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martedì 24 settembre 2019

C'è una ragione se la sinistra non ha mai vinto in Italia

Paolo Franchi è uno dei decani del giornalismo politico, essendo stato redattore di “Rinascita”, di “Paese Sera”, di “Panorama” e del “Corriere della Sera”, di cui tuttora è uno dei principali editorialisti. Ma Franchi è anche stato a lungo un dirigente dei giovani comunisti e un amico personale di molti fra i più autorevoli dirigenti del Pci. Perciò sono così ricche di notizie e di suggestioni le 400 pagine del suo libro “Il tramonto dell’avvenire. Breve ma veridica storia della sinistra italiana”, edito in questi giorni da Marsilio.
Franchi racconta con dovizia di particolari la tragedia della sinistra italiana, gli scontri continui fra comunisti e socialisti, il dramma di “Mani pulite”, i tentativi di dar vita a una nuova realtà politica con le Querce e gli Olivi e poi i continui cambiamenti di nome dell’ex Pci, senza un parallelo cambiamento di contenuti e di risultati.
Franchi si concede anche i pochi possibili riferimenti divertenti, fra cui quello al mitico “Ferrini” che impersonava il militante romagnolo (“non capisco ma mi adeguo”), “metà veterocomunista e metà protoleghista”. O quello all’indimenticabile imitazione di Rutelli in cui si esibiva Corrado Guzzanti nell’“Ottavo nano” di Serena Dandini.
L’amarezza di Franchi nasce dal fatto che il periodo di cui si occupa il suo libro (prevalentemente, dagli anni Settanta ad oggi) vide, alle elezioni politiche del 1976, il Pci che sfiorò il sorpasso della Dc (e la superò ampiamente sommando i voti di un Psi in crescita).
Lo sperpero di questa forza politica è dovuto – è un mio parere ma direi che in questo anche Franchi è duro nel giudizio sul Pci - all’antisocialismo quasi maniacale dei comunisti italiani, che si acuisce negli anni del grande successo di Craxi (il referendum sulla scala mobile e Sigonella, per ricordare solo gli eventi più clamorosi) e non è in grado di offrire una visione da sinistra moderna come quella sintetizzata da Claudio Martelli nella sua relazione al congresso socialista di Rimini: un evento cui anch’io, da militante socialista, ebbi la fortuna di partecipare. La pagina più alta, almeno sulla carta, del riformismo italiano.
Franchi dedica un ampio capitolo alla vicenda di “Mani pulite”, ricordando criticamente “il metodo Di Pietro” (arresto, confessione, rilascio; con qualche suicidio di troppo). Pur senza negare le responsabilità dei socialisti, egli prende una posizione netta e amara: “Ci fu qualcosa di infame – scrive – nel trattamento che l’informazione, un bel pezzo del mondo imprenditoriale e finanziario, ma prima ancora le forze politiche italiane (soprattutto il Pds) riservarono a Craxi”, paragonandolo ad Al Capone, facendo del “cinghialone” il capro espiatorio di tutto, “sperando di salvare la ghirba” (e spesso riuscendovi).
La sola osservazione che mi permetto di fare su questo punto è che andrebbe sempre ricordato il fatto che un dirigente delle Partecipazioni Statali – dopo essere stato arrestato tre volte da Di Pietro in tre diverse città – si decise a parlare e a raccontare come vi fosse “un tavolo” in cui periodicamente si riunivano le grandi imprese e i partiti per decidere quanti soldi dare a ciascun partito (nel caso del Pci – in questo più furbo degli altri – non direttamente ma tramite le Cooperative).
Del resto (ma questa è una mia considerazione) non c’è da stupirsi se Craxi, con le sue scelte di rottura, non trovò difensori da nessuna parte: certo non nel Pci (che lo avvertiva come un pericolo) né nel sindacato (sconfitto se non umiliato sulla scala mobile) né nello storico protettore dell’Italia, gli Stati Uniti, incapaci di dimenticare il grande gesto di Sigonella.
E Franchi ricorda un’intervista del 2018 a Huffington Post in cui Sergio Staino dice: “Mi vergogno della gioia che provai quando lanciarono le monetine contro Craxi. Fu il primo atto di antipolitica della storia repubblicana, l’avvento di quello che i Cinque Stelle e la Lega hanno portato a compimento con il loro governo”: “un giudizio lucido, commenta Franchi, una autocritica sincera. Ma purtroppo assai tardivi”.
Anche per questo ho apprezzato in particolare il riconoscimento di Franchi alla lealtà di Del Turco, vice segretario generale della Cgil, che resistette alle pressioni dell’entourage craxiano perché rompesse l’unità di comunisti e socialisti nella Cgil di Luciano Lama.
Nel libro di Franchi ci sono notizie esaurienti su tutta la storia dei comunisti italiani, fino alla scelta di Prodi e alle più recenti – e non certo edificanti – peripezie del Pd. E ci sono vicende di grande interesse, come quella dei “miglioristi” (Napolitano, Lama, Macaluso e altri) che “lungi dal puntare a una qualche fuoriuscita dal capitalismo, si ripromettevano, appunto, soltanto di migliorare nei limiti del possibile la società così com’era, senza metterne in discussione i fondamenti di classe”.
In sintesi, una scelta di socialdemocrazia europea che purtroppo non è mai divenuta la linea vincente fra i comunisti italiani. Dunque – potrei concludere da vecchio militante socialista – la scelta giusta era quella del Psi, e non quella del Pci. Ma non posso non ricordare a me stesso il tragico errore dei socialisti – primo partito alle elezioni politiche del 1946 – che scelsero di suicidarsi solo due anni dopo con la confluenza nel Fronte Popolare.
Purtroppo, c’è una ragione per cui la sinistra non ha mai vinto in Italia. E Franchi ricorda che il Pci e il Psi condividevano la convinzione che l’Italia fosse un Paese di destra, o nel migliore dei casi di centrodestra, come hanno dimostrato prima il predominio della Dc, poi le vittorie di Berlusconi, infine la sconcertante passione di tanti italiani per il Truce Matteo Salvini.
E tuttavia Franchi conclude il suo libro negando che si possa fare a meno della sinistra: “Ma – aggiunge - una sinistra che non riparta dal lavoro, tradizionale e nuovo, e dai diritti sociali non ha ragione di essere”. 
MARSILIO EDITORE

lunedì 23 settembre 2019

Tasse, perché Di Maio ha ragione (e il ministro M5S torto). Lezione di Pennisi

Tasse, perché Di Maio ha ragione (e il ministro M5S torto). Lezione di Pennisi
Lorenzo Fioramonti, nuovo ministro dell'Istruzione, ha proposto micro tasse di scopo per finanziare il comparto scolastico, dalla regolarizzazione dei precari, alla gratuità degli asili nido. Ma ecco perché, secondo il prof. Pennisi, questo tipo di provvedimento è una pessima idea
Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, politologo la cui carriera si è svolta quasi interamente nella Repubblica di Sud Africa, ha proposto micro tasse di scopo per finanziare il comparto, essenzialmente la regolarizzazione dei precari, un aumento degli stipendi degli insegnanti, gratuità degli asili-nido, manutenzione straordinaria degli edifici scolastici. “Servono delle micro tasse di scopo: una tassa sulle merendine, una sulle bevande zuccherate, un’altra sui biglietti aerei”. Tutti obiettivi nobili, anche se mi sarei aspettato l’annuncio della preparazione di un programma di riforme di vasto respiro per modernizzare il nostro sistema di istruzione e renderlo competitivo con quelli dei maggiori e migliori Paesi Ocse piuttosto che micro tasse per finanziare spese di parte corrente. Tanto più che Fioramonti ha fatto parte sia del “governo del cambiamento” sia dell’attuale “governo della svolta”. Il presidente del Consiglio, Conte ha soggiunto che gli pare una buona idea.
Probabilmente Fioramonti non ha studiato i principi di base di scienza delle finanze e di diritto tributario. Ed il presidente Conte li ha studiati tanto tempo fa da averli dimenticati. In aggiunta, Fioramonti che vive da anni in Sud Africa ha forse fatto confusione perché in lingua inglese si utilizza la parola tax per indicare sia tasse sia imposte.
I termini tasse ed imposte spesso vengono usati in modo improprio nel linguaggio quotidiano, parlando in maniera errata di due diversi tributi che versiamo all’erario, quindi allo Stato. Per “tassa” intendiamo un tributo o una somma di denaro dovuta dai cittadini allo Stato in cambio di una prestazione. Tra le tasse più frequenti, troviamo quelle scolastiche, la tassa di concessione governativa, la tassa per l’occupazione di suolo pubblico. In questi casi, per ottenere un determinato servizio, si è obbligati a versare una certa somma in denaro.
Con il termine “imposta” si indica, invece, un tipo di tributo, ovvero una delle voci di entrata del bilancio di Stato, caratterizzato da un prelievo coattivo di reddito o di ricchezza dal cittadino contribuente. Tale tributo non risulta connesso ad una specifica prestazione da parte dello Stato o degli enti pubblici, per servizi resi al cittadino. Il soggetto subisce i tributi passivamente in virtù non di un servizio pubblico, ma di una situazione reddituale e patrimoniale personale. Sono importi che il contribuente corrisponde secondo la sua capacità contributiva e che servono per la collettività. Tra le imposte a carico del cittadino, per esempio, annoveriamo l’Irpef che è un’imposta che il cittadino è obbligato a pagare solo perché e nella misura in cui percepisce un reddito e l’Iuc (imposta unica comunale), che si deve pagare in quanto titolari di un diritto reale su un immobile. Le imposte vengono inoltre classificate in: dirette ed indirette, sul reddito, sul patrimonio, proporzionali, progressive, regressive, reali o personali.
