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venerdì 7 giugno 2013

NOSTALGIA CANAGLIA Mughini: Grillini troppo scarsi, ridatemi i puzzoni Sotto la rivoluzione, niente. Anzi sì: gaffe e incompetenza. Tanto da far rimpiangere i vecchi politici

È una settimana campale per il cammino di rinnovamento della la moderna democrazia italiana. La settimana in cui i due capogruppo del M5S al Parlamento, Roberta Lombardi e Vito Crimi, cedono il passo a due dei loro colleghi. Tre mesi ciascuno su quella poltrona e non un’ora di più, è la regola ferrea del Movimento. Lo aveva già detto Lenin che nello Stato comunista sarebbe bastata una cuoca per il governo delle cose politiche. Tutti devono saper fare tutto. Tre mesi ciascuno, il tempo di imparare dov’è l’interruttore della luce elettrica che illumina l’aula e magari la stanzetta dove stanno le toilettes. A giudicare dalle loro facce e da quello che dicevano, i valorosi Lombardi e Crimi non ci devono avere capito niente di più, come del resto sarebbe successo a chiunque di noi si fosse trovato nella loro posizione. Il lascito politico più importante della Lombardi sono i suoi scritti sul web quanto al fatto che si fosse persa i giustificativi delle sue spese. Vale per i due simpatici ragazzi la battuta del protagonista di un film di Woody Allen, il quale confessa di avere usato il sistema di lettura veloce per leggere l’«Anna Karenina» di Lev Tolstoj. Ci ha messo due ore a leggere un tomone di circa 700 pagine. In tutto e per tutto ci ha capito che si svolgeva in Russia. Allo stesso modo, Lombardi e Crimi devono aver capito che Montecitorio è a Roma. «È la politica, bruttezza» avrebbe detto l’Alberto Arbasino che Stenio Solinas cita in questo suo ultimo e delizioso Gli ultimi mohicani, un denso libretto su quel che resta della politica. 
Quel che resta della politica, al tempo in cui impazzano (in tutti gli schieramenti) i dilettanti allo sbaraglio. Il mestiere di capogruppo in Parlamento di un importante partito (o movimento) è un mestiere difficile, che ci metti anni a impararlo e limarlo. Un tempo erano mestieri che venivano affidati a chi avesse un curriculum lungo così. La prima generazione politica del dopoguerra, quella che ebbe vent’anni nei Cinquanta - da Bettino Craxi a Giorgio La Malfa a Achille Occhetto, le tecniche e le arti della politica cominciò a impararle nelle aule universitarie dove si scontravano cattolici, comunisti, radicali. Ciascuno di loro che avesse scelto la politica come mestiere faceva una lunga gavetta in periferia o in provincia. Il giovane Emanuele Macaluso venne mandato a dirigere il Pci siciliano, Craxi venne mandato a dirigere la Federazione del Psi a Sesto San Giovanni, roccaforte dei comunisti. Prima o poi entravano in Parlamento, ne imparavano l’aura e il ritmo. Dopo venti e trent’anni passati così, uno diventava capogruppo al Senato o alla Camera.
Ebbene il Crimi che s’era seduto tutto sussiegoso innanzi a Pier Luigi Bersani nella memorabile diretta «streaming» a confronto della quale una puntata di Scherzi a parte era lo zero assoluto, prima di entrare in Parlamento aveva fatto in tutto e per l’impiegatuccio di provincia allo stipendio di 20mila euro lordi l’anno. Dopo di che s’era messo a cliccare sul Blog di Beppe Grillo. Non so se lui fosse uno dei 4.700 cliccanti che avevano scelto Stefano Rodotà come l’uomo giusto della Repubblica, internauti ingenui che non sapevano che si trattasse di «un ottuagenario» stanco e liso. Adesso Crimi molla. In piedi, ragazzi. E meno male che al suo posto arriverà uno di pari valore. Di più, è umanamente impossibile.
Sarebbero dunque questi i famosi volti nuovi della politica invocati da più parti? Una delle retoriche più pestilenziali del momento, di un momento in cui a pilotare aerei nella tempesta ci vorrebbero piloti sopraffini, alla maniera del Denzel Washington di questo suo recente Flight. Altro che dilettanti allo sbaraglio che ripetano alla maniera di un nastro gli strepiti ripugnanti di Grillo contro questo o quell’altro giornalista. Altro che volti nuovi. Alcuni anni fa, quando ero steso su un letto di ospedale ad aspettare che un chirurgo rovistasse nella mia prostata ad asportare un tumore che aveva fatto la sua antipatica comparsa, non è che mi aspettassi che l’uomo in camice che mi fece una carezza sulla fronte prima di cominciare l’operazione fosse un volto nuovo. Ero felice che si trattasse di un urologo che di tumori alla prostate ne aveva già operati 700. E perché mai quello che vale per la chirurgia non dovrebbe valere per la politica, un’arte del possibile quanto di più complessa? No, io penso che per la politica o la chirurgia o l’arte di pilotare un aereo valgano assolutamente le stesse regole. Curriculum, esperienza, pazienza nell’accettare i propri errori e correggerli, conoscenza (e rispetto) degli interlocutori. Penso che in politica come negli altri campi chi ha esperienza professionale vada salvaguardato e mantenuto. Trovo allucinante che la politica italiana rinunci a Giuliano Amato, a Walter Veltroni, a Massimo D’Alema, e tutto questo talvolta a favore di gente senza arte né parte. Dimenticavo. Siamo nell’Italia del giugno 2013. Fate finta che non abbia detto niente.

di Giampiero Mughini

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