vecchio Continente, che risulta diviso tra società avviate verso la scristianizzazione, come la Francia dei record cristofobici e la Gran Bretagna della riscrittura dei vocabolari, alcune saldamente incamminate verso un’età postcristiana, come l’Irlanda e il Portogallo, altre ai primordi di una turbolenta secolarizzazione, come la Polonia, e talune potenzialmente destinate all’islamizzazione, come Svezia e Germania. Numeri e fatti, relativi ai sopraccennati Paesi e ad altri ancora, possono essere utili ai fini della comprensione dell’attualità e del possibile futuro del tramontante cattolicesimo europeo: La frequenza alla messa domenicale è al di sotto del 10% nella stragrande maggioranza del Vecchio Continente, con gli ipogei registrati in Francia (3–4%) e Paesi Bassi (6%). La partecipazione alla messa domenicale varia a seconda dell’età, con la fascia 16–29 anni che, ovunque, risulta più orientata all’ateismo, all’appartenenza per cultura e al credere senza praticare rispetto alle precedenti generazioni. Le percentuali più basse si riscontrano in Belgio (2%), Ungheria (3%), Austria (3%), Lituania (5%) e Germania (6%). Il 60% dei giovani appartenenti alla fascia 16–29 anni di Spagna, Paesi Bassi e Belgio non frequenta mai la messa domenicale. Il numero dei preti in servizio è calato drasticamente in tutta Europa, complice la crisi delle vocazioni, con la prestazione peggiore – per dimensioni complessive – registrata in Francia. Qui, invero, i preti sono passati dai 49.100 del 1965 agli 11.350 del 2017. Ridimensionamento delle comunità di fedeli e carenza di clero stanno conducendo, ovunque, alla chiusura dei luoghi di culto, i quali, sulla base della rilevanza culturale rivestita e del patrimonio artistico contenuto, possono andare incontro a due destini: musealizzazione o adibizione ad uso profano. In Francia, uno dei Paesi più interessati dal fenomeno della riconversione dei luoghi di culto cattolici, ogni anno vengono riadattate ad uso commerciale e/o demolite tra le 40 e le 50 chiese. L’aumento dei crimini d’odio di stampo cristofobico fa da sfondo alla graduale scomparsa dei campanili dai paesaggi urbani dell’Europa. Sono stati 3mila in tutto il continente nel 2019, un terzo dei quali nella sola Francia (1.052). Un fato inevitabile? I numeri della scristianizzazione del Vecchio Continente descrivono una tendenza consolidata, che a partire dal Duemila è cresciuta di intensità e velocità, e contro la quale le chiese, fino ad oggi, non hanno trovato rimedio. Palliativi come la temporanea rinuncia ai cosiddetti “valori non negoziabili” nel nome del dialogo con le forze della modernità, come i partiti politici di ispirazione liberal-progressista, si sono rivelati controproducenti nel migliore dei casi e dannosi nel peggiore. Ugualmente disutili si sono dimostrate le campagne per la “nuova evangelizzazione”, rivolte ai giovani, lanciate nel dopo-guerra fredda sia dai cattolici sia dai protestanti. Non tutto è perduto, comunque. Perché la storia, che è maestra di vita, (ci) insegna che l’imprevedibile e l’inaspettato, spesso e volentieri, accadono più del pronosticato, più del dato per certo. E se la storia (ci) insegna qualcosa di particolarmente importante a proposito della Chiesa è questo: data per morta mille volte, è resuscitata mille e una. E la senile Europa, forse, compresa la centralità dell’identità nelle guerre egemoniche di questo secolo, un giorno potrebbe scegliere di tornare alle origini, di tornare al Cristianesimo. CHIESA CATTOLICA CATTOLICESIMO EUROPA Autore EMANUEL PIETROBON Content Revolution Francia, l’agonia del cristianesimo chiesa francia Il recente assassinio nella Vandea di un anziano prete, Olivier Maire, da parte di un cittadino ruandese già noto alle cronache e agli inquirenti per atti cristofobici – il