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giovedì 27 novembre 2014

Matteo Salvini: il nuovo leader che a destra spopola e che la sinistra non capisce


“Io non ho niente contro gli stranieri che vengono in Italia per lavorare, ma i rom e le occupazioni sistematiche delle case sono un’altra cosa”, ammette il piccolo imprenditore di Palazzago, sempre quello di prima della cassa in deroga nel comparto tessile..“ Conosco tante persone che non sono leghiste che davanti a questi fenomeni perdono qualsiasi freno inibitore...”
Salvini in questo tipo di campagne va a nozze perché batte la periferia milanese da quando è ragazzino. Dieci anni fa, in era pre iPad, lo si incrociava nei talk show delle tv locali appuntarsi sul block notes i nomi delle persone che lo avevano cercato al telefono per segnalare rogne o problemi. State certi che li avrebbe richiamati. Ci sono intere schiere di vecchietti del quartiere Barona, Gratosoglio o Ponte Lambro che hanno in tasca il numero di Matteo Salvini...
Al massimo la novità di queste settimane può essere la nazionalizzazione della Lega, lo sbarco al sud, ma fino a prova contraria siamo al marketing politico. Alla tweetcrazia...

Assalto alle spoglie del Pdl
Difficile cancellare con un tratto di penna l’origine, il lessico e il radicamento nordista ultra ventennale del Carroccio. Nella stessa Emilia il risultato del Carroccio non è clamoroso in senso assoluto, aveva già sfondato sotto il Po. Alle Politiche 2008 aveva raccolto 217.831 voti e alle Regionali 2010 addirittura 288.601. Il risultato di domenica è però clamoroso perchè siamo in un ciclo elettorale dominato dall'astensione di massa: mentre l’affluenza in Emilia Romagna crollava dai 2.700.000 votanti delle Politiche 2013 (82,1%) ai 2.300.000 delle Europee di maggio (69,9%) fino a 1.200.000 di domenica (37,7%), il Carroccio in termini assoluti in un anno e mezzo torna a gonfiarsi dai 69.108 ai 233.439 voti di domenica, raddoppiandoli da maggio scorso (116.394). In sostanza l'Emilia rossa è stata a casa e quella berlusconiana e grillina in parte si è astenuta in parte ha votato Salvini. Segno che gli unici temi che hanno richiamato l'elettorato sono quelli anti euro e anti establishment. Solo un caso?
“Dopo gli scandali che hanno toccato la famiglia Bossi era difficile risollevarsi”, prosegue Biorcio. “Maroni aveva in mente una Lega alla Bavarese, acquartierata in Padania e alleata a Roma con Berlusconi sul modello Cdu/Csu. Ma quello schema non ha mai davvero funzionato precipitando al 4% nel voto del 2013. Salvini ha in testa un altra strategia fin dal congresso di Torino (dicembre 2013) 
quando invitò Marine Le Pen come ospite d’onore: una Lega partito di lotta e di malcontento non più contro Roma ladrona bensì quella che chiama la dittatura di Bruxelles.” Per fare sostanzialmente tre cose: “riagganciare l'elettorato perduto (specie in Veneto e Lombardia) finito tra le braccia di Beppe Grillo; lanciare l’Opa sul grande bacino del fu Pdl: artigiani, commercianti, lavoro autonomo e pensionati massacrati dai governi Monti-Letta-Renzi; allargare il consenso alla working class delle fabbriche e ai ceti popolari delle periferie sempre più a disagio 
nel farsi rappresentare dalla sinistra tradizionale.” 
Alcune elaborazioni che ci ha preparato Ipsos (autunno 2013-autunno 2014) dimostrano come la Lega stia crescendo proprio tra quei lavoratori autonomi (+7,9%) che non accettano di fare la stampella del Pd e avevano divorziato da Forza Italia dopo la finanziaria 2011 teleguidata da Bruxelles tutta tasse e balzelli. Stia crescendo tra dirigenti, imprenditori e professionisti (+3,4%) e tra gli impiegati (3,4%). Il voto in Emilia sembra confermare questo trend che ha molto a che fare con la persistenza della crisi, il faticoso cambio di pelle di un modello padano - l’impresa diffusa di piccola dimensione - con la globalizzazione finita sotto assedio, e l’esplosione di tanti focolai di disagio territoriale:
l’indotto in panne intorno all’aeroporto flop di Malpensa, la moria di imprese sulla via Emilia, il ridimensionamento del ciclo del bianco (lavatrici) tra il varesotto, la Brianza e la marca trevigiana, il comparto dell’automotive orfano di Fiat, le difficoltà del settore legno-arredo lombardoveneto, la catena dei gloriosi subfornitori meccanici del triangolo emiliano-veneto-lombardo che soffrono i ritardi di pagamento, il credit crunch e lo spostamento a est delle aziende tedesche.
Ci sono due immagini e una tabella che riassumono tutto questo. La prima immagine è l’estetica degradata dei grandi vialoni commerciali di ingresso nelle città del nord: Milano, Torino, Genova, Padova, Brescia, Verona.... Stradoni antropizzati fatti di cartelli divelti, parcheggi mal tenuti, aiuole piene di sterpaglie, erba incolta, cancelli arrugginiti, lavatrici abbandonate a bordo strada e vetrine sporche. Fateci caso, tutti voi li avrete visti: siamo nel cuore della ex Padania felix, sembra di attraversare la cintura urbana di Napoli... 
La seconda immagine è il deserto della nuova autostrada Brebemi: doveva sgravare di traffico e merci la mobilità esausta della Lombardia produttiva, ci passano le auto con il contagocce... 
La tabella invece è questa qui, dimostrazione impietosa di come la competitività del paese rispetto all’Europa in questi anni è crollata al sud come al nord...
Poi c’è il fronte di sinistra e qui c’è persino chi rispolvera “il Matteo” capofila della lista dei Comunisti padani ai tempi del Parlamento del nord. O chi ricorda il ragazzo capellone che frequentava il Leoncavallo.