Un’imposta di scopo è un tributo esplicitamente finalizzato e collegato al perseguimento di specifici obiettivi di volta in volta individuati dal soggetto che la istituisce, nell’ambito di alcune finalità esplicitate dal legislatore. Un tributo di scopo è quindi una prestazione patrimoniale (art. 53 Costituzione) richiesta al contribuente che si caratterizza per il peculiare rilievo che assume la destinazione dei proventi riscossi, in deroga al principio di unità del bilancio.
Il principio di unità del bilancio pubblico prevede che è il complesso unitario delle entrate che finanzia l’amministrazione pubblica e che quindi sostiene la totalità delle sue spese durante la gestione. In virtù di tale principio, c’è un generale divieto a creare dei collegamenti tra il gettito di un tributo specifico ed una specifica spesa. Questo principio generale, a volte disapplicato in Italia (come si vedrà), è molto saldo nel diritto tributario, e nella scienza delle finanze, anglosassoni che Fioramonti dovrebbe conoscere in quanto ha vissuto in Sud Africa per oltre tre lustri e vi ha fatto la propria carriera accademica.
Un tributo di scopo è un’eccezione a tale principio generale. Per tale motivo tale deroga deve essere precisamente prevista dal legislatore e non deve essere meramente desumibile dal contesto in cui sorge il nuovo tributo oppure un aumento del valore del tributo. Tra le principali imposte di scopo applicate in Italia si ricordano quella per la guerra di Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963, per l’alluvione di Firenze del 1966, per il terremoto del Belice del 1968, per il terremoto del Friuli del 1976, per il terremoto dell’Irpinia del 1980, per la missione in Libano del 1983, per la missione in Bosnia del 1996, per il rinnovo del contratto degli autoferrotranviari del 2004, per il finanziamento alla cultura del 2011, per l’emergenza immigrazione conseguente alla crisi libica del 2011. Tutti eventi eccezionali e non prevedibili (tranne la guerra d’Abissinia del 1935 ed il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004). In occasione di tali eventi si sono registrate, in particolare, modifiche alle accise dei carburanti.
Esistono anche imposte di scopo comunali, un tributo comunale il cui gettito è destinato a finanziare opere pubbliche, eventi ad alto interesse turistico, mobilità urbana, asili, ecc. È stata introdotta dal governo Prodi nel 2006 per conferire ai comuni la possibilità di finanziare il 30% del costo per la realizzazione di opere pubbliche. La normativa prevede un rimborso ai cittadini del comune nel caso in cui i lavori per la realizzazione dell’opera non siano iniziati entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo. Tra il 2007 ed i 2012 è stata applicata da 19 comuni. Nel 2011 sono state apportate alcune modifiche tecniche. Resta, comunque, l’assunto che può essere utilizzata per spese in conto capitale non di parte corrente.
In breve, le micro tasse di scopo sono una pessima idea che contrasta i principi di base della scienza delle finanze e del diritto tributario, specialmente se finalizzate al finanziamento di spese di parte corrente.

9 motivi per cui ti vengono i lividi facilmente


Quando ti guardi allo specchio noti lividi che non ricordavi e stai iniziando a chiederti perché ti vengono così facilmente? È una buona domanda. Ecco le risposte, con la consulenza del dottor Pier Mannuccio Mannucci, ematologo – Policlinico di Milano