rogo della cattedrale di Nantes – ha riacceso i riflettori sulla situazione drammatica che sta attraversando il Cristianesimo in Francia. Perché qui, nella fu figlia prediletta della Chiesa, era dai tempi della Rivoluzione che i cristiani non si sentivano così insicuri e minacciati, che non erano così bistrattati e aggrediti psicologicamente e fisicamente. Numeri alla mano, invero, la Francia è la prima nazione d’Europa per quantità di crimini d’odio di stampo cristofobico – essendo la sede di un terzo di tutti gli attacchi di questo genere che hanno annualmente luogo nel continente. Crimini, quelli che stanno accelerando e accompagnando la scristianizzazione della Francia, che vengono consumati da una variegata anonima dell’odio – composta principalmente da islamisti, anarchici, femministe, satanisti e neonazisti – i cui membri sono impegnati in una quotidiana battaglia contro la Croce a base di profanazioni, aggressioni, incendi e, talvolta, omicidi. Maire e gli altri Vandea, storico fortino del Cattolicesimo francese, 9 agosto 2021: la gendarmeria trova il corpo senza vita di Olivier Maire, un provinciale superiore appartenente alla Congregazione della Casa dei Frati Missionari Monfortani. Il religioso, sessant’anni, è stato ucciso. Parte la caccia all’uomo: gli investigatori desiderano risolvere il caso in tempi rapidi, perché la piccola comunità di Saint-Laurent-sur-Sèvre è sotto choc ed un pericolo assassino è a piede libero. La caccia, per la fortuna degli inquirenti, dura molto meno del previsto: un uomo si costituisce, si addossa la responsabilità dell’uccisione. Quell’uomo è Emmanuel Abayisenga, un rifugiato ruandese accolto nella comunità monfortana proprio da padre Maire e che negli ambienti investigativi d’Oltralpe è conosciuto in qualità di unico imputato per il rogo della cattedrale dei santi Pietro e Paolo di Nantes. Nonostante il presunto ruolo nell’incendio della cattedrale di Nantes, e la minaccia posta alla sicurezza pubblica – era stato costretto a seguire un trattamento psichiatrico –, Abayisenga era a piede libero. Aveva terminato le cure lo scorso mese, cioè a luglio, e avrebbe dovuto essere sorvegliato in conformità con un ordine di controllo giudiziario. Uscito dall’istituto, però, il rifugiato si era allontanato dalla lente degli investigatori e aveva trovato riparo presso la Casa dei Frati Missionari Monfortani, dove era entrato grazie all’aiuto di padre Maire. L’assassinio dell’anziano provinciale superiore, che ha riacceso i riflettori sulla situazione drammatica in cui versa il Cristianesimo in Francia, non è un caso isolato. Maire, invero, è soltanto l’ultima vittima di quell’anonima dell’odio che combatte quotidianamente contro tutto ciò che rappresenta e simboleggia il messaggio di Cristo, dal clero ai luoghi di culto e dai cimiteri alle croci. Perché prima di lui, lo scorso ottobre, un terrorista islamista uccise due fedeli e un sagrestano nella basilica di Nostra Signora di Nizza. E prima ancora di quel mini-attentato, il 26 luglio 2016, due soldati dello Stato Islamico sgozzarono padre Jacques Hamel nella piccola chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray. L’assalto alla Cristianità I numeri della guerra alla Cristianità mossa dall’anonima dell’odio – che, di nuovo, è estremamente variegata e multiforme, perché composta da attori molto diversi tra loro, come i satanisti e gli islamisti – sono magniloquenti, espressivi ed autoesplicativi. Sono numeri che parlano di una mattanza silenziosa, che avviene nell’indifferenza delle autorità e della stessa società – oramai ampiamente secolarizzata – e che, se dovesse proseguire al ritmo attuale, nel prossimo futuro potrebbe portare ad un significativo ridimensionamento del patrimonio cristiano di Francia. Numeri che hanno portato taluni