sabato 23 agosto 2025
Epicuro
filosofia
Epicuro
desc img
Mauro Bonazzi
Filosofia - Epicuro, Bonazzi
Epicuro è un grande amante delle polemiche: ha attaccato ed è stato attaccato, con il risultato che molte delle sue idee sono state fraintese. Ma il suo messaggio è chiaro. La filosofia dovrebbe occuparsi dei problemi della nostra esistenza. Ed è perfettamente in grado di farlo, se solo si lasciano da parte i filosofi di professione, che con le loro astruserie complicano quello che è semplice, e ci impediscono di vivere una vita felice. I filosofi parlano di cose inutili e incomprensibili, quando invece è tutto semplice. Per capirlo basta chiarire tre punti, tutto il resto verrà da se: 1) che cosa è e come è fatta la realtà; 2) come posso conoscere questa realtà in modo certo; 3) e come vivere in questa realtà. Sembrano questioni complicate – di questo discutevano i filosofi da secoli; è tutto semplicissimo.
La realtà: cos'è e come «conoscerla»
Che cos’è la realtà? La realtà sono atomi e vuoto, sono atomi che si muovono nel vuoto. Epicuro è un atomista convinto, così come lo era stato Democrito. Ma in Democrito l’ipotesi atomista è ancora confusa, e non è chiaro cosa siano davvero questi atomi. Epicuro è invece netto: gli atomi sono corpi che cadono nel vuoto, che ogni tanto deviano (il famoso clinamen di cui parla Lucrezio), aggregandosi e separandosi. Tra Epicuro e Democrito c’è Platone, con la sua divisione metafisica tra il mondo sensibile (il mondo delle cose che vediamo e tocchiamo) e il mondo delle idee (ciò che è oggetto dei nostri pensieri). In Democrito questi due piani sono ancora confusi. In Epicuro c’è una presa di posizione netta: il fantomatico mondo delle idee di cui parla Platone non esiste; esiste solo quello che fa parte della nostra esperienza sensibile. La realtà sono corpi che si aggregano e disgregano. L’universo, infinito, è il risultato del gioco d’incontri e scontri degli atomi tra di loro, basta.
Se questa è la realtà, non sarà difficile conoscerla – e arriviamo così al secondo punto. Noi disponiamo di uno strumento formidabile per conoscere la realtà: i nostri sensi. Perché anche noi siamo fatti di atomi. Inutile dire che anche in questo caso Epicuro si sta scatenando contro Platone, che aveva negato ogni valore alle sensazioni. Di nuovo, Epicuro ha le sue ragioni. C’è qualcuno che ha intenzione negare l’attendibilità di quello che vede o tocca? Del resto, non ci sono solo le sensazioni. Le sensazioni sono come delle fotografie. Descrivono la realtà così come essa ci appare; a volte può capitare che sulla foto ci sia qualche incongruenza: ma continuando a fare esperienze si creano dentro di noi, nella nostra memoria, dei concetti più generali che ci aiutano a conoscere. (Epicuro sta qui difendendo una teoria empirista della conoscenza). Continuando ad osservare questi esseri pelosi che mi camminano davanti si forma dentro di me, in modo spontaneo, il concetto di gatto; e poi li chiamo Babette e Apollo. Per viverci insieme basta e avanza. Per muoversi senza inciampare nella vita di tutti i giorni basta affidarsi alle nostre esperienze.
Scopri tutte le Materie
desc img
Storia
desc img
Letteratura italiana
desc img
Scienze
desc img
Fisica
desc img
Matematica
desc img
Greco
desc img
Latino
desc img
Letterature straniere
La felicità consiste nel piacere; una vita felice è una vita dedicata al piacere
Perché a questo dovrebbe servire la filosofia, a vivere, anzi: a vivere bene. Eccoci al terzo punto, quello più importante; quello a proposito del quale le provocazioni di Epicuro raggiungono il culmine. La felicità consiste nel piacere; una vita felice è una vita dedicata al piacere.