Differenze tra lividi ed ematomi

Con il termine ematoma si intende la raccolta di sangue al di fuori di un vaso sanguigno. Esistono diversi tipi di ematoma a seconda dell’area interessata, i più frequenti si distinguono in cutanei (ecchimosi-lividi), sottocutanei e muscolari. Nell’ecchimosi o livido la raccolta di sangue si verifica a livello cutaneo superficiale. Il livido all’inizio ha un colore violaceo che poi diventa verdognolo e infine giallastro. L’ecchimosi può essere leggermente dolente e al tatto è di consistenza morbida. Invece l’ematoma è una raccolta del sangue a livello sottocutaneo o muscolare. Al tatto sembra di palpare una noce. Comporta un aumento di consistenza del muscolo stesso, e, nei casi più gravi, difficoltà di movimento. In genere causa un dolore importante, calore al tatto e gonfiore.
Un ematoma (illustrazione Mirko Tangherlini)Un ematoma (illustrazione Mirko Tangherlini)

Stai invecchiando

I corpi degli anziani non si riprendono come quelli dei giovani, quindi anche una presa sul braccio può lasciare un livido. La nostra pelle e i vasi sanguigni diventano più fragili; perdiamo collagene, elastina e parte del grasso sottocutaneo che ammortizza e protegge i capillari. Per gli ematomi si può provare con il sistema ghiaccio-compressione-elevazione.
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La pelle è danneggiata dal sole

Molti anni di esposizione al sole possono indebolire le pareti dei vasi sanguigni, contribuendo a un tipo di lividi negli adulti più anziani che si chiamano “porpora senile” e sono macchie sbiadite di solito posizionate sul dorso delle mani e degli avambracci senza che ci sia stato bisogno di urti o ferite. L’invecchiamento e l’uso di alcuni farmaci possono causare questi segni. Per ridurre l’impatto di queste macchie possono essere utili creme topiche contenenti retinolo o alfa-idrossiacido, oltre ovviamente a proteggersi dal sole con un filtro adeguato.

Stai prendendo anticoagulanti o antidolorifici

L’uso di anticoagulanti o farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) come l’aspirina e l’ibuprofene può portare facilmente a lividi, soprattutto nelle persone più anziane. I FANS e i fluidificanti del sangue bloccano la normale funzione delle piastrine, una componente del sangue che si lega ad altri fattori di coagulazione per fermare il sanguinamento. Una pillola di tanto in tanto probabilmente non causerà il problema lividi, ma l’uso a lungo termine potrebbe.
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Prendi steroidi

Hai asma, eczema o artrite reumatoide? I lividi possono essere un segno che stai prendendo corticosteroidi, un trattamento comune per queste e altre malattie. L’ecchimosi è un effetto collaterale comune. L’uso a lungo termine, specialmente a dosi più potenti, può causare un assottigliamento della pelle.
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Il numero delle piastrine nel sangue è basso

Se i lividi sembrano apparire senza motivo, potrebbe segnalare che hai un disturbo piastrinico. Le piastrine sono cruciali perché aiutano a formare coaguli per rallentare o arrestare il sanguinamento. È raro, ma le donne in gravidanza possono sviluppare trombocitopenia, una condizione piastrinica bassa e uno dei primi segni può essere un livido.
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Problemi al fegato

Se il fegato è malato o danneggiato, ci possono essere meno piastrine circolanti nel sangue per la normale coagulazione e questo può provocare i lividi. Molti fattori possono causare danni al fegato, dall’infezione da epatite C alle malattie del fegato legate all'alcol.

Hai una malattia emorragica

I lividi di per sé non sono un problema. Ma quando sono accompagnati da altri sintomi, come epistassi, mestruazioni abbondanti o sanguinamento eccessivo dopo un intervento chirurgico, si potrebbe sospettare qualcosa di più serio. Dipende dalla frequenza con cui si verificano e dalla gravità. Ci sono alcune malattie rare che comprendono disturbi emorragici e richiedono un trattamento specializzato, a partire da una valutazione approfondita da parte di un ematologo.
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Un tumore del sangue

I lividi potrebbero essere anche un segno di un tumore del sangue come la leucemia o il linfoma se ci sono altri segni di malattia. Questi tumori causano sintomi molto diversi, tra cui affaticamento, linfonodi ingrossati e dolore alle ossa o alle articolazioni. I lividi da soli non devono preoccupare.

 (Getty Images)e all’alcol.

Hai una malattia emorragica

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Hai una malattia emorragica

I lividi di per sé non sono un problema. Ma quando sono accompagnati da altri sintomi, come epistassi, mestruazioni abbondanti o sanguinamento eccessivo dopo un intervento chirurgico, si potrebbe sospettare qualcosa di più serio. Dipende dalla frequenza con cui si verificano e dalla gravità. Ci sono alcune malattie rare che comprendono disturbi emorragici e richiedono un trattamento specializzato, a partire da una valutazione approfondita da parte di un ematologo.
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