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sabato 14 marzo 2015

Antimafia, intervista a don Marcello Cozzi: "L'etichetta non basta"

La vicenda Helg ma non solo: il mondo dell'antimafia è in subbuglio. Come si può riuscire a mantenere fiducia nelle istituzioni e scegliere la strada della legalità? Risponde a questo e altrodon Marcello Cozzi, il vicepresidente di Libera, in un'intervista ad Affaritaliani.it

Di Lorenzo Lamperti
La vicenda Helg ma non solo: il mondo dell'antimafia è in subbuglio. Il rischio di restare disorientati di fronte alla caduta di paladini dell'antiracket è forte. Ma come si può riuscire a mantenere fiducia nelle istituzioni e decidere di scegliere, nonostante la crisi economica, la strada della legalità? Risponde a questo e altro don Marcello Cozzi, il vicepresidente di Libera, in un'intervista ad Affaritaliani.it.
DON MARCELLO COZZI è il vicepresidente di Libera. Proprio in questi giorni è uscito il suo libro "Poteri invisibili. Viaggio in Basilicata tra affari, mafie, omicidi e verità sepolte" edito da Melampo con prefazione di Carlo Lucarelli.
Il caso Helg ma anche altre inchieste aperte: che cosa succede nel mondo dell'antimafia?
Il cosiddetto mondo dell'antimafia non è un mondo asettico o distaccato. E' un mondo fatto di persone di qualunque ambito che hanno scelto, almeno a parole, di schierarsi contro le logiche mafiose. Il problema è che spesso ci sono persone che questa scelta netta contro l'illegalità non l'hanno mai fatta. In tempi in cui magari il tema dell'antimafia è più in vista c'è qualcuno che ha pensato bene di aderire a questo mondo pensando di ottenere in cambio un patentino di ingresso in diversi ambiti.
E' corretto utilizzare la definizione "mondo dell'antimafia"?
No, credo bisognerebbe utilizzare la definizione di "mondo della responsabilità" o "della cittadinanza impegnata". Il problema comunque non è tanto quale nome usare bensì l'impegno che ci si mette. L'impegno non può essere portato avanti solo a parole. Gli slogan non servono. La scelta di porsi contro l'illegalità deve essere una scelta personale e profonda. E' una questione di etica personale prima di un vestito da indossare.
C'è qualcuno che utilizza l'etichetta dell'antimafia per fare i propri interessi?
I fatti dimostrano questo. Ma non c'è solo chi usa l'etichetta per fare i propri interessi in maniera plateale. C'è anche chi, pur appartenendo a questo mondo a parole, nel privato opera una serie di scelte non per forza criminale ma che vanno in direzione opposta all'etica della legalità. Sicuramente serve una riflessione profonda.

Ma fatti come quelli recenti hanno conseguenze sui cittadini e sulla loro fiducia?
Sicuramente. I cittadini hanno capito che non c'è nessuna zona franca rispetto all'aggressione mafiosa e alla cultura del malaffare sempre più dilagante. Oggi i cittadini sono molto meno disincantati rispetto a una volta. In un momento come questo non possiamo permetterci vicende del genere. C'è un disorientamento spaventoso dovuto a una crisi di rappresentanza nella politica, nel mondo sindacale e anche in quello ecclesiale. Oggi c'è bisogno di punti di riferimento.
Il governo Renzi sta facendo abbastanza in materia di lotta alla criminalità organizzata?
Questo governo, così come i precedenti, dovrebbe fare di più. Va migliorata la legislazione sulla corruzione, sull'antiusura e l'antiracket. C'è sempre da fare molto di più anche perché tra le persone c'è il sospetto che si arrivi sempre fino a un certo punto ma non si faccia mai il decisivo passo in avanti. D'altra parte ci sarà pure un motivo se in Italia è da un secolo e mezzo che si parla di mafie di qualsiasi tipo e se questo è il Paese dei misteri, delle stragi non risolte...
Libera lavora anche in mezzo alle strade tutti i giorni. Quanto è difficile convincere le persone che conviene di più intraprendere la strada della legalità rispetto a quella dell'illegalità, soprattutto in un momento di così acuta crisi economica?
E' molto difficile. L'altro giorno ero in Calabria a parlare con un imprenditore che vuole denunciare però ha paura. Ha paura non solo della mafie e del clan che gli estorce soldi ma anche delle istituzioni dalle quali teme di poter essere abbandonato. Noi invitiamo di continuo a denunciare e a fidarsi delle persone. Aiutiamo a distinguere tra le istituzioni in senso astratto e dei rappresentanti di istituzioni di nostra fiducia ai quali diamo un nome e un cognome. Ma è un lavoro lungo e difficile.
A proposito di uomini lasciati soli dalle istituzioni. Crede verso uomini delle istituzioni come Di Matteo, e anche tanti altri magistrati e uomini delle forze dell'ordine, ci sia stata poca vicinanza da parte della politica e dello Stato?
Se ci si riferisce ad attestati di solidarietà quelli non mancano mai. Ma la vicinanza si deve tramutare in scelte politiche precise, non solo in lettere di tre righe fini a se stesse. La vicinanza deve essere dimostrata con scelte concrete. Per esempio mi sembrerebbe normale che a un magistrato a rischio venga rafforzata la tutela e la scorta.
Quanto è forte oggi la criminalità organizzata?
Sono forti, non so se si sono mai indeboliti nel corso del tempo. Le mafie si stanno avvalendo sempre di più di una dimensione culturale che si sta ampliando sempre di più. La mafia non è più solo quella con le mani sporche di sangue ma da 30 anni a questa parte si è tramutata in un sistema più avanzato, favorita dalla normalizzazione dell'illegalità. Senza parlare della crisi economica con cui loro vanno a nozze. Nessuno può pensare ci siano territori vergini all'aggressione mafiosa. La crisi economica ha ucciso gli anticorpi e il sistema immunitario dell'Italia si è indebolito. Tanta gente è portata a fare scelte che in precedenza non avrebbero mai fatto e a chiedere soldi a persone a cui non si sarebbero mai rivolte.
Il procuratore nazionale Roberti ha recentemente detto che sull'espansione della mafia la Chiesa ha molte responsabilità. Lei è d'accordo? Quali sono le responsabilità della Chiesa?
Roberti lo conosco bene, è una persona seria e un bravissimo professionista. Quando parla di silenzio da parte della Chiesa istintivamente la reazione è di dire che forse ha esagerato. E' vero che l'atteggiamento da parte di alcuni uomini della Chiesa in determinati territori è stata sbagliata. E' vero, ci sono preti conniventi o collusi, altri silenziosi. Ma ci sono anche tanti preti che il silenzio non lo accettano e non lo hanno accettato. Vorrei ricordare le parole forti degli ultimi papi, da Wojtyla a Ratzinger fino a Bergoglio. Si ricordano sempre i classici Don Puglisi e Don Peppe Diana ma non si possono dimenticare i tanti altri uomini di Chiesa che hanno perso la vita per opporsi alle mafie così come tutti quei preti che in tanti paesini degradati portano avanti in silenzio una vera e propria battaglia quotidiana.
@LorenzoLamperti

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