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venerdì 10 maggio 2019

Lettera a un terrapiattista (di L. Maiani)


Lettera a un terrapiattista (di L. Maiani)



TRIFONOV_EVGENIY VIA GETTY IMAGES

(A cura di Luciano Maiani, ex direttore del Cern a Ginevra e del Cnr a Roma, professore di Fisica Teorica alla Sapienza di Roma, socio linceo)

ho letto una sua recente intervista su HuffPost a proposito delle ragioni che la spingono a sostenere che la Terra è piatta, una teoria molto in voga nelle civiltà antiche. In particolare mi hanno colpito alcune affermazioni a favore del terrapiattismo. Cito le principali.
Sono salito fino a 400 m di altezza e l’orizzonte non è cambiato; il viaggio di Magellano non prova nulla; non ci sono prove che si possa trasvolare l’Antartide, come capita per l’Artide; per convincermi che è rotonda, Guidoni (l’astronauta) mi dovrebbe portare sulla piattaforma spaziale e farmi vedere la Terra da lì.
Se capisco bene, nella visione terrapiattista, la Terra sarebbe un disco piatto con l’Artide al centro e le terre emerse tutte intorno, fino ad arrivare alla periferia del disco su cui si troverebbe l’Antartide. In questa visione, Magellano si sarebbe limitato a percorrere un cerchio intorno al Polo, tornando al punto di partenza senza provare che la Terra sia tonda. Devo dire però che la richiesta di essere portato sulla piattaforma spaziale per credere alla rotondità del nostro pianeta mi sembra francamente eccessiva.

Le scrivo questa lettera per sostenere come ci siano, di fatto da più di duemila anni, indicazioni decisive che la Terra sia con buona approssimazione una sfera. Indicazioni che si possono ottenere oggi senza l’uso di strumenti sofisticati, cosa che, secondo alcuni, potrebbe addirittura farci sospettare degli inganni contro di noi (come ad esempio le foto della Nasa dalla piattaforma spaziale che troviamo in rete).

Una delle prove elementari che ci hanno insegnato a scuola è il fatto che guardando un veliero che si approssima alla riva, si vedano le velature prima del corpo della nave il quale, quando la nave è lontana, è nascosto dalla curvatura
terrestre. Le do ragione quando sostiene che questa sia una prova difficile da verificare ai giorni nostri. Chi si metterebbe mai in riva al mare ad aspettare un veliero abbastanza alto da produrre il fenomeno? Vorremmo delle prove che siano, nel mondo di oggi, a portata di mano anche di un bambino che va, diciamo, alle scuole medie.

Ma partiamo dall’inizio. Bisogna subito ammettere che ”nel piccolo”, se ci limitiamo a muoverci su piccole distanze o a salire dal livello del mare per piccole altezze, le differenze tra una terra piatta e una terra sferica sono impercettibili. Le carte stradali riportano, in scala, i punti della terra su un foglio piatto. Un teorema di matematica ci assicura che le differenze tra le distanze sulle carte e le distanze sul terreno sono piccolissime anche se consideriamo la carta autostradale tra Roma e Milano. Lo stesso vale se ci arrampichiamo, per dire, sui Colli Euganei, ovvero per 400 m. Per delle formiche che si muovono intorno al loro nido non c’è materia del contendere: terrapiattismo e terrarotondismo sono due ottime approssimazioni della realtà. Per capire la differenza dobbiamo muoverci su distanze maggiori, nella direzione sud. Per un’esperienza diretta,
basta prendere un jet e andare in Brasile, un bel risparmio rispetto a un’escursione sulla piattaforma spaziale. 
La chiave sta nel modo in cui i raggi del sole illuminano la Terra. In una stanza con le finestre chiuse su cui batte il sole, vediamo i raggi del sole filtrare nella stanza dalle piccole fenditure delle persiane. I raggi (resi evidenti dal pulviscolo da essi illuminato) formano linee tra loro parallele, a differenza di quanto capita se le finestre sono illuminate da una sorgente di luce vicina, ad esempio da un lampione della strada. Il motivo sta nel fatto che il Sole, la sorgente fisica della luce del giorno, è molto, molto lontano dalla Terra. Questo fa sì che i raggi solari che arrivano sulla Terra, che sarebbero divergenti tra loro nel caso di una sorgente vicina, siano tra loro paralleli. 


I raggi del Sole che passano attraverso i varchi nelle nubi formano dei fasci paralleli.

Per cominciare, mettiamoci a Roma, in un giorno di primavera, alle dodici del mattino, cioè a mezzogiorno. Basta una bussola (anche quella dello smartphone)  er mostrarci che il Sole risplende da sud. Adesso spostiamoci a San Paolo del Brasile (ci sono stato qualche giorno fa) e ripetiamo l’osservazione alla stessa ora. Vedremo che il Sole sta a nord! Le assicuro che fa un certo effetto. La prima volta che mi è capitato è stato sempre in Brasile, in auto lungo la costa viaggiando verso sud. Avevo a sinistra l’Oceano (quindi l’est) e mi fece molta impressione notare che il Sole era alle mie spalle (a nord), invece che davanti a me (a sud) come succede in Italia viaggiando verso sud sulla costa dell’Adriatico. Naturalmente, se la Terra fosse piatta, i raggi del Sole, in un dato giorno dell’anno, illuminerebbero i punti della Terra provenendo tutti dalla stessa direzione. In un certo senso, questa è la definizione stessa di un oggetto piatto: in tutti i suoi punti deve vedere un fascio di raggi paralleli provenire dallo stesso angolo.

Il primo a fare una considerazione di questo genere (senza andare in Brasile) è stato Eratostene, direttore della biblioteca di Alessandria d’Egitto intorno al 200 a.C.. A Eratostene era stato riferito che nella città di Siene (oggi Assuan) a sud di Alessandria di circa 800 km, a mezzogiorno del solstizio d’estate il Sole era esattamente allo zenit. Questo perché, in quel giorno, il Sole arrivava a illuminare l’acqua nel fondo di un pozzo. Eratostene misurò che, nello stesso giorno e alla stessa ora, il Sole si trovava a circa 7 gradi verso sud, rispetto allo zenit di Alessandria. Quindi, le verticali di Alessandria e di Siene hanno tra loro un angolo di 7 gradi. 


Il calcolo di Eratostene della circonferenza della Terra

Questa differenza è la prova inequivocabile che la Terra non è piatta. La scoperta di Eratostene, assumendo che la Terra sia sferica, ci permette di calcolarne la circonferenza massima. Se la Terra è una sfera e i raggi del Sole sono paralleli tra loro, questo angolo è uguale all’angolo che fanno le rette che passano per Alessandria e per Siene partendo dal centro della Terra e la distanza tra Alessandria a Siene è un arco di circa 7 gradi della circonferenza della Terra. Eratostene fece misurare con cura la distanza tra Alessandria e
Siene e calcolò la circonferenza della Terra moltiplicando questa distanza per 360/7, che è il rapporto tra l’angolo giro (angolo di 360 gradi) e l’angolo tra le verticali delle due città, trovando una circonferenza di circa 40,000 km, molto
prossima alla circonferenza che siamo in grado di misurare oggi, con strumenti ben più sofisticati.

Al tempo della Rivoluzione Francese, l’argomento di Eratostene è stato applicato all’arco che va da Dunkerque a Barcellona dai geografi Mèchain e Delambre. Da allora, definiamo il metro come 1/40,000,000 volte la circonferenza della Terra.

Per tornare ad Eratostene, se da Siene continuiamo verso sud, in direzione opposta ad Alessandria, la direzione da cui provengono i raggi del Sole si sposta verso nord. Arrivando alla latitudine di San Paolo, poco sopra il Tropico del
Capricorno, basta una bussola per osservare che il Sole ci illumina dal nord.
Muovendoci in direzione est-ovest, le diverse inclinazioni dei raggi solari rispetto alla verticale nei diversi punti della Terra danno luogo ai fusi orari. Qui, basta un colpo di telefono a un vostro corrispondente in Messico o in Cina per scoprire che le deviazioni dal mezzogiorno in quei luoghi rispetto al mezzogiorno di Roma sono eclatanti. Lo stesso fenomeno lo vediamo ogni fine d’anno, quando la TV ci mostra in diretta le immagini della mezzanotte a Sidney, mentre da noi siamo ancora in pieno 31 Dicembre. Un viaggio transatlantico in jet, ci dà una visione globale dei fusi orari. Gli schermi della TV di bordo mostrano la situazione di illuminazione dei punti del globo, riportati su un piano. Se la Terra fosse piatta, l’ora solare, collegata all’angolo che fa il Sole con la verticale in quel luogo e in quel momento, sarebbe la stessa in tutte le località. Al contrario, la zona notte è una macchia regolare, che sale e scende andando da est verso ovest, in corrispondenza ai punti in cui il Sole è nascosto dalla curvatura terrestre, proprio come voleva Eratostene.



