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sabato 14 dicembre 2019

Il declino del «Lei», quando e come abbiamo iniziato a darci del «tu» Il caso della sardina Mattia Santori in tv. Approcci confidenziali anche in situazioni formali o sul luogo di lavoro. Il linguista: «Fenomeno storico, cambia l’idea del rispetto» di Elvira Serra


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Il declino del «Lei», quando e come abbiamo iniziato a darci del «tu»La sardina Mattia

Alla sardina Mattia Santori succede ogni volta che va in tivù: con buona pace di sua madre che se ne dispiace, gli danno sempre del tu. All’attore Gioele Dix succede quando va a comprare un paio di jeans: il capo di abbigliamento «giovane» autorizza le commesse e i commessi a trattarlo da «giovane»; sul tema ci ha imbastito un passaggio del monologo teatrale Vorrei essere figlio di un uomo felice. Al presidente francese Emmanuel Macron successe durante la cerimonia del 18 giugno dell’anno scorso, quando uno studente con un po’ di imprudenza gli chiese «ça va Manu?» e lui replicò fermo: «No, no, no, sei a una cerimonia ufficiale, mi devi chiamare signor presidente della Repubblica o signore».

Gioele Dix «si ribella» a teatro
La scomparsa del lei sembra ormai un lutto solo per la famiglia degli allocutivi (quei pronomi personali usati per rivolgersi a un’altra persona) e per pochi nostalgici delle buone maniere. Colpa forse dell’inglese, dove usa comunemente «you», «tu». Ma l’alibi anglofilo non convince Samuele Briatore, presidente dell’Accademia italiana galateo: «La lingua inglese rende la formalità con la costruzione della frase. Anche se usano il “tu”, la formulazione è rispettosa dei ruoli». Il linguista Marco Santagata, piuttosto, nel declino del lei ci vede qualcosa di più sostanziale: «Mi chiedo se non sia venuto meno il modo di rapportarsi con rispetto e dignità con gli altri». Appiattire il linguaggio significa appiattire le relazioni, ma le relazioni non sono tutte uguali, hanno intensità diverse. E su questo si fonda la «ribellione» di Gioele Dix: «Non rifiuto il tu per snobismo, che poi non ti fa nemmeno dispiacere quando ti dicono ciao. La tua illusione è che ti vedano giovane, ma non è così. Penso invece che i linguaggi debbano essere adeguati ai contesti, non puoi parlare allo stesso modo nello stesso luogo con tutti».

Le regole al lavoro
La lingua italiana, però, è fluida e pertanto destinata a cambiare. Combattere il tu talvolta può essere una battaglia inutile, ma vale la pena insistere in certe circostanze. «Sul posto di lavoro è da preferirsi il lei, sempre. Immaginate una lite tra colleghi: se fatta con il tu perde di valore, mentre il lei mantiene la giusta distanza che la rende definitiva», spiega Briatore. Anche in un negozio è da preferirsi il lei: «È una questione di rispetto. Del cliente, nei confronti del professionista che lo sta servendo. E del commesso, che in quel momento rappresenta anzitutto l’azienda per cui lavora».

La gerarchia del potere
Il punto dirimente, allora, è chi dà del tu a chi. Briatore insiste: «È grave quando c’è una relazione impari, e chi dà del tu lo fa stabilendo una gerarchia di potere. Piuttosto lo si chiede prima, possiamo darci del tu?». Ma Santagata è realista: «Il lei è venuto meno, assieme al congiuntivo. Questi sono fenomeni storici non governabili. È inutile stracciarsi le vesti per gli anglismi imperanti. Però forse la scuola può fare un’operazione di salvaguardia di alcuni atteggiamenti formali tra generazioni. Ormai i genitori non ci riescono più...».

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