Davvero? Che vita è una vita dedicata soltanto alla ricerca del piacere? Che avessero ragione i suoi avversarsi; che, alla fin fine, Epicuro sia solo un provocatore, senza nulla di serio da insegnare? Vediamo. Intanto si tratta di ricordarsi chi siamo: siamo corpi, no? E quindi il piacere non può essere così negativo, visto che è legato proprio alla dimensione del corpo esprimendone uno stato di benessere. L’edonismo (in greco piacere si dice hedone) di Epicuro è una diretta conseguenza del suo materialismo. Del resto, tutto sta a intendersi su cosa sia, davvero, il piacere.
La ricerca della felicità e i diversi tipi di bisogni
Per capirlo bisogna capire prima di tutto quali siano i nostri bisogni. Siamo esseri imperfetti e abbiamo quindi delle necessità. Ma non tutti questi bisogni sono ugualmente importanti, anzi. Epicuro introduce una tripartizione: 1) ci sono bisogni e desideri naturali e necessari, 2) bisogni e desideri naturali e non necessari, 3) bisogni e desideri non naturali e non necessari. Partiamo dagli ultimi: noi possiamo desiderare di essere ricchi, famosi o potenti, ma questi desideri non rispondono ad alcun bisogno reale, ad alcuna mancanza (dipendono da «opinioni vuote», scrive Epicuro): non sono naturali, insomma, e non è necessario soddisfarli. Non portano nulla. Anzi, ogni tentativo di realizzarli sarà causa di frustrazione continua perché non troveremo mai il piacere che speravamo di trovare nella loro realizzazione. Possiamo accumulare tutte le ricchezze o tutto il potere che vogliamo, ma non ce ne verrà nulla, solo la frustrazione di chi non trova quello che si aspettava. Diverso è il caso della fame o della sete: quelli sono bisogni reali – non possiamo certo stare bene se soffriamo i morsi della fame – e vanno soddisfatti: sono bisogni naturali. Ma c’è modo e modo per soddisfarli. Ho fame e magari voglio mangiare la bistecca da 1000 euro che si trova solo a Dubai; e non potendomela permettere mi intristisco. E perché, poi? Se il problema è non avere fame quale è la differenza tra questa bistecca e un panino nel bar sotto casa? Ecco la distinzione tra bisogni naturali e necessari (il panino) e bisogni naturali e non necessari (la bistecca da 1000 euro). Sembra una distinzione capziosa, ed è invece decisiva: perché ci aiuta a mettere le cose in prospettiva. Epicuro non vuole che rinunciamo a piacere più sofisticati (se mi invitano a mangiare la famosa bistecca, perché no?) ma vuole farci capire che stare bene è molto più facile di quanto pensiamo.
Il vero piacere non è, come probabilmente pensavamo, il godimento che proviamo durante il soddisfacimento di un bisogno (ad es. mentre mangiamo). Il vero piacere è quello stato di benessere che proviamo quando ci siamo finalmente liberati dai bisogni (ad es. dai morsi della fame). Il vero piacere è lo stato di benessere che si dà quando non abbiamo bisogno di nulla, perché abbiamo tutto quello che ci serve. E stiamo bene. Caro amico che mi stai ascoltando, Epicuro avrebbe potuto dire: siamo qui, non abbiamo fame e non abbiamo sete, parliamo di cose interessanti e ci divertiamo – perché non ammettere che stiamo bene? In fondo, si tratta di riconoscere che uno stato di benessere è la nostra condizione naturale. Ecco perché la felicità è molto più facile da raggiungere di quanto non si creda. Insomma, la teoria del piacere di Epicuro non è certo quella scuola di corruzione che molti hanno descritto.
