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domenica 29 giugno 2025

Salute, le dieci regole per fronteggiare il caldo africano

Salute, le dieci regole per fronteggiare il caldo africano Decalogo per Affaritaliani.it per combattere il caldo africano e per salvaguardare la salute, in queste giornate di temperature africane, di Fabrizio Pregliasco, Direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università degli Studi di Milano. 1. Rivedere i farmaci con il medico Alcuni medicinali (come antipertensivi o diuretici) possono avere effetti amplificati col caldo: mai modificarli da soli, ma parlarne col medico curante. 2. Bere molta acqua L’idratazione è fondamentale: non aspettare di avere sete. L’acqua basta, senza bisogno di integratori se si segue una dieta equilibrata. 3. Seguire una dieta leggera e mediterranea Preferire frutta, verdura, legumi, cereali integrali e olio d’oliva. Evitare cibi grassi, fritti, e prodotti industriali. 4. Mangiare meno e più spesso In estate è utile consumare pasti leggeri, senza appesantirsi. Meglio alzarsi da tavola con un po’ di fame che con lo stomaco pieno. 5. Evitare alcol e bevande zuccherate L’alcol è vasodilatatore e disidrata. Anche le bibite zuccherate possono aumentare la sensazione di sete e il carico metabolico. 6. Utilizzare l’aria condizionata con criterio Mantenerla a circa 26–28 °C, non scendere sotto i 7–8 °C rispetto alla temperatura esterna per evitare shock termici. 7. Cercare ambienti climatizzati se non si ha l’aria condizionata Trascorrere parte della giornata in luoghi pubblici freschi: centri commerciali, biblioteche, musei o anche case di parenti. 8. Evitare l’attività fisica nelle ore più calde Allenarsi solo al mattino presto o in ambienti climatizzati. Le piscine possono essere un’alternativa valida e piacevole. 9. Esporsi al sole solo in orari sicuri Per favorire la produzione di vitamina D, prendere il sole brevemente al mattino o nel tardo pomeriggio, mai a mezzogiorno. 10. Indossare abiti leggeri e proteggersi dal sole Usare cappelli a tesa larga, occhiali da sole e abiti chiari e traspiranti. In casa, schermare le finestre nelle ore più calde.

mercoledì 25 giugno 2025

Il prete con la bandiera ha tradito la Chiesa

La stanza di Feltri Il prete con la bandiera ha tradito la Chiesa Mentre a Betlemme spariscono i cristiani, perseguitati da quelli che indossano proprio quella bandiera, qui in Italia un prete la ostenta sull'altare Vittorio Feltri 25 Giugno 2025 - 10:00 Gentile Direttore Feltri, a Sorrento un sacerdote ha celebrato la messa indossando sopra la tunica liturgica nientemeno che la bandiera palestinese. Le pare opportuno? A me no. Penso che un prete dovrebbe incarnare i valori cristiani, non quelli di Hamas. Rino Siano Caro Rino, non soltanto non è opportuno: è scandaloso, inaccettabile, una bestemmia in forma di gesto. Quel sacerdote non ha soltanto infangato la sacralità dell'altare e la purezza del rito. Ha fatto di peggio: ha trasformato la casa del Signore in una tribuna ideologica, piegando l'universalità del Vangelo al verbo parziale, tossico e bugiardo del politicamente corretto. In luogo del crocifisso, ha indossato la bandiera di chi, il crocifisso, lo vorrebbe spezzato. Un drappo che non rappresenta la pace, ma l'odio: odio contro Israele, contro l'Occidente, contro i cristiani stessi. Quel vessillo, com'è noto, è diventato simbolo militante di un'identità islamista radicale che nulla ha a che fare con la liberazione di un popolo e tutto ha a che fare con l'annientamento dell'altro. Di noi. Siamo alla follia: mentre sacerdoti e fedeli vengono massacrati in chiese e cattedrali in Africa, Pakistan, Siria, Nigeria, Egitto e altrove; mentre a Betlemme spariscono i cristiani, perseguitati da quelli che indossano proprio quella bandiera, qui in Italia un prete la ostenta sull'altare. Non per denunciare, ma per solidarizzare. Non per ammonire, ma per inginocchiarsi. Non per difendere la Croce, ma per calpestarla. Siamo arrivati al punto in cui pure una parte del clero cattolico ha smarrito la bussola: per paura di essere accusati di islamofobia o di sionismo, si piegano, si spogliano della propria fede e vestono i simboli del carnefice, spacciando per fratellanza ciò che è resa incondizionata. Questo non è solo conformismo: è tradimento. Tradimento della missione, della fede, dei martiri cristiani uccisi nel silenzio mondiale proprio da quelli che inneggiano ad Hamas, e che ora, persino nei templi cattolici, trovano sponde. A questo punto, più che una predica, serve un esorcismo collettivo. Perché quando il relativismo morale entra in chiesa con il permesso del parroco, è segno che Satana ha già preso posto tra i banchi. Mi auguro che il Papa ammesso che ne abbia la forza non taccia ancora una volta, e che almeno una voce autorevole della Chiesa abbia il coraggio di chiamare questo scempio con il suo nome: eresia travestita da umanitarismo. Perché la verità è una: quel prete non ha fatto un atto di pace, ma di resa. E quando i pastori si inginocchiano davanti ai lupi, i fedeli sono lasciati in balia delle zanne.

