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le affermazioni di Fabio
Gasparrini,
giornalista, anche se scrive su l'UNITA':
Ho
riflettuto, e ho deciso che ci sono almeno 12 motivi per cui voterò
sì al referendum. Ho provato a elencarli.
1.
Perché
non ne posso più di un Paese che sa dire solo no. Siamo un popolo
conservatore fino allo spasimo, che a parole chiede riforme ma che al
dunque trova sempre modo di affossarle, perché in fondo è complice
dello status quo. Dire no è sempre più facile, spesso anche più
fico; abbiamo paura di sembrare ingenui o peggio entusiasti. Meglio
tenerci il nostro cinismo e il nostro scetticismo, contro tutto e
tutti. Così imparano, tié.
2.
Perché
chi vota no, nella maggioranza dei casi, non sta votando contro una
riforma costituzionale, ma contro Renzi. Privando così il Paese di
un tentativo di riforma, pur di danneggiare politicamente il Governo.
E ricordando così quel tale che se lo taglia per fare dispetto alla
moglie.
3.
Perché
questa riforma non è (ovviamente) perfetta, ma è comunque qualcosa.
Oltre alla trasformazione del Senato introduce anche nuovi meccanismi
volti a snellire i lavori parlamentari. Si poteva fare meglio?
Sicuramente. Ma da qualche parte si deve pur cominciare. Il meglio è
nemico del bene, e l’alternativa è tenerci un sistema che già
sappiamo non funzionare. I contrari, in caso di vittoria dei no,
promettono riforme alternative, che sappiamo benissimo non si faranno
mai.
4.
Perché
chi critica i compromessi che la riforma ha dovuto accogliere,
dimentica che questi sono dovuti all’inevitabile e faticosa ricerca
di un consenso parlamentare che andasse oltre la maggioranza. Com’era
giusto che fosse, trattandosi di riforma costituzionale. La politica
– si dovrebbe ricordare – è l’arte del possibile, e il
compromesso ne fa parte integrante. Il paradosso è che coloro che
hanno obbligato al compromesso adesso sono contro la riforma. Troppi
compromessi, dicono.
5.
Perché
si fa intenzionalmente melina, confondendo la riforma costituzionale
con la legge elettorale. Quest’ultima è stata già approvata ed è
legge dello Stato, e non è oggetto di Referendum. Non è perfetta (a
me non piacciono per esempio i capolista bloccati) ma è comunque
mille volte meglio del Porcellum. È vero che rientra in un più
ampio ragionamento sul l’equilibrio dei poteri, ma il rimetterla in
discussione – e rendere le due cose indissolubili – mi sembra il
classico modo per affossare tutto.
6.
Perché
l’obiezione che la riforma “sottrae rappresentatività al popolo”
è stupida. Tanto varrebbe allora introdurre una terza camera, se
abbiamo tutta quest’ansia di rappresentatività. Si fa finta di non
sapere che esistono poteri eletti indirettamente, come sono ad
esempio il Presidente della Repubblica e anche il Primo Ministro,
eletti da rappresentanti eletti dal popolo. E come sarebbero (in
parte) i nuovi Senatori. Si chiama democrazia indiretta, o
rappresentativa. E non è niente di scandaloso.
7.
Perché
il bicameralismo perfetto si è rivelato largamente imperfetto. È
stato concepito nel dopoguerra, dopo vent’anni di dittatura, come
parte di un sistema che si cautelava dalla concentrazione dei poteri
con una serie di contrappesi. Ma che al dunque si è rivelato lento e
inefficiente, con leggi che veleggiavano per mesi fra una Camera e
l’altra prima di arenarsi in un limbo dove restavano talvolta per
anni. Proviamo a cambiare: la maggioranza parlamentare lavori, e
legiferi. Se sbaglierà, sarà giudicata alle elezioni successive, e
sostituita da un’altra maggioranza. E’ semplicemente democrazia.
Chi parla di “golpe” e di “deriva autoritaria” non sa di cosa
parla.
8.
Perché
è vero che la preoccupazione della stampa e dei mercati
internazionali per l’instabilità politica (connessa a un eventuale
no) non dovrebbe preoccuparci. Padroni in casa nostra, direbbe
qualcuno. Ma oggi è tutto talmente interconnesso che lo stesso
slogan usato in UK per la Brexit ha provocato quello che si sta
rivelando un potenziale disastro, tanto che la maggioranza degli
inglesi oggi voterebbe diversamente. Noi entreremmo in una fase di
instabilità che il resto del mondo non capirebbe, con conseguenze
imprevedibili. Facciamo tesoro, se non delle nostre esperienze, di
quelle altrui.
9.
Perché
coloro che guidano oggi il no sono spesso in malafede, avendo (quasi
tutti) votato sì a tutti i passaggi parlamentari. Solo adesso, per
opportunità politica, ritiene di poter cavalcare il dissenso
portando a casa qualche vantaggio. E dando vita a un fronte
dell’opportunismo che va da Fassina a Brunetta, passando per
Salvini e la Camusso, D’Alema e Bersani e Marino. Guarda caso,
tutti sconfitti rancorosi. Senza dimenticare i Grillini,
professionisti consumati del no.
10.
Perché
siamo un popolo dalla memoria corta. Ci siamo dimenticati che sono
trent’anni che parliamo di riformare questo bicameralismo perfetto,
con autorevoli interventi di autorevoli giuristi. E almeno quindici
che vomitiamo ogni volta che parliamo del Porcellum. Tutti
indistintamente, di ogni schieramento politico, hanno chiesto di
cambiarlo. Ma erano evidentemente solo parole. Words are cheap,
dicono gli americani che di soldi se ne intendono.
11.
Perché
siamo un popolo dalla memoria cortissima. Ci siamo già dimenticati
che solo 2 (due!) anni fa un Parlamento bloccato dai suoi veti
incrociati ha scongiurato Napolitano di accettare un secondo mandato,
e che questi ha accettato solo in cambio di un preciso impegno a fare
le riforme tante volte promesse, e mai realizzate. Tutti hanno
applaudito e promesso. E infatti, eccoci qua.
- Perché la costituzione non è la Bibbia, e i padri costituenti avevano infatti previsto si potesse modificare, con le opportune garanzie (fra cui questo referendum). Le lamentazioni “la Costituzione non si tocca” in questo caso sono frasi vuote, ed espressioni di un populismo fuori luogo.
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