Distribuzione delle ore alla posizione dell’aereo indicata sullo schermo, ore 23:45 del 5/04/2019.

Incidentalmente, quando da noi è estate, la macchia della notte copre le zone antartiche e lascia illuminate le zone artiche, mentre fa il contrario durante il nostro inverno (come riferiscono i ricercatori italiani che lavorano nelle due basi del Cnr alle Svalbard e in Antartide). C’è una perfetta simmetria tra Polo Nord e Polo Sud e non ci sono ostacoli a trasvolare l’Antartide, come assicurano ricercatori, anche italiani, che lavorano nella base scientifica piazzata proprio al Polo Sud, cui si arriva volando sia da Punta Arenas che dall’Australia.
Ma quanto sono paralleli i raggi del Sole che arrivano sulla Terra? La questione è stata considerata da un altro scienziato greco, Aristarco di Samo, nel terzo secolo a.C..



Nella quadratura tra Terra, Luna e Sole, misuriamo l’angolo tra le direzioni Terra-Luna e Terra-Sole (87 gradi nella figura) eotteniamo la divergenza angolare tra i raggi che arrivano alla Terra e alla Luna nonch´e il rapporto tra le distanze Terra-Sole e Terra-Luna.

Aristarco notò che, quando siamo nella fase di mezzaluna, la Luna è illuminata dal Sole esattamente a 90 gradi rispetto alla congiungente Terra-Luna. Terra-Luna-Sole sono, come si dice, in quadratura e formano i vertici di un triangolo rettangolo, con l’angolo retto sulla Luna. Alla quadratura, possiamo misurare l’angolo tra le direzioni Terra-Sole e Terra-Luna. La deviazione da 90 gradi ci dà due informazioni: l’angolo tra i raggi che vanno dal Sole alla Luna e dal Sole alla Terra e, con il teorema di Pitagora, il rapporto tra le distanze Terra-Sole e Terra-Luna. La misura è difficile perché i raggi che ci arrivano dal Sole sono un poco distorti dal passaggio nell’atmosfera. Aristarco trovò un valore tra 18 e 20 per il rapporto tra le distanze Terra-Sole e Terra-Luna, che suggerisce un sistema eliocentrico (1800 anni prima di Copernico). Le misure moderne danno un rapporto di circa 400 e una divergenza tra i raggi dal Sole alla Luna e alla Terra di circa 0.14 gradi. L’angolo tra i raggi che arrivano dal Sole in punti diversi della Terra si ottiene moltiplicando 0.14 gradi per il rapporto tra la distanza tra loro dei due punti, diciamo qualche migliaio di chilometri, e la distanza Terra-Luna, che è certamente molto più grande. Quindi, confermando quello che mostra la
Fig. 1, l’angolo tra i raggi del Sole sulla Terra è molto inferiore a 0.1 grado e non può spiegare in alcun modo l’effetto scoperto da Eratostene, che quindi deve provenire, come abbiamo detto, da una reale differenza tra le direzioni in cui
puntano le verticali di Alessandria e di Siene.
In conclusione, caro Terrapiattista,
sarei molto contento se le considerazioni che ho esposto le facessero cambiare
idea. Ma non me ne voglia se le dico che non ci conto troppo. Non c’è cosa più resistente dei pregiudizi, soprattutto quando sono basati sul nulla. Spero invece che queste considerazioni possano essere riprese da qualche maestro di scuola che insegni ai suoi allievi come pensare con la propria testa ma anche come far tesoro delle osservazioni che ci informano sul mondo esterno e come accostarsi criticamente alle notizie spesso contraddittorie che ci arrivano dalla rete, come la sua intervista. Se questo avverrà, il fatto che ci siano persone che guardano al mondo come se fossero delle formiche che non si sono mai allontanate dal loro nido non farà troppi danni.