“Io fascista o nazista? Io sono milanista. Non mi sento assolutamente di destra. Lavoro con la Fiom in Lombardia sulle crisi aziendali. 
Probabilmente sono più di sinistra io di Renzi...”, ha detto l’altra sera in una delle solite trasmissioni tv.
Di certo l’appoggio di Susanna Camusso e la Cgil al referendum per abolire la riforma Fornero e la fascinazione anti euro della sinistra Pd (Fassina e Cuperlo) portano acqua al mulino del Salvini popolare, interclassista, che si muove oltre gli steccati destra/sinistra. Anche qui, nessuna vera novità. Nel 1996 quando la Lega registrò il massimo storico il suo elettorato era diventato molto trasversale. Il Carroccio è tradizionalmente un partito fisarmonica e i suoi picchi coincidono con la capacità di intercettare anche il voto operaio (fatto cento la composizione del suo consenso, negli anni d’oro arrivò ad imbarcarne il 25%). Tessera Cgil in tasca e crocetta sull’Alberto da Giussano è un deja vù raccontato in tantissime inchieste e reportage degli scorsi anni...
Il problema è che dare una lettura giusta alla crisi è tremendamente complicato. In mancanza d’altro chi sa creare lessico come Salvini è già a metà dell’opera tanto più che il suo attivismo è più economico-sociale, meno anti casta o da rivolta etico-morale alla Grillo. Per questo oggi ha messo la freccia. Incrocia lo spirito dei tempi.
Internazionale populista
Soprattutto ha cambiato bersaglio, la caccia grossa leghista punta direttamente all’Europa. Salvini è convinto che agli occhi della Germania e di Bruxelles la “Padania” è diventata una marca di conquista, un territorio da espugnare, indebolendo le sue imprese, le sue banche, la sua capacità produttiva. Come se 150 anni dopo l’Unità d’Italia il nord fosse diventato a sua volta sud. Però dell’Europa...
Intellettualmente sono i pensieri di un Claudio Borghi Aquilini, economista dell’università Cattolica di Milano, scuola Gianfranco Miglio, responsabile economico del Carroccio, o di un Alberto Bagnai: 
“il suo libro su il Declino dell’euro mi ha aperto la mente...”, dice Salvini a Palazzago.
Idee, suggestioni su complotti a tavolino orditi contro i paesi mediterranei oppure anche solo paure di non farcela dentro la camicia di forza dell’euro, che circolano a dozzine nel dibattito pubblico, sdoganate a vario titolo da accademici come Giulio Sapelli, Giuseppe Guarino o Paolo Savona. Il ghetto sembra finito...
“La nostra è la rivoluzione del buon senso”, spiega Borghi. “Proponiamo cose convenzionalmente di destra come la flat tax e una forte opera di sburocratizzazione ma anche di sinistra come la difesa dei nostri salari dall'austerità europea e non ci scandalizziamo se servisse nazionalizzare aziende o banche italiane per evitare che cadano preda di gruppi stranieri o tedeschi che utilizzano i denari di banche sussidiate da miliardi e miliardi statali. Oggi - prosegue il responsabile economico della Lega - bisogna uscire dall’emergenza tutti insieme come paese. L’Indipendenza senza moneta e con le fabbriche chiuse non serve a nulla. Prima va ricostruito uno scenario pre euro: il nord che può svalutare la moneta e il sud mercato di sbocco un po' sussidiato. Poi dopo si lavorerà a ridurre le storture fiscali del nostro mezzogiorno...”
In questo incarnare lo spirito dei tempi Salvini è in buona compagnia. Nei quattro più grandi paesi europei (Germania, Regno Unito, Francia e Italia) sta avvenendo qualcosa di assimilabile, specie sul versante delle formazioni di centrodestra.
Il movimento ora in corso è innescato da partiti radicali (Ukip, Front National, Lega, AfD) che colgono un vasto mutamento dell’opinione pubblica e trovano impeto nel disagio sociale. In contemporanea con l’aumento dei consensi rivedono e precisano il proprio discorso: affermano una volontà di guida del proprio paese, che affianca e completa la rappresentazione della protesta, estendono il raggio dell’azione al di là degli originari recinti di pubblico, mostrano nei gruppi dirigenti figure contigue all’establishment (...) I partiti-sistema (Tory, Ump, Cdu, Forza Italia) patiscono per contro i guai derivanti dallo sbandamento della costruzione europea e dalla crisi che vi è connessa, scontano il favore riservato per anni all’idea dell’integrazione e il loro movimento consiste soprattutto nel ripiegare...”Antonio Pilati, Come si riorganizza la destra (Il Foglio, 6 novembre 2014)
In Italia, sbagliando, si tende a sottovalutare la potenza evocativa e l’efficacia elettorale di una battaglia anti euro e anti Germania, il vero propellente della strategia leghista, molto più della campagna sugli immigrati, l’apertura a Casa Pound, la violenza verbale... Essere convintamente europeisti non dovrebbe fare velo, invece è così...
Ancora Biorcio: “la percezione della politica e dell’economia negli ultimi mesi si è velocemente “nazionalizzata” 
perché la geografia è ormai sovrastata dalla geopolitica. Più del Nord oggi contano l’Ucraina, la Siria, Gaza, l’Isis, 
i migranti e la demografia che esplode. La nuova guerra fredda Washington-Mosca. Le nuove guerre di mercato con Pechino.” 
Così, i temi del dibattito politico, anche nel Nord (Italia), si globalizzano. Riguardano la Ue e l’immigrazione.
Putin, amico orso
Ciò che resta nell’ombra è invece la strumentalizzazione che si agita dietro neo populismi alla Salvini. Ad esempio la liaison con Vladimir Putin, che trova il tempo di incontrare il leader leghista in Italia e di riceverlo a Mosca, è meno folcloristica e più prosaica di come la vogliano dipingere giornali e tv o i tweet del segretario padano.

Dietro i pur legittimi elogi salviniani allo zar moscovita e alla politica dei separatisti filo russi in Ucraina, la battaglia contro le sanzioni occidentali, le preoccupazioni per i danni alle nostre imprese esportatrici, c’è l’interessatissimo sostegno russo a quei movimenti populisti che giocano a indebolire l’Unione europea e l’Occidente. Front national (Marine Le Pen è un’altra fan sfegatata di Putin) e Lega in primis. Gli incontri a Bruxelles tra esponenti di questi due partiti e gli osservatori di Russia Unita (il movimento del presidente russo) sono frequenti e confermati.
Proprio in questi giorni la formazione della Le Pen, sempre a corto di soldi, ha ricevuto un prestito di 9 milioni di euro 
da una piccola banca russa molto vicina al Cremlino. Sarà Lega il prossimo beneficiario?
In attesa di saperlo e di conoscere le future mosse del “capitano”, le alleanze alle Regionali di primavera (si vota in Veneto), la legge elettorale, lo sbarco al sud e il rapporto con Berlusconi, l’impressione è che questo neo partito populista di massa, che punta a svuotare il movimento di Grillo, un bel pezzo del vecchio Pdl berlusconiano e dare l’assalto al consenso renziano, non sia un fenomeno così passeggero.
“Gli italiani si stancheranno presto di Salvini come stanno facendo con Grillo”, 
dicono molti benpensanti. “E’ una bolla mediatica...”
Da Palazzago l’impressione che ne abbiamo ricavato è ben diversa. Evitiamo, vent'anni dopo il primo grande equivoco sui barbari alle porte e le ampolle del Dio Po, di demonizzare un’altra volta il Carroccio. Senza capirlo. E senza saperne prendere le contromisure...

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