domenica 8 giugno 2025

Il test di intelligenza più veloce del mondo...

... (soltanto tre domande) compie vent'anni. Ed è ancora valido. Provatelo Compie vent'anni il test d'intelligenza più veloce del mondo, messo a punto nel 2005 dagli scienziati dell'MIT di Boston guidati dal professor Shane Frederick: si tratta non di un modo per misurare il quoziente intellettivo (QI), ma la nostra capacità di riflessione. Per farlo bastano tre domande. Non sono ovviamente domande qualsiasi: ognuna di loro nasconde un trabocchetto e per arrivare a quella giusta è necessario pensarci un po’ su. Da tempo il test spopola in rete, ma, per dare un'idea della difficoltà reale dietro la semplicità apparente, va detto che dei 3.000 partecipanti all’esperimento originale (soggetti di varia estrazione socio-culturale, fra i quali anche studenti di Yale e Harvard), pochissimi lo hanno passato: solo il 17 per cento. Se volete mettervi alla prova, ecco le tre domande. E in fondo le risposte. Il test di intelligenza più veloce del mondo (soltanto tre domande) compie vent'anni. Ed è ancora valido. Provatelo Inserisci qui la didascalia dell'immagine Prima domanda: la palla da baseball Prima domanda: una mazza e una palla da baseball costano in tutto 1,10 dollari. La mazza costa un dollaro più della palla. Quanto costa la palla? Seconda domanda: in fabbrica Se 5 macchine ci mettono 5 minuti a fabbricare 5 congegni, quanto tempo ci mettono 100 macchine a fabbricarne 100? Terza domanda: In un lago c’è una chiazza di ninfee che ogni giorno diventa il doppio del giorno prima. Se ci vogliono 48 giorni perché la macchia arrivi a occupare tutto il lago, quanto tempo ci vuole perché le ninfee occupino metà lago? Risposta alla prima domanda: la palla da baseball La risposta esatta è 5 cents. Il costo della palla infatti si ottiene togliendo dalla somma del prezzo della palla più quello della mazza (1,10 dollari) la differenza dei due prezzi e dividendo il risultato per due. Esattamente come fin dalla scuola media si impara a fare nei problemi su somma e differenza dei segmenti. Quindi il costo della palla è uguale a (1,10- 1): 2, cioè 0,05 dollari, ovvero 5 cents. Risposta alla seconda domanda: in fabbrica La risposta è: 5 minuti, perché se 5 macchine fanno 5 congegni in 5 minuti, vuol dire che ciascuna macchina impiega 5 minuti per fare un congegno. Risposta alla terza domanda: le ninfee 47 giorni, visto che la macchia impiega un solo giorno per raddoppiare di dimensione.

venerdì 6 giugno 2025

Frasi di Epitteto che ci insegnano a governare noi stessi e affrontare la vita con serenità

0 frasi di Epitteto che ci insegnano a governare noi stessi e affrontare la vita con serenità Epitteto ci insegna che la vera rivoluzione è interiore. Non serve cambiare il mondo per stare meglio: basta cambiare il nostro rapporto con il mondo. Il suo pensiero ci aiuta a costruire una vita più solida, fondata sulla responsabilità individuale, sull’accettazione e sulla lucidità. In un tempo come il nostro, in cui siamo spesso spinti dalla frenesia, dalla rabbia e dal desiderio di controllo, Epitteto ci invita a un ritorno alla sobrietà del pensiero e alla forza del cuore. 1. Non sono le cose in sé a turbare gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano su di esse. – Enchiridion, 5 Epitteto ci invita a riflettere sul potere della mente: il dolore non nasce dagli eventi, ma dal nostro modo di interpretarli. È un insegnamento che ancora oggi è alla base della psicologia cognitiva. 2. Ricorda che tu sei attore in un dramma, del quale il regista è la Natura. – Enchiridion, 17 Accettare il proprio ruolo nella vita è, per Epitteto, una forma di saggezza. Non possiamo scegliere tutto ciò che ci accade, ma possiamo scegliere come interpretarlo. 3. Chi vuole essere libero non deve desiderare ciò che dipende dagli altri. – Discorsi, II, 1 La vera libertà non è fare tutto ciò che si vuole, ma non essere schiavi del desiderio, soprattutto quando si tratta di approvazione sociale, successo o ricchezza. 4. Se qualcuno ti provoca, sappi che è la tua opinione a provocarti. – Enchiridion, 20 È un monito contro la reattività emotiva. Nessuno può farti arrabbiare senza il tuo consenso: è la tua valutazione dell’offesa a renderla tale. 5. Quando qualcosa accade, la prima cosa che devi dire è: ‘Era in mio potere o no? – Enchiridion, 1 È il cuore dello stoicismo: distinguere tra ciò che possiamo controllare (le nostre azioni, i nostri pensieri) e ciò che non possiamo (gli eventi esterni). Solo i primi meritano la nostra attenzione. 6. La felicità non consiste nel cercare il piacere, ma nella libertà dal dolore. – Discorsi, III, 13 Epitteto ribalta l’edonismo: non si vive bene cercando solo piaceri, ma evitando di essere dominati da sofferenze evitabili, spesso autoindotte. 7. Un uomo non è disturbato da ciò che accade, ma dal significato che attribuisce a ciò che accade. – Discorsi, I, 1 Simile alla prima frase, ribadisce l’idea che il nostro mondo interiore è più decisivo della realtà esterna. Sta a noi interpretare, e scegliere consapevolmente. 8. Abituati a dire subito: ‘Questo non dipende da me’. – Enchiridion, 14 È una formula semplice, quasi un mantra stoico, per liberarci dall’ansia e dal senso di controllo illusorio sulle cose del mondo. 9. Dove c’è la ragione, non c’è spazio per la collera. – Discorsi, II, 18 Epitteto contrappone razionalità e impulso. La rabbia nasce dalla confusione interiore: chi è centrato non cede al furore. 10. Vuoi essere invincibile? Allora non combattere battaglie che non puoi vincere. – Enchiridion, 19 Non è vigliaccheria, ma saggezza. Scegliere le proprie battaglie significa anche custodire le proprie energie. Non tutto va affrontato. Non tutto merita la nostra lotta.

Cos'è un algoritmo?

venerdì 6 giugno 2025 cos'è un algoritmo? Caro Aldo, nel suo "La fine del mito nella SiliconValley" lei cita più volte il concetto di algoritmo ("sono arrivati gli algoritmi o meglio è arrivato il potere dell'algoritmo" e "questo trionfo dell'algoritmo ha svilito completamente quello che noi un tempo chiamavamo il contenuto"). Però ci dobbiamo chiedere: cos'è un algoritmo? E anche: è un concetto recente? Tipico della intelligenza artificiale? Un algoritmo è un procedimento che consente di risolvere un problema. Pensiamo a due situazioni completamente diverse, ma con qualcosa in comune. Se dobbiamo eseguire una moltiplicazione tra due numeri con carta e penna, mettiamo in colonna i fattori ed eseguiamo una serie di calcoli, che ci portano alla esatta soluzione. Se dobbiamo fare gli spaghetti alla carbonara, apriamo il libro delle ricette, pesiamo gli spaghetti, facciamo rosolare il guanciale, etc. In entrambe le attività seguiamo una serie di istruzioni che ci permetteranno di fare quello che “volevamo fare”. Nel primo caso, seguiamo una serie di passi che ci sono stati insegnati ai tempi delle scuole elementari, nel secondo seguiamo le indicazioni della ricetta. Una volta che abbiamo l’elenco dei passi da seguire, siamo anche sicuri che arriveremo al risultato, indipendentemente dal numero di cifre dei due fattori, nel primo caso e indipendentemente dal numero di commensali nel secondo. Più rigorosamente, possiamo dire che un algoritmo per risolvere un problema prevede un elenco finito di istruzioni tali che: · tenendo conto dei dati iniziali, ad ogni passo sia sempre possibile stabilire senza ambiguità l’istruzione da applicare al passo successivo; · esista un criterio per stabilire quando il processo deve considerarsi terminato e il risultato, se esiste, sia stato ottenuto. La terminazione deve sempre essere raggiunta in un numero finito di passi. Un cordiale saluto. Roberto Baroncelli di Roberto Baroncelli La risposta a cura Aldo Grasso Questa è la descrizione tecnica. Grazie

lunedì 2 giugno 2025

Arriva il caldo estivo: come stare al fresco senza usare l'aria condizionata

Benessere Arriva il caldo estivo: come stare al fresco senza usare l'aria condizionata Ecco alcuni consigli per resistere al caldo anche in assenza di aria condizionata Erika Pomella 31 Maggio 2025 - 13:46 Nonostante siamo ancora alla fine di maggio e l'estate non dovrebbe farsi vedere prima di altri venti giorni, sono moltissime le città italiane che sono già sotto il giogo di un caldo torrido e afoso, che non lascia presagire temperature clementi per le settimane che ci si prospettano davanti. Proprio per cercare di resistere il più possibile al caldo sembra ormai imprescindibile possedere un condizionatore che, secondo uno studio dello Scientific Reports, diventerà uno strumento sempre più necessario. Secondo lo studio, infatti, entro il 2050 la temperatura del nostro pianeta aumenterà di altri 2-3 gradi, portando a un uso dell'aria condizionata che potrebbe raddoppiare o, addirittura, quadruplicare nei paesi più caldi. Naturalmente un maggior utilizzato dell'aria condizionata porterebbe a un maggiore uso di energia che, a sua volta, condurrebbe verso conseguenze climatiche che potrebbero peggiorare la situazione del pianeta. Un vero e proprio circolo vizioso, ma c'è un modo di resistere al caldo senza avere l'aria condizionata? A rispondere a questa domanda è Focus, che ha stilato una lista di "trucchi" per stare al fresco anche senza un impianto. I primi consigli sono anche i più ovvi: tenere le persiane chiuse e le tapparelle abbassate durante le ore più calde, per tenere fuori l'afa e godere di un'ombra aggiuntiva che, sui balconi, si può raggiungere anche attraverso l'uso di tende e/o di un ombrellone da tenere sempre aperto per creare una zona d'ombra costante, che permetta anche di stare all'aperto per un po', senza essere costretti a stare chiusi in casa nell'aria viziata. Per il balcone o nel caso abbiate anche un piccolo cortile, il consiglio è quello di fare rifornimento di piante, soprattutto quelle rampicanti, che possono attutire la presa del caldo. Un consiglio a cui spesso non pensa nessuno è quello di spegnere tutti gli elettrodomestici: anche se sono attaccati alla spina e non in funzione, producono comunque calore che va a riscaldare l'ambiente, facendo aumentare il senso di afa. Allo stesso modo è sconsigliato l'uso di phon o di luci molto intense. Le giornate sono calde e lunghe: i capelli si possono asciugare all'aria e la luce solare è presente fino a tarda sera. E per far sì che l'interno delle vostre case rimanga fresco, si consiglia di non farsi la doccia e di non fare il bucato nelle ore calde. Queste, infatti, sono attività che, per loro natura, generano umidità che si va ad aggiungere a quella già presente, facendo aumentare la sudorazione e la sensazione di essere in un ambiente torrido. Se avete delle tende, in casa, sarebbe utile usare tende bianche, che hanno il potere di riflettere i raggi solari e quindi "spingere" il caldo verso l'esterno. Rimangono poi sempre presenti i consigli che vengono ripetuti ogni anno anche dagli organi di stampa: evitare di stare all'aperto nelle ore più calde, bere moltissima acqua per reidratarsi e mangiare cibi freschi che non appesantiscano e che quindi non portino a una sensazione ancora maggiore di caldo. Se poi il caldo dovesse farsi torrido si può optare per un ventilatore a pale che consuma circa quindici volte in meno rispetto a un condizionatore, sebbene non abbia lo stesso potere di rinfrescare l'ambiente, ma può darvi comunque un gran sollievo, soprattutto se optate per quelli di ultima generazione, che vi permettono di impostare anche un timer per le ore in cui vi mettete a dormire.

Le cinque regole di Cicerone per fare un discorso perfetto

Letteratura Le cinque regole di Cicerone per fare un discorso perfetto Laura Suardi tiene lezioni molto seguite sulla retorica classica, che va bene perfino per chi parla solo in tv Serena Coppetti 2 Giugno 2025 - 05:00 E dire che Cicerone era partito pure svantaggiato. Gracile, cagionevole di salute, non aveva davvero il phisique du rôle dell'oratore. Non aveva neppure il carisma che invidiava a Giulio Cesare: se non avesse scelto la guerra e il potere, sarebbe stato lui il più grande oratore di Roma, commentava amaramente Cicerone che invece non ci dorme la notte per preparare i suoi discorsi e imparare a declamare. Persino impacciato (secondo Plutarco), si fa aiutare da due attori esperti come il comico Roscio ed Esopo, specializzato invece nel repertorio tragico, per diventare il maestro dell'ars oratoria. Cicerone, però, non smetterà mai di perfezionare la pratica con la tecnica e viceversa. Fino a costruire un metodo, rigoroso, fatto di 5 passi, che raccoglie nel De oratore. Laura Suardi, docente di latino e greco al liceo classico Parini di Milano, oltre che autrice di varie pubblicazioni sul mondo antico, lo ha ricostruito, unendo il mondo classico e quello contemporaneo per dimostrare come la retorica sia tutt'altro che morta. Il discorso perfetto. Parlare in pubblico con i classici (Laterza) è una sorta di manuale-viaggio nella retorica tra Aristotele, Cicerone, passando per Churchill, tornando a Pericle e Quintiliano per schizzare a Steve Jobs, Obama, senza dimenticare Lincoln o Martin Luther King. Il discorso perfetto? Quello che convince chi ascolta. Era così fin dai tempi di Omero. È così oggi. «Stiamo assistendo - racconta Laura Suardi - a una vera e propria oralità di ritorno. In un'epoca dominata da video, Ted talk e Tik Tok, gli youtuber e i podcaster sono oratori digitali che trovano in rete un pubblico interessato a ascoltare i loro contenuti». Il saper parlare torna ad essere quasi una necessità, senz'altro un vantaggio competitivo. Lo dimostrano i tanti moderni guru d'oltreoceano che spacciano per nuove le ricette di un anglicizzato public speaking. Ma le regole sono sempre lì, in quei 5 passi di Cicerone e in quello che parecchie centinaia di anni prima aveva già messo bene a fuoco Aristotele: «Le emozioni sono i fattori in base ai quali gli uomini, mutando opinione, giudicano diversamente». Va bene l'ethos, cioè essere credibili (nel libro è dettagliato anche il come diventarlo) e il logos (gli argomenti), ma il pathos è così importante che Aristotele ne fa una casistica minuziosa, una sorta di prontuario delle emozioni e quali sono più facili da accendere. A partire dall'ira, guarda caso la più semplice da far scattare. «Aristotele - continua Laura Suardi - avrebbe giudicato perfetto il celebre discorso di Steve Jobs a Stanford nel 2005, in cui motiva gli studenti. Stay hungry. Stay foolish. Empatico, scaletta precisa, racconta 3 storie, ed è breve. Solo 15 minuti, saluti e applausi compresi». Nel discorso perfetto, d'improvvisato non c'è niente. Disciplina prima che talento. Churchill dirà di aver consacrato i suoi anni migliori a preparare «discorsi improvvisati». «Le occasioni in cui è importante saper comunicare le proprie idee e comunicarle bene sono aumentate», racconta Laura Suardi anche un po' sorpresa dall'interesse che trova nei ragazzi riguardo al suo libro. Dal 2016, Suardi proprio al liceo Parini tiene un corso di retorica super gettonato: «Ho maturato l'idea che sia la materia che manca nelle scuole italiane». Interrogazioni tante, ma raramente si insegna come parlare. Che cosa è convincente? Cosa spinge gli uomini a giudicare in un senso o in altro? Il libro non è scritto per gli studiosi ma ha un intento pratico. Ecco quindi 5 passi che percorriamo con Laura Suardi come Cicerone. 1. Inventio. Trovare gli argomenti e le idee migliori a sostegno della tesi. All'inventio Cicerone dedicò il suo primo scritto sulla retorica, un monologo quando non aveva ancora 20 anni, il De inventione appunto. Ci torna sopra in età più matura, a 50 anni, nel De oratore dove a trattare l'argomento mette Marco Antonio, uno degli oratori più apprezzati della generazione precedente. Si inizia dallo studio «a fondo di ogni dettaglio», scrive Suardi. È qui che si buttano i primi semi dell'ethos, della credibilità che renderà convincenti. È possibile individuare un ethos di sicura efficacia? si chiede Suardi che risponde con le parole di Aristotele: «Crediamo di più e prima alle persone corrette» in tutte le sue sfumature dell'epieikès greco. «In sintesi se a trasmettere il messaggio è una persona equilibrata, corretta e interessata al bene di chi ascolta». Dove si trovano le idee per argomentare? Nei «luoghi» di Aristotele che distingue i «propri» dai «comuni» (da scansare). «Oggi abbiamo risorse che nell'antichità non c'erano», spiega la prof che suggerisce in questa fase anche di utilizzare l'intelligenza artificiale. Ovviamente «verificando le fonti, e stando attenti alle allucinazioni». 2. Dispositio. Disporre le idee nell'ordine che funziona meglio: bisogna aprire e chiudere con idee forti. «Deboli non ne vogliamo, ma se proprio ci sono vanno sistemate al centro». Fondamentale la scaletta, «invenzione antica nata con la retorica» scrive Suardi. L'incipit è fondamentale. Poi, mai fare i «gladiatori sanniti», troppe lance (argomenti) lanciati. Piuttosto seguire l'ordine nestoriano, così come il re di Pilo disponeva i suoi uomini per i combattimento nella guerra di Troia: i soldati più validi all'inizio e nelle retrovie. Così le idee. Se non si hanno «a disposizione un numero sufficiente di argomenti forti, per Cicerone, si può riprendere gli argomenti della prima parte sotto altra forma». 3. Elocutio. La parte più delicata: la scelta delle parole giuste. «La prima qualità è la chiarezza», scrive Suardi. Significa uso corretto dei connettivi «sobri», parole precise, lontane dal «terrore semantico» di Calvino, ma comprensibili. Usare le metafore. «Le metafore non sono una figura retorica per poeti ma gli effetti speciali del linguaggio», per Aristotele il «segno di un'intelligenza brillante». «Siamo venuti a Washington per incassare un assegno», esordisce nel discorso più famoso «I have a dream» Martin Luther King dove «i diritti si monetizzano e diventano più che visibili, tangibili e spendibili». Quindi, la sintassi che richiede ritmo, altrimenti «non può penetrare nel cuore» (Quintiliano, La formazione dell'oratore). Il periodo deve essere lungo tanto quanto il fiato riesce a reggere senza andare in debito di ossigeno (Cicerone). Con il 3 numero jolly, dal «Veni, vidi, vici» di Cesare, «a Tizio, Caio e Sempronio», efficace con una regola: ne decrescat oratio, avvisa Quintiliano, non vada a decrescere. 4. Memoria. E qui casca l'asino, cioè l'homo contemporaneo. «Restiamo un po' indietro - dice Laura Suardi - Per Cicerone o Quintiliano è un dato di fatto che il discorso vada imparato a memoria». Nel libro ci sono anche i metodi che ritenevano efficaci, come quello dei loci, peraltro sempre validi. «Oggi meglio avere parole chiave, con immagini evocative: aiuta il pubblico a seguire senza smarrirsi e chi parla a non perdere il filo del discorso». 5. Actio. Ultima, ma la più importante per Cicerone: interpretare il discorso con la voce, le mani, lo sguardo, la postura. E le indispensabili pause. «Tutti i grandi oratori ne fanno un punto di forza», spiega Suardi citandone una in particolare. Quella di Ulisse nell'Iliade, che motiva i guerrieri da nove anni sotto le mura di Troia mentre corrono verso le navi per tornare a casa. Il suo discorso per convincerli a restare, inizia con una lunga pausa. «È come se raccogliesse idee e energie, ma quando inizia le parole fioccano, l'aedo usa proprio queste definizione». Per l'actio ci vuole allenamento. Come Demostene, anche lui di fiato corto, che si esercita a declamare correndo, parlando di fronte al mare in tempesta, o tenendo dei sassolini in bocca. Prova e riprova i gesti davanti allo specchio, come faranno anche Churchill e Obama. Ma Demostene consapevole che il suo limite più grosso era l'agitarsi nel discorso, fa di più: «oltre a chiudersi in una specie di grotta con la testa rasata a metà per non avere la tentazione di uscire, provava i suoi discorsi davanti allo specchio tenendo una spada appesa al soffitto che cadeva sopra una spalla e lo pungeva quando si muoveva troppo».