Un’appendice: Tolomeo, Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci.
Da Eratostene in poi, l’idea che la Terra sia sferica non è stata più messa in discussione nel mondo occidentale, soprattutto nel mondo dei geografi e degli scienziati. Intorno al 150 d.C., Claudio Tolomeo, in Alessandria d’Egitto, scrive un  rattato sulla geografia del mondo abitato, che chiama Oekoumene, riportando le diverse località in una ”carta del mondo”.




Il libro e la carta, diffusi in Europa nel XV secolo, hanno avuto un’influenza cruciale sulle scoperte geografiche. La Figura non deve trarre in inganno. Tolomeo sapeva che la Terra è sferica, la carta è, grosso modo, la proiezione
del globo su una carta che si avvolge intorno all’equatore. Per individuare le posizioni dei punti sul globo, Tolomeo introduce la latitudine (distanza angolare a partire dall’equatore, come facciamo ancora oggi) e la longitudine (distanza angolare da un meridiano centrale che Tolomeo rappresenta con il segmento verticale al centro della figura). I meridiani sono rappresentati con archi di cerchio distanzianti di 5 gradi e l’Oekoumene si estende da ovest ad est per 180 gradi, da Ultima Thule nell’Atlantico, forse le isole Azzorre, alla Cina orientale.
A partire dalla lunghezza dell’arco di circonferenza, Tolomeo è in grado di calcolare di quanto si estende il parallelo che congiunge Ultima Thule con la Cina, passando per la parte del globo non rappresentata nella carta. Tuttavia,
Tolomeo non usa la determinazione di Eratostene, ma una stima più tardiva, dovuta a Marino di Tiro, che dà una circonferenza inferiore di circa il 30%. La distanza da percorrere nell’Atlantico per arrivare alle Indie o alla Cina
risulta considerevolmente abbreviata.
Cristoforo Colombo, nel suo progetto di raggiungere le Indie viaggiando verso ovest, ovvero di ”buscare il levante per il ponente”, utilizza la stima di Tolomeo ed inoltre, sulla base del libro di Marco Polo, estende considerevolmente la Cina verso oriente, ottenendo la distanza da percorrere per raggiungere le Indie con le sue caravelle. La commissione di saggi cui la regina Isabella sottopose il progetto per un giudizio, dette opinione negativa non perché ritenesse che la Terra fosse piatta, ma perché considerò, giustamente, che la stima di Colombo fosse sbagliata per difetto e il progetto destinato a sicuro fallimento per l’impossibilità di superare, senza scali intermedi, un tratto di oceano così lungo come si poteva prevedere dalla circonferenza di Eratostene (più lungo che Atlantico e Pacifico messi insieme). Sappiamo come andò a finire. Colombo convinse la Regina Isabella a concedergli comunque tre caravelle, e approdò
in effetti ad una nuova terra al di là dell’Atlantico. Non è chiaro quanto Colombo fosse convinto delle stime teoriche da lui presentate ai saggi, o se le avesse adattate per tener conto degli indizi raccolti nella sua lunga esperienza di
navigazione nell’oceano, indizi sufficienti a supporre l’esistenza di una nuova terra ad ovest, raggiungibile con i mezzi a sua disposizione. Sta di fatto che al termine della traversata dell’Atlantico, nel 1492, Colombo era davvero convinto di essere arrivato alle Indie e indicò i nativi col nome di ”indiani”, un nome esteso più tardi, nella letteratura popolare, ai nativi del continente americano vero e proprio. Nei viaggi successivi alla scoperta, Colombo cercò senza successo un passaggio che dalle isole lo portasse al continente indiano vero e proprio. Negli anni successivi, Amerigo Vespucci, navigatore e geografo fiorentino compì quattro viaggi a sud della zona esplorata da Colombo e si rese conto di essere sulle coste di un un vero e proprio continente, un Nuovo Mondo tutto esplorare.
Nel 1507, il geografo Martin Waldseemueller su incarico del Duca di Lorena produsse una carta geografica del Nuovo Mondo in cui compariva, per la prima volta, il nome America, dato al nuovo continente per ricordare le osservazioni di Amerigo Vespucci. La mappa originale di Waldseemueller, ritrovata nel 1901 in Germania e acquistata nel 2001 dal governo degli Stati Uniti, è custodita nella Biblioteca del Congresso a Washington DC. Nel 2005 è stata dichiarata Memoria del mondo dall’Unesco


La carta creata dal geografo Martin Waldseem¨uller nel 1507 in cui compare per la prima volta il nome America

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