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venerdì 22 ottobre 2021

L’immunologo Signorelli: «Tornare a stringerci la mano? Troppo presto, cautela nei saluti»

L’immunologo Signorelli: «Tornare a stringerci la mano? Troppo presto, cautela nei saluti» di Margherita De Bac L’immunologo di Milano: «Serve prudenza, con baci e abbracci il virus contagia più facilmente». Immunità di gregge? «Siamo molto lontani» Troppo presto per ripristinare i saluti dei tempi normali? «Sì, non è ancora arrivato il momento, dobbiamo continuare a fare così». Carlo Signorelli, ordinario di igiene all’università Vita e Salute-San Raffaele, mostra i due gesti che ormai sono entrati nel nostro repertorio: il pugno chiuso con le nocche rivolte verso l’esterno, pronte a dare un lieve tocco. Il gomito alzato per sfiorare quello dell’altro. È d’accordo col presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro: non dimenticare il codice di comportamento stile pandemia? «Non si può fare altrimenti. In Italia la curva è in declino ma in Gran Bretagna, paese col quale abbiamo scambi intensi di persone, il numero dei contagi è preoccupante, circa 50 mila al giorno. In Russia la situazione è ancora peggiore, oltre 1000 morti in 24 ore, ma ne abbiamo poche notizie. In Belgio il ministro della sanità ha annunciato il pericolo della quarta ondata. Israele teme la quinta». Perché nel Regno Unito sta accadendo questo? «Gli inglesi sono stati i primi a vaccinarsi in Europa, prevalentemente nelle fasi iniziali col vaccino di AstraZeneca che ha una copertura inferiore a quella dei vaccini a mRNA, Pfizer e Moderna. Inoltre le misure di contenimento sono state revocate dalla scorsa estate». Noi invece possiamo evitare un nuovo rialzo di contagi in autunno-inverno, le stagioni dove si passa molto tempo al chiuso? «Certamente, abbiamo imboccato la strada giusta. Ora bisogna continuare a proteggere gli anziani, coinvolgendo quei pochi che non hanno ricevuto le due dosi e offrendo la terza dose a quanti fra hanno completato il primo ciclo e sono state indicate come categorie prioritarie per il rafforzo. Ma fondamentali restano i comportamenti individuali. Rispettarli non costa nulla e non compromette la normalità della vita sociale». Non cedere alla tentazione di stringere la mano? «Di per se il contatto tra le mani non è veicolo di trasmissione del virus. Il problema è che durante la giornata ci portiamo più volte le dita sul viso, negli occhi o vicino alla bocca. Se il virus ci fosse stato passato attraverso la stretta, potremmo contagiarci per via indiretta. Il rischio teorico c’é. Dopo ogni stretta di mano bisogna igienizzarle ambedue o lavarle con acqua e sapone per evitare sorprese». Baci sulla guancia e abbracci da rimandare? «Il rischio è maggiore rispetto a quello della stretta di mano in quanto in questo caso può avvenire un contagio diretto favorito dal passaggio di goccioline del respiro. Può esserci una trasmissione diretta». Baciarsi e abbracciarsi mantenendo la mascherina indossata? «No, è ugualmente lo stesso. La tendenza nella pratica è di togliersi la mascherina». Però una volta rientrati a casa le barriere cadono. «Ci sono ancora molti focolai domestici, contagi tra persone che abitano nella stessa casa. Dispiace dirlo ma dovremmo prestare attenzione anche in famiglia. Non l’abbiamo ancora scampata. Ci vuole cautela. Il virus circola e la quota dei non vaccinati lo portano in giro». Che cos’è l’immunità di gregge? «La definizione scientifica classica è la seguente: immunizzando una certa percentuale di popolazione, variabile da malattia a malattia, la circolazione del microrganismo viene annullata e quindi proteggiamo i non vaccinati». E la definizione applicata al Covid? «Nel Covid l’immunità oggi non si riesce a raggiungere per due motivi. Il primo: oggi non ci sono vaccini pediatrici autorizzati per under 12, quindi c’è una quota di popolazione che resta fuori. Secondo: i vaccini proteggono al 90% quindi anche tra gli immunizzati c’è chi prende l’infezione. I due elementi rendono immunità di gregge molto lontana ed è stato coniato il termine non scientifico di immunità di comunità: quando una larga fascia di popolazione è protetta, la ridotta circolazione virale evita le forme gravi a chi si ammala». CORRIERE DELLA SERA

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