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lunedì 7 ottobre 2013

Veronesi “Il caso Lizzani? La vita è un diritto non un dovere”

SOCIETÀ
INTERVISTA a "LA STAMPA"


Umberto Veronesi conduce da anni una battaglia a favore
dell’eutanasia

 

L’oncologo: poter morire con dignità è una conquista ancora da fare.
Ci vuole una legge”
Umberto Veronesi non ci sta. Ex ministro della Sanità, oncologo, autore di testi sul diritto all’eutanasia, chiede che si torni a parlare della fine della vita perché morti come quella del regista Carlo Lizzani sono anche «una forte forma di denuncia e di protesta».  

Lo ha sostenuto anche il figlio: se in Italia fosse stato possibile, il padre avrebbe chiesto l’eutanasia.  
«Purtroppo, invece, in Italia, e anche in molte parti d’Europa, il diritto di morire con dignità è una conquista ancora da fare,. Non è possibile immaginare Mario Monicelli che si alza dal letto di un ospedale, che apre la finestra e si butta giù o i tanti che lo fanno senza avere titoli di giornale. Ci sono mille modi di interrompere la propria vita più serenamente. E’ necessario avviare un dibattito serio».  

Un terzo dei suicidi è a carico di chi ha più di 65 anni e metà degli anziani soffre di depressione.  
«E’ un problema vero ma non parlerei di depressione, piuttosto di demotivazione alla vita. Sono persone che pensano: sono anziano, non sto bene, sono di peso alla società e alla famiglia, perché devo vivere? È stata presentata una richiesta di legge di iniziativa popolare. Sono state raccolte le firme e presentate. Se si dovesse avviare l’iter di legge si parlerà finalmente di questo complesso tema, e poi tutto è possibile, anche che la legge possa essere approvata. Non dimentichiamo quello che accadde negli anni Settanta con l’interruzione di gravidanza». 

Sia in quel caso che ora si tratta di un problema molto sentito dagli italiani. In tanti hanno un parente anziano che non ce la fa più e minaccia di farla finita.  
«Abbiamo 3mila suicidi in Italia, tutti purtroppo tragici. La maggior parte si impiccano o si buttano giù dalla finestra. Sono un po’ di meno quelli che si asfissiano con il gas perché è un’operazione lunga, complessa. Ancora di meno quelli che usano i barbiturici perché spesso non funzionano. Rari quelli che si ammazzano con un colpo di pistola perché le armi non si trovano facilmente. È un insieme di vicende tragiche su cui dovremmo ricominciare a riflettere. Se si è stanchi di vivere si ha anche il diritto di andarsene, la vita è un diritto ma non un dovere. Nessuno può toglierti la vita, ma decidere di troncarla da soli è un diritto».  

I cattolici sostengono che la vita sia un dono e di conseguenza non si è liberi - né prima della nascita né dopo - di interromperla.  
«È verissimo ma esiste anche l’autodeterminazione. Ed in Italia esistono dieci milioni di atei e agnostici e milioni di persone che professano religioni diverse. Quindi chi è fedele agli insegnamenti della Chiesa li segua ma non può pretendere di invadere la legge civile. Chi non è credente ha il diritto di non ascoltare i dettami della religione».  

Bisognerebbe provare a vivere sempre e comunque.  
«La decisione spetta solo a noi, non è giusto mettere la nostra vita nelle mani di medici che ci torturano con macchine capaci di far vivere un corpo senza coscienza, senza ricordi, senza pensieri. È una forzatura, bisognerebbe assecondare la natura. Eutanasia è un pessimo termine, preferisco parlare di desistenza dalle cure, di aiutare a morire». 

Qualsiasi sia il termine che cosa direbbe agli italiani che non hanno più voglia di vivere?  
«Di procurarsi una corda o di aprire una finestra: non c’è altra soluzione legittima o accettabile. È assurdo perché uccidersi non è reato, anche il tentato suicidio non è punibile. Allora perché è reato aiutare qualcuno se questa persona ha scritto chiaramente qual è la sua volontà?»  

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