a parlare di “cattolicesimo in fase terminale” e che sono i seguenti: Fra il 2008 e il 2019 gli attacchi di stampo cristofobico sono quadruplicati, aumentando costantemente e regolarmente su base annua. Nel 2019 hanno avuto luogo 1.052 attacchi cristofobici (1.063 secondo altre stime) – in entrambi i casi si tratta di una media di quasi 3 al giorno –, in aumento rispetto agli 877 dell’anno precedente. I numeri di cui sopra rendono la Francia la culla della cristofobia d’Europa, essendo la sede di un terzo di tutti gli attacchi di questo tipo che sono stati consumati nel continente nel 2019: 1.052 su circa 3.000. Il 40% delle profanazioni dei luoghi sacri del Cristianesimo, secondo un’indagine di Libération, sarebbe attribuibile a musulmani radicalizzati e/o terroristi islamisti. Il restante 60% delle profanazioni, invece, sarebbe opera di militanti di estrema sinistra (anarchici, femministe, attivisti omosessuali), neonazisti, satanisti e, in minor parte, persone con disturbi psichici. Ogni anno, secondo l’Osservatorio per il patrimonio religioso, almeno “una ventina” di chiese viene danneggiata o distrutta dalle fiamme dei roghi dolosi. Alcuni anni, però, quella media viene superata: nel 2018, ad esempio, le autorità hanno registrato 32 episodi di carbonizzazione intenzionale. Due terzi degli incendi che compromettono o causano il crollo delle chiese cattoliche sono di origine dolosa, ovvero appiccati da piromani, ma nella stragrande maggioranza dei casi restano impuniti, senza colpevole. Soltanto 15mila chiese su oltre 45mila godono di qualche forma di tutela e/o protezione statale – sorveglianza inclusa –, il che significa che due luoghi di culto cristiani su tre sono esposti ai rischi delle profanazioni, dei vandalismi e dei roghi. Una mattanza silenziosa Roghi di interi edifici, danneggiamenti di arredi, altari e pitture, profanazioni sacrileghe di luoghi come i cimiteri e, a volte, persino omicidi di chierici e fedeli; tanto lunga è la lista dei crimini in odium fidei compiuti dall’anonima anticristiana operante in Francia. Crimini che, il più delle volte, rimangono irrisolti. Crimini diffusi, molecolari e capillari, che non danno tregua né agli inquirenti né ai fedeli e che, non di rado, obbligano uomini di Stato e di Fede a prendere atto dell’antieconomicità di una manutenzione perenne e a convivere con la scelta più dolorosa: quella di lasciare croci, statue, monumenti, chiese e cimiteri al loro tragico destino, che, molto spesso, corrisponde ad una probabile distruzione o ad una certa dissacrazione. Un caso recente di istituzioni che hanno sventolato bandiera bianca, arrendendosi in maniera incondizionata all’anonima anticristiana, è costituito dalla questione delle croci di vette nei Pirenei orientali. Al termine di uno sciame inarrestabile di attacchi durato quattro anni – dal 2014 al 2019 – e manifestatosi nelle forme di furti, danneggiamenti e/o abbattimenti, il Consiglio Dipartimentale dei Pirenei orientali, nel settembre di due anni or sono, si arrese ai distruttori delle croci di vette, comunicando a residenti e alpinisti che avrebbe smesso sia di installarne di nuove sia di riparare quelle danneggiate. E in Francia, come nei Pirenei orientali, il Cristianesimo sembra essere giunto oramai al capolinea, prossimo a quell’estinzione violenta che sognavano e intravedevano i padrini del giacobinismo radicale all’epoca della Rivoluzione e dell’instaurazione del culto dell’Essere Supremo. Abbandonato a se stesso tanto dalla politica quanto dalla società, e testimone del concomitante declino delle chiese sorelle nel resto d’Europa, il Cattolicesimo francese va addentrandosi nell’oscurità di quella lunga notte alla quale, sembra, non farà seguito alcuna nuova alba.

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