Il vero piacere non è il soddisfacimento di un bisogno, ma il liberarsene
Il problema però non è soltanto il piacere. Ci sono anche paure e preoccupazioni a infestare le nostre giornate. Epicuro lo sa e ha una risposta anche per questo. Per Epicuro sono tre le paure più tossiche: la paura degli dei (che intervengono per punirci), la paura del dolore e la paura della morte. Ma preoccuparsi di queste paure è inutile. È inutile preoccuparsi degli dei per una ragione molto semplice: perché gli dei non si occupano di noi, e dunque non abbiamo nulla da temere. Si noti: Epicuro è stato spesso accusato di essere ateo, ma la sua posizione è molto più sottile. Epicuro non ha nessun problema a riconoscere l’esistenza degli dei. La ragione va ricercata nella sua teoria della conoscenza. Lo abbiamo detto prima: le sensazioni sono sempre vere ed è un fatto che a tutte le latitudini e in tutti i tempi gli esseri umani sostengono di avere fatto esperienza di apparizioni divine. Benissimo, dice Epicuro, gli dei dunque esistono. Ma – ed è il punto decisivo – non si occupano di noi. Perché se gli dei, che sono onnipotenti e perfetti, si occupassero del nostro mondo, il nostro mondo andrebbe bene. Ma questo chiaramente non è il caso. (Epicuro anticipa il problema della teodicea, della giustizia di Dio, di cui si discuterà animatamente in epoca moderna, dopo l’avvento del cristianesimo). L’unica conclusione ragionevole è allora che gli dei esistono e se ne vivono beati nei loro mondi: sono un modello che dovremmo cercare di seguire, altro che temerli.
La paura e il dolore
Quanto al dolore c’è poco da dire: se è sopportabile, non resta che sopportarlo (e il ricordo dei momenti piacevoli può contribuire a renderlo ancora più sopportabile). Se invece non è sopportabile, vuol dire che ci porterà alla morte. Che però non è un problema: arriviamo così all’ultimo e decisivo punto. La morte, dice Epicuro, non è niente per noi, perché o ci siamo noi o c’è lei: non è qualcosa che ci riguarda. Il ragionamento è chiaro e dipende di nuovo dalla tesi materialista: noi siamo il nostro corpo; la morte è banalmente la disgregazione degli elementi che ci costituiscono (gli atomi). Non c’entra nulla con noi, quindi, perché la morte c’è quando io non ci sono. E perché dovremmo preoccuparcene, allora?
Vero. Si potrebbe però obiettare che il problema più serio è un altro: in fondo non temiamo il nulla della morte, ma la perdita della vita, l’idea che la vita sia interrotta prima del tempo. Epicuro ha una risposta anche per questo. Non ha senso temere la fine della vita, perché la felicità non aumenta con il tempo. Quando stiamo bene, abbiamo raggiunto la felicità e questa condizione piacevole non aumenta se la si prolunga nel tempo. Se c’è, c’è; non è una merce da accumulare; un giorno o un anno in più non fa differenza. Per chi è felice, il tempo non conta. Una parete non diventa più bianca perché sarà bianca anche domani. Una vita serena non diventa più serena, se la si è vissuta qualche giorno in più. Sempre proiettati nel futuro, ce ne facciamo schiavi, incapaci di vedere quello che abbiamo davanti. Non è meglio imparare con Epicuro a godere dell’attimo presente, consapevoli di quanto sia meravigliosa l’esistenza, questa nostra esistenza nata dal puro caso e però insostituibile nella sua unicità? Non sappiamo da dove veniamo e dove stiamo andando; magari siamo qui per caso, senza motivo: potevamo non esserci. Però ci siamo. E intorno a noi non mancano i modi per godersi la vita, noi e i nostri cari. Carpe diem, cogli l’attimo, impara a godere del presente, come diceva il poeta latino Orazio.
Insomma, è tutto più semplice di quanto crediamo; basta avere il coraggio di ammetterlo e scopriremo che una vita felice è alla nostra portata. È davvero così difficile essere felici? La filosofia di Epicuro è tutta in questa domanda, e non è detto che la sua risposta sia da disprezzare.
12 giugno 2025 ( modifica il 13 giugno 2025 | 